Slittato a marzo (dal 2 al 6) per l’emergenza sanitaria, il consueto appuntamento con il Festival della canzone italiana conserva, mediaticamente parlando, il suo fascino nonostante gli anni.
Ma – ci domandiamo -, in tempo di talent in tv come Amici, X-Factor e The Voice, Sanremo rappresenta ancora il punto di riferimento per la musica? È davvero una vetrina irrinunciabile? Tre protagonisti del settore ci aiutano a capire il fenomeno Sanremo.
«Se per punto di riferimento s’intende quell’evento che si assume come modello e orientamento a cui conformare la propria direzione musicale, direi di no» è la convinta risposta della fiorentina Simona Bencini, storica voce dei Dirotta su Cuba con i quali ha partecipato anche al festival nel 1997. «È Sanremo, piuttosto, che si adatta a quello che succede “fuori”. È come un grande pentolone in cui vengono messi gli ingredienti più innovativi, spettacolari e un pizzico di passato per accontentare tutti. È una trasmissione televisiva, in fondo, e deve fare audience». Davvero ci ritroviamo anche le novità? A noi appare invece piuttosto tradizionale… «Il Festival è una sintesi, più o meno azzeccata a seconda delle intuizioni del direttore artistico di quell’anno, delle tendenze della musica italiana, di come si trasformano i gusti e i costumi. Personalmente lo vedo come un’opportunità di visibilità, anche se la vera grande difficoltà ormai è riuscire a entrare nella rosa dei big».
Non solo musica
«Statisticamente l’indotto sanremese rappresentava, prima della pandemia, il 50% circa dell’economia generata dallo showbiz» spiega Giancarlo Passarella, esperto musicale, che ha al suo attivo la collaborazione a quasi duecento dischi ed è, inoltre, presidente di Ululati dall’Underground. «Ogni edizione ha una peculiarità: non è una vetrina per capire la musica di un periodo, ma una passerella dei fenomeni di moda. Una volta era lottizzato dalle etichette: facevano a gara per portare il loro miglior big e il loro più talentuoso esordiente. Adesso ci sono giurie, concorsi e altri tipi di selezioni».
Chiudiamo con Carlo Conti che della manifestazione (nel 2015, 2016 e 2017) è stato direttore artistico e presentatore: «Il Festival di Sanremo rappresenta il più importante evento dell’anno, per quanto riguarda la nostra musica. È un momento di riconferma o di rilancio per i big ed è, allo stesso tempo, un’opportunità irrinunciabile per i giovani. Nelle tre edizioni di cui mi sono occupato, ho avuto la fortuna di veder “nascere”artisti come Gabbani, Meta, Caccamo, Irama, Nigiotti e Mahmood, che poi hanno saputo imporsi in maniera importante nel panorama musicale. Sanremo, va detto, pur essendo una rassegna fondamentale, non è il solo trampolino per le nuove proposte, che da qualche anno hanno a disposizione anche talent come Amici o X Factor. Per quanto mi riguarda, ho sempre indirizzato le scelte sull’esclusivo valore dei brani proposti, mentre, per garantire l’audience televisiva, ho invece puntato sugli ospiti o sui personaggi che mi hanno affiancato sul palco».
Per finire, un parere sui partecipanti a questa settantunesima edizione: «Perfettamente in linea con le nuove realtà. Un festival al passo coi tempi. Amadeus anche quest’anno ha fatto ottime scelte!».
Toscani sul palco quest’anno
Dopo il boom di toscani che caratterizzò il settantesimo Festival di Sanremo, in questa edizione 2021 la nostra regione è rappresentata, fra i big, soltanto da due interpreti: Irama e Veronica Lucchesi.
Il cantautore e rapper Irama (pseudonimo di Filippo Maria Fanti) è nato a Carrara e ha già partecipato al festival nel 2016 e nel 2019 (passando anche attraverso Amici, di cui si è aggiudicato la 17ª edizione). Quest’anno canterà il brano La genesi del tuo colore.
Veronica Lucchesi, voce e co-fondatrice del gruppo La rappresentante di lista, è originaria di Viareggio. Per il debutto sanremese il gruppo propone il brano Amare.