Cos’è?
Non dategli del (semplice) salame: è molto di più. Lo strolghino è originario della bassa parmense, quella lingua di terra a sud del fiume Po da dove proviene una miriade di insaccati d’eccellenza. Si tratta di un piccolo salame dalla forma stretta e allungata con un diametro grossomodo di 3 centimetri e un peso che varia dai 200-300 grammi a un chilo. Un salume di nicchia, non così celebre come i suoi colleghi milanesi o toscani, ma squisito grazie alla rinomata carne con cui viene preparato. Sui banchi gastronomia di Unicoop Firenze è disponibile anche in vaschetta.
Come viene fatto?
Del maiale non si butta via niente, recita il celebre adagio popolare. E in questo caso è vero più che mai. Durante la rifilatura del culatello del suino, per dare alla pregiata porzione di coscia la classica forma a pera, i norcini ricavano della carne magra. Questo prezioso avanzo della lavorazione, per non diventare un ingiustificabile spreco di bontà, viene macinato finemente e poi insaporito con spezie, aromi naturali, un pizzico di sale e vino. Ecco come nasce lo strolghino. Si tratta di un insaccato “giovane”, con circa venti giorni di stagionatura. Per questo risulta morbido al coltello e al palato.
Perché si chiama così?
Indovina, indovinello, perché il nome è così bello? Stando alla leggenda, deriva dal termine dialettale emiliano strolga, che guarda caso indica una strega o un’indovina. Ci sono due versioni differenti per spiegarne l’origine. Secondo alcuni si chiama così poiché veniva utilizzato per azzeccare l’andamento della maturazione degli insaccati più grandi. In parole povere una sorta di termometro della stagionatura, un “salame indovino”. Altri invece legano l’etimologia al fatto che per preparare un eccellente strolghino servono doti eccezionali, come quelle di una veggente.
Che sapore ha?
Guai a farlo seccare. Per percepire tutte le note aromatiche deve essere gustato rigorosamente quando è ancora tenero. Il colore è rosso vivo, il profumo intenso, mentre il sapore delicato e dolce richiama quello del culatello da cui, come detto, proviene la carne. Va conservato in un luogo umido e fresco, in modo tale che il prodotto mantenga nel tempo dolcezza e morbidezza. A chi trova difficoltà nel togliere la pellicina esterna prima del consumo, consigliamo un trucchetto: basta fasciare il salume in un panno inumidito con acqua insieme a vino e il gioco è fatto.
Come mangiarlo?
È ottimo per accompagnare spuntini o per insaporire gustose ricette. Chi se ne intende consiglia di tagliare delle fette diagonali, spesse almeno un centimetro, e accompagnarvi durante l’aperitivo crostini, pane croccante o del parmigiano reggiano a scaglie, per restare in Emilia Romagna.
L’abbinamento perfetto è con un vino fresco e delicato, ad esempio la malvasia bianca. In cucina, fatto a dadini, dà un tocco di sapore in più a zuppe e minestre, può arricchire le insalate di lenticchie oppure essere il protagonista di tagliatelle al ragù di strolghino e risotti con salame e zafferano.