Oltre un milione e seicentomila euro significano più di 300.000 dosi di vaccino per chi vive in Africa, un continente dimenticato dai potenti del mondo, ma non dal Covid. La campagna Coop for Africa lanciata da Coop prima di Natale e chiusa alla metà di gennaio ha superato l’obiettivo iniziale, grazie al forte coinvolgimento di tanti soci e clienti che in tutta Italia, ma in Toscana in maniera particolare, hanno donato alle casse, on line o con bonifico bancario – e grazie al raddoppio da parte delle cooperative – .
Il compito di far atterrare le vaccinazioni in diversi Paesi africani spetta all’organizzazione delle Nazioni Unite, Unhcr, e a quelle non governative di Medici senza Frontiere e Comunità di Sant’Egidio.
I volontari di quest’ultima hanno raccolto la storia di Serge e del suo taxi “pro vax” per scelta. Alcuni mesi fa il “Programma Dream” della Comunità di Sant’Egidio ha inaugurato un nuovo centro vaccinale nella Repubblica Centrafricana, dopo quelli già presenti nella Repubblica Democratica del Congo e in Malawi.
Dream è attivo da cinque anni nel Paese, la cui drammatica situazione sanitaria la conseguenza di tanti anni di guerra. L’obiettivo è formare personale sanitario locale in grado di gestire il progetto e lavorare autonomamente. All’inizio le energie erano dedicate a curare l’Hiv, il virus che porta l’Aids, ora invece si stanno concentrando sull’emergenza Covid, dall’identificazione dei contagi alla cura dei casi gravi, fino alla vaccinazione, senza trascurare per altre patologie croniche, come ad esempio l’epilessia infantile, che condanna i piccoli ammalati a discriminazioni, violenze e abusi.
L’esperienza ormai ventennale ha insegnato che per curare le malattie non è sufficiente dare medicine, ma bisogna prima sgombrare il campo da tanti pregiudizi e credenze, facendo un grande lavoro di informazione scientifica.
Anche per il Covid, non è diverso: non si riesce ad attuare una campagna vaccinale di successo, se non si realizza prima una larga attività di informazione e sensibilizzazione, e la storia di Serge ce lo racconta (nella foto in alto durante la vaccinazione).
La testimonianza di Serge
“Mi chiamo Serge, vivo a Bangui nella Repubblica Centrafricana, come lavoro faccio l’autista di taxi da tanti anni. La pandemia da Covid 19 è arrivata nel mio Paese nell’aprile 2020, all’inizio ci era sembrata una malattia del nord del mondo, che non aveva molto a che fare con la nostra situazione africana, ma anche qui sono state subito attivate tutte le norme per la prevenzione e il distanziamento sociale.
A Bangui i taxi erano collettivi, le persone pagavano un piccolo pedaggio e arrivavamo a trasportare anche più di 5 persone per volta. Con le restrizioni causate dalla pandemia invece si poteva trasportare solo una persona, per strada c’era pochissima gente e alla fine non lavoravo più.
Anche mia moglie non ha potuto più esercitare il suo lavoro di vendita ambulante, per lo stesso motivo. La situazione è divenuta molto pesante, ci sembrava che la malattia non circolasse nel nostro Paese e ci chiedevamo se fosse peggio morire di Covid o di fame.
Quando abbiamo sentito dell’arrivo dei vaccini ero molto diffidente. Hanno iniziato a circolare voci e ipotesi varie sulla sicurezza dei vaccini, su cui infatti nessuno riponeva troppa fiducia, io per primo. A Bangui i primi ad essere vaccinati sono stati i medici e gli infermieri nel maggio 2021. Il primo ministro ha anche fatto pubblicamente il vaccino per invogliarci a farlo, ma io mi sono rifiutato!
Il Governo ha fatto delle campagne alla radio per cercare di sensibilizzare le persone, ma avevo sempre la percezione che la malattia da Covid non fosse un nostro problema, fino al giorno in cui mi sono recato al centro Dream Sant’Egidio per trasportare una persona che doveva andare a fare delle visite mediche. Come sempre ci siamo messi a parlare e mi ha detto che aveva la pressione alta e, oltre alle cure per la sua malattia, gli avevano proposto anche la somministrazione del vaccino per prevenire il Covid.
Mi sono insospettito subito perché era tutto gratuito! Ecco, era la conferma che davvero volevano fare esperimenti su di noi africani. Ne è subito nata una discussione.
Arrivati alla Clinique Dream, il mio cliente mi ha convinto a scendere con lui e ad ascoltare la spiegazione dell’infermiera sui vaccini. Non avevo previsto una cosa del genere, ma ci siamo ritrovati in un gruppo di trenta persone a discutere e a fare domande a delle persone competenti e, finalmente, abbiamo potuto approfondire tanti aspetti che non conoscevamo.
E in quell’occasione che ho capito che ero stato vittima di troppe fake news. Mi sono fatto coraggio e ho accettato di farmi vaccinare; non nego di aver avuto paura, solo dopo ho capito che non c’era ragione di preoccuparmi.
Era settembre quando ho fatto la prima dose, a novembre, quando ho fatto la seconda; poi ho convinto tutta la mia famiglia a vaccinarsi. Da allora nel taxi, mentre trasporto le persone, parliamo del vaccino e invito tutti a farlo senza timore.
Sulla mia auto tutti possono vedere un piccolo cartoncino in cui c’è scritto: “Io mi sono fatto vaccinare… fallo anche tu!” e accompagno alla Clinique Dream chiunque si convince!” .
Oggi il “Programma Dream” sta contribuendo a vaccinare la popolazione nei Paesi dove opera. L’attività messa in campo in Africa interviene sul Covid a tutto tondo: dall’identificazione dei contagi alla cura dei casi gravi, fino alla vaccinazione. Proprio su quest’ultima si nutrono le maggiori speranze per poter arrestare nel continente e a livello globale la corsa del Sars-Cov2 e la formazione di nuove varianti.