Trama
Scritto nel 1977, il racconto de La miglior vita narra le vicende delle genti istriane nel periodo fra il 1945 e il 1955. Le storie vengono raccontate dal sagrestano Martin Rusich che è al tempo stesso osservatore e protagonista di esse.
Il romanzo, che valse all’autore il Premio Strega nel 1977 e, successivamente, il Premio di Stato austriaco per la Letteratura europea, nel 1979, copre un periodo storico molto lungo del quale più che i grandi avvenimenti della Storia si narrano i fatti minuti della vita contadina. Le descrizioni, molto particolareggiate, rendono in modo vivo il senso di durezza e di sacrificio del lavoro contadino di queste genti.
I personaggi
I protagonisti principali, oltre a Martin Rusich, sono i parroci che si susseguono alla guida della parrocchia di cui Rusich è il sagrestano e che rappresentano il fulcro attorno al quale ruotano le storie. Ogni parroco riesce a dare un’impronta molto decisa al proprio sacerdozio, facendo emergere l’importanza che la parrocchia assumeva in quelle piccole comunità a quel tempo.
Martin Rusich è un laico, ma la sua religiosità è forte, semplice nella sua forza, di stampo quasi naturalistico. Martin trova una compagna che diventerà sua moglie e dalla quale avrà un figlio, Antonio, un ragazzo che si fa notare per la sua bravura e che viene avviato agli studi con grandi sacrifici. Il figlio vorrebbe farsi prete, ma la guerra lo chiama e Antonio si arruola. Morirà in guerra e il dolore dei genitori non potrà mai essere smorzato. Non sapranno più niente di lui, ma intuiscono che la sua è stata una morte da partigiano. Una morte “religiosa” perché votata ad una causa nobile.
I personaggi sono tutti caratterizzati da una grande umanità, tranne forse don Angelo Berton, personaggio che ci preme menzionare perché ha una forza notevole, anche per l’influenza sul protagonista. Egli è il “prete cattivo, una figura che scardina qualsiasi retorica sui religiosi devoti e misericordiosi e che preannuncia il finale sulla morte simbolica della Chiesa.
La citazione degna di nota
Una breve citazione emblematica che sottolinea in pochi tratti il senso della vita contadina in tutta la sua durezza e, traslando, il senso della difficoltà del vivere: Chi possiede una conoscenza integrale della realtà contadina o si lascia vivere, e mai sentirà nulla di sublime, o è costretto a ripulirla di una parte sconveniente e ne avrà continua nostalgia…
Cominciai a conoscere la vera solitudine, quella che associandosi alla vecchiaia restringe l’orizzonte dei pensieri, allenta il pulsare dei sentimenti e impone una propria regola di vita assai ridotta
Le nostre riflessioni
La lettura di questo romanzo è risultata particolarmente difficile, sia per la lingua, sia per le descrizioni, lunghe e caratterizzate da una certa verbosità.
Pur risultando duro, dobbiamo però ammettere che La miglior vita è un romanzo impegnativo ma bellissimo prima di tutto per i temi, indubbiamente interessanti: Tito, il fascismo, la vita contadina, la guerra, una visione pessimistica del mondo e della storia e il concetto della morte come “miglior vita”. L’elenco finale di tutti gli abitanti dei paesini di confine “passati a miglior vita” sottolinea come la grande consolatrice mette fine a qualsiasi affanno.
In generale il libro è risultato ostico, ma qualcuno dei partecipanti che lo aveva letto al momento dell’uscita negli anni ’70 ha saputo apprezzarlo e la discussione durante il circolo è servita a ricredersi sull’impressione negativa avuta durante la lettura. Il dibattito è stato vivace e i lettori e le lettrici hanno saputo cogliere lo spirito del libro, apprezzarne e citarne delle parti, incuriosirsi sui luoghi, sottolineare delle frasi simbolo.
Anche un libro che risulta ostico offre sempre spunti di discussione che confermano il piacere della lettura e della condivisione.