C’era una volta… il latte toscano. Quello sostenuto dalle istituzioni pubbliche, guidate negli anni Cinquanta da sindaci illuminati come Giorgio La Pira, che nel 1954 fece nascere la Centrale del Latte di Firenze, allo scopo di «garantire tutti i giorni a tutti i bambini un bicchiere di latte sano».
Dopo quasi settant’anni il mondo è completamente cambiato, il latte è in mano ai privati, la concorrenza è spietata e c’è il rischio di veder ridotta ai minimi termini una filiera pur importante per il sistema agroalimentare toscano, ma già sofferente: gli allevatori infatti lamentano prezzi all’acquisto troppo bassi rispetto al resto d’Italia, dai 39 a 41 centesimi di euro al litro invece dei 50 e oltre di altre zone a parità di qualità, e paventano la chiusura delle stalle.
L’impegno di Unicoop Firenze
Per venire incontro alle loro esigenze un primo passo è stato mosso da Unicoop Firenze che ha deciso di riconoscere, rispondendo all’invito della Regione Toscana, 3 centesimi in più per ogni litro acquistato per un anno fino al 31 marzo.
Tutto senza gravare sui consumatori, ma questo sforzo potrebbe non bastare. «Abbiamo promosso un tavolo di confronto per valorizzare il prezzo del latte alla stalla. I nostri allevatori producono latte di grande qualità, ma si trovano in difficoltà – spiega l’assessore all’Agricoltura della Regione Toscana, Stefania Saccardi – perché oggi il costo di produzione del latte è superiore al prezzo di vendita. Sono certa che lo stesso impegno di Unicoop Firenze verrà anche da parte di chi il latte lo ritira e lo lavora perché questo consentirebbe di chiudere il cerchio e di garantire agli allevatori, che oltre a produrre un latte
di qualità svolgono un importante lavoro di manutenzione e conservazione del nostro territorio, una remunerazione adeguata a continuare a fornire latte sano per le tavole dei toscani».
Produzione in calo
Di primo impulso non si pensa al latte come prodotto simbolo della Toscana, tradizionalmente vocata alla produzione di vino, olio e grano. In realtà la filiera del latte è storicamente presente in alcune zone e garantisce circa sessanta milioni di litri l’anno. Una quantità non sufficiente a coprire il fabbisogno regionale, ma tale da soddisfare le esigenze di un prodotto
di eccellenza, a filiera corta, proveniente principalmente da territori pedemontani, dove la buona qualità dell’aria e del foraggio favorisce il benessere animale e di conseguenza il livello
qualitativo del latte.
Secondo un rapporto di Ismea dello scorso novembre, mentre, con l’eliminazione delle quote latte vaccino, la produzione in Italia è significativamente aumentata nell’ultimo quinquennio (Lombardia +19%, Emilia Romagna +15%, Veneto + 6,0%, Piemonte +15%), in Toscana è calata, passando da 62.738 tonnellate nel 2015 a 59.806 tonnellate nel 2020.
«Siamo stati costretti a ridurre la produzione – spiega Leonardo Bottai di Agriambiente Mugello – per la scarsa remunerazione del nostro latte e perché non ci stiamo più con i costi. Il prezzo dei mangimi è aumentato, mentre quello del nostro latte no. Il rischio è che accada quanto successo nel settore ovino che per la bassa redditività del latte in passato ha visto la scomparsa del 50% delle mandrie di pecore. La decisione di Unicoop Firenze di venire incontro agli allevatori di bovini è un primo passo che ci auguriamo sia seguito anche dagli altri attori della filiera».
Biologico e amico dell’ambiente
In Toscana, a fine 2021, erano registrati all’anagrafe zootecnica del Ministero della Salute 201 allevamenti di bovini da latte e 5 di bufalini, per 15.823 capi bovini e 831 bufalini. Gli allevamenti di piccole dimensioni (con meno di 20 capi) rappresentano il 30% e quelli medio-piccoli (tra 20 e 100 capi) il 47%, mentre il restante 23% è costituito da strutture medie e medio-grandi da 100 capi e oltre.
Le aree dedicate alla produzione di latte bovino sono principalmente l’alta Maremma e il Mugello. Qui ha sede Agriambiente Mugello, la realtà più grande con 1000 capi, che produce latte biologico. «I nostri allevamenti prevedono come richiesto dal disciplinare stalli all’aperto. Molti sono dislocati vicino al lago di Bilancino – spiega Bottai – in un’area pedemontana, dove svolgiamo un’attività sostenibile ad ampio raggio, per l’ambiente, preservando ad esempio le acque da fonti di inquinamento presidiando i pascoli e, per l’economia del territorio, dando lavoro diretto a 86 persone», che continuano quindi a risiedere in questi luoghi, contribuendo a tenerli vivi.
Non solo latte
«Come Unicoop Firenze abbiamo deciso di fare la nostra parte – spiega Luca Braccesi, direttore acquisti per la cooperativa -, impegnandoci a costituire dei protocolli con i trasformatori di latte affinché gli allevatori ricevano un sostegno alla produzione, proseguendo il percorso di aiuto alle filiere toscane, che abbiamo già attivato ad esempio per il grano. Nei Coop.fi circa il 70% del latte fresco venduto è toscano, segno che soci e clienti sono affezionati e ne riconoscono la qualità e il contributo al rispetto dell’ambiente grazie a una filiera virtuosa che dal produttore al consumatore può non superare i 30 chilometri».
Va nella stessa direzione anche l’impegno della Regione Toscana: «Il nostro territorio esprime un’agricoltura di grande qualità, per il 35% biologica – aggiunge Saccardi -. Dalla farina di grani antichi all’olio che ha proprietà nutraceutiche straordinarie, al latte appunto. Ma stiamo ragionando anche di sostenere nuove produzioni di mais, grano tenero e altri prodotti attraverso il recupero di terreni abbandonati verso i quali indirizzare per esempio i giovani
che vogliano dedicarsi all’agricoltura. Unicoop Firenze sta facendo molto per sensibilizzare i consumatori all’acquisto di prodotti che rispettino la filiera corta, aiutando l’economia e la bellezza del territorio e contribuendo alla salute dei cittadini. Dovremo continuare a lavorare insieme – conclude Saccardi – perché il marchio Toscana sia sempre di più un punto di riferimento».