Tirare le somme è un’operazione sempre difficile, in alcuni casi impossibile. È così per questo intenso viaggio lungo la rotta balcanica. Un viaggio al contrario, partito dal punto d’arrivo, da quell’hotel Porin, unico centro d’accoglienza ufficiale in Croazia, dove le persone che hanno attraversato a piedi la rotta balcanica possono chiedere lo status di rifugiati e richiedenti asilo. Ma nel nostro viaggio in direzione ostinata e contraria, oltre al “porto sicuro” di chi è arrivato, abbiamo voluto vedere coi nostri occhi le tappe della traversata degli ultimi, dei disperati in cerca di un futuro dignitoso.
È così che ci siamo addentrati nella foresta di Bojna, al confine tra la Croazia e la Bosnia, per vedere i varchi che i migranti cercano e capire in che modo avvengono quei respingimenti a dir poco discutibili. Non ci è stato consentito, la polizia ci ha fermati prima, non c’era altro da vedere, secondo loro, mentre poteva essere pericoloso per la nostra incolumità. La nostra incolumità? E quella dei bambini, delle donne, degli uomini che tentano di attraversare quei varchi costellati di mine antiuomo? A quella incolumità davvero non deve pensarci nessuno?
Non ci siamo fermati neanche lì e abbiamo raggiunto Bihac e il campo lager di Lipa. E lì le parole non servono, bastano da sole le immagini. Qual è la colpa di un padre nato dalla parte sbagliata del mondo, che a piedi nudi è costretto a lavarsi con una tanica d’acqua sulla neve? Qual è la colpa di un bambino che trema dal freddo in un campo disperso in mezzo al nulla? Sono tornato a casa con quelle immagini scolpite nel cuore.
Come dare una mano? Donate, donate, donate. Anche gli abitanti di quei luoghi vivono in condizioni non facili, possiamo aiutare le persone migranti e aiutare anche gli abitanti bosniaci, disinnescando una guerra tra poveri che in questo momento sarebbe davvero superflua.
Un aiuto per Lipa
È un disastro umanitario, quello dei migranti di Lipa, abbandonati al gelo della Bosnia dopo che un incendio ha distrutto il campo profughi nella città di Bihac. Siamo nel nord-ovest della Bosnia Erzegovina, a pochi chilometri dalla frontiera con la Croazia, circa 1500 persone fuggite prevalentemente da Pakistan, Afghanistan e Bangladesh vivono in condizioni disastrose. Non hanno servizi igienici né un tetto sopra la testa: sono costretti a lavarsi nei torrenti di montagna, nell’acqua ghiacciata, circondati dalla neve e di notte, con temperature di decine di gradi sotto lo zero.
La Fondazione Il Cuore si scioglie insieme ad Acli, Arci e Croce rossa porterà un aiuto concreto alle persone ospitate in questo campo.
(di Pietro Bartolo, parlamentare europeo. Foto di Maki Galimberti per s&D Group)