La prima volta che il piccolo Marco entrò nella palestra di Malmantile fece una lunga corsa che terminò con un salto su un mucchio di materassini. Non si mosse di lì per i successivi quarantacinque minuti.
Marco era lì per allenarsi con una squadra di calcio di ragazzi come lui: simili per la giovane età ma anche perché tutti ragazzi con disabilità. Marco è un ragazzo autistico, per questo la sua corsa sfrenata e l’assoluto immobilismo successivo.
Il giorno dopo si ripeté la stessa scena, ma gli allenatori riuscirono a farlo alzare e andare via dai tappeti. Dopo un anno di allenamenti non sembrava nemmeno più lo stesso ragazzo di quella corsa sregolata: faceva gli esercizi da solo, era felice e i genitori riuscivano a ritagliarsi serenamente del tempo per loro. Tutto questo è merito di Un Calcio per tutti.
Ci sono tanti tipi di calcio
Un Calcio per tutti onlus è un’associazione che si occupa di un progetto di calcio adattato e integrato, rivolto a bambine e bambini con disabilità intellettive e motorie.
Il calcio adattato è un calcio declinato secondo necessità e caratteristiche degli atleti con disabilità: nel caso di Un calcio per tutti la progettazione è personalizzata per ogni singolo bambino. Mentre il calcio integrato prevede allenamenti, partite e tornei fatti dai ragazzi con disabilità misti con gli altri ragazzi.
“Con questo tipo di attività vogliamo dare a tutti i bambini la possibilità di integrarsi” spiega Cristina Detti, responsabile del progetto. Ma la nascita di Un calcio per tutti viene da lontano ed è una strana commistione di eventi.
Nel 2012 Daniele Buzzegoli giocava nel Novara come centrocampista e a dicembre organizzò un evento particolare: “Mio figlio è autistico e all’epoca faceva parte di un’associazione dedicata all’autismo. Feci da tramite con la società sportiva per una collaborazione” spiega Daniele con semplicità “vennero fuori diversi convegni sulla sensibilizzazione e una partita tra giocatori professionisti e ragazzi autistici.”
L’attivismo di Daniele venne notato da Cristina, anche lei originaria di Lastra a Signa.
“All’epoca seguivo delle attività extra scolastiche per l’associazione CUI” spiega Cristina “ma purtroppo non erano mai decollate. Visto che collaboravo anche con l’ASD Lastrigiana, venni a conoscenza di questi eventi. Per essere precisi, insieme al direttore sportivo vedemmo un video con Daniele in campo per l’autismo e ci emozionò tantissimo.”
In quel momento venne piantato il seme di Un calcio per tutti. L’ASD Lastrigiana aveva una spazio libero nella palestra di Malmantile. Perché non creare qualcosa sulla disabilità e il calcio?
“Quando ne parlammo la prima volta risi” racconta sorridendo Cristina “perché sapevo quanto è difficile mettere in piedi un’attività del genere. Ma mi sono intestardita e feci una serie di ricerche per trovare dei progetti interessanti.”
La ricerca diede i suoi frutti: trovò molti progetti di questo genere, ma poco con i bambini e quasi nulla sulle disabilità miste. Così Cristina e gli altri si rimboccarono le maniche per creare quasi da zero questo percorso adattato. Un percorso dedicato ad una fascia d’età, quella scolare, molto scoperta e sensibile.
L’obiettivo era quello di creare un momento dove i bambini con disabilità potessero fare sport in sicurezza, accuditi da professionisti e divertendosi.
Le convocazioni
All’inizio il lavoro è stato tanto ma fin da subito il progetto ha ricevuto il sostegno del Comune di Lastra a Signa, che ha facilitato la relazione con i servizi sociali del territorio, e della FIGC di Firenze, che ha giocato un ruolo importante per tesseramento dei piccoli atleti. Altre importanti collaborazioni sono state quella con l’ASD di Malmantile e con la Misericordia Sezione di Malmantile, che dà un importante aiuto nel trasporto e nella gestione dei ragazzi all’interno degli spogliatoi.
Tutto questo percorso è pensato e dedicato a ragazzi con disabilità intellettive e motorie diverse: dall’autismo all’asperger, disturbi cognitivi, fragilità e altro.
“Quando abbiamo fatto la prima conferenza stampa” racconta Cristina “arrivò una domanda da un genitore che ci spiazzò: ‘Ma non è che questo è uno di quei progetti che va avanti un anno, poi finisce e ce li rimandate tutti a casa? Così ci tocca ricominciare daccapo.’ Partendo dal commento di quel babbo ci siamo resi conto che stavamo per creare qualcosa di veramente grande e innovativo. Ma allo stesso tempo ci sentivamo investiti di una grande responsabilità.”
Daniele Buzzegoli, che è anche presidente della onlus nata dal progetto, lo conferma “Quando presenti un’iniziativa di questa portata hai l’obbligo di portarlo in fondo.”
“Molti ragazzi hanno avuto problemi: crisi, disagi e simili. Non è un gioco gestire queste situazioni e non va preso con leggerezza. Questa non è una semplice attività sportiva” continua Cristina “i ragazzi sono persone: hanno ansie, angosce, sono felici o tristi. Noi facciamo una progettazione mensile del lavoro ma nessun allenamento è uguale all’altro. Ci sono fattori positivi e negativi, che sono da risolvere sul momento e non possono essere previsti.”
Anche una situazione banale come giocare all’aperto, nel campo da calcio, può essere destabilizzante e pericolosa per la loro salute se fatta senza accorgimenti. Infatti i ragazzi di Un calcio per tutti di solito giocano dentro il palazzetto di Malmantile.
Il palazzetto li protegge da pioggia, freddo e vento. Hanno anche comprato delle borracce personalizzate per tutti:“Le lasciano sempre a casa” spiega ridendo Cristina. Infatti questi ragazzi hanno abitudini completamente diverse rispetto ai bambini delle altre squadre, che vanno scoperte giorno per giorno.
“Avevamo un bambino che comunicava solo con le immagini” racconta Cristina “così per relazionarci avevamo fatto le foto di tutto ciò che riguardava l’attività e quando voleva dirci qualcosa, prendeva l’iPad e ce lo mostrava.”
Due ore intensissime
Quando i ragazzi arrivano al palazzetto dello sport trovano ad aspettarli i volontari di Un calcio per tutti e della Confraternita Misericordia di Malmantile, che li aiutano a cambiarsi. E come in qualsiasi altra squadra, l’entrata agli spogliatoi è vietata ai genitori.
“Dopo essersi cambiati si mettono a sedere e si butta giù un programma che abbiamo già fatto prima” spiega Paolo Buzzegoli, allenatore e padre di Daniele “bisogna correre sui tempi perché abbiamo tanto da fare sia a livello motorio che tecnico.”
“Affrontiamo tante sfaccettature della disabilità, quindi dobbiamo fare allenamenti specifici per ciascuno di loro” continua Paolo “allenamenti che siano utili ma anche divertenti!” Quando tornano casa i piccoli atleti la piccola devono essere stati bene con se stessi e con gli altri bambini, sperimentando anche un minimo di agonismo.
“Perché un po’ di agonismo sano ci deve essere” precisa Paolo “a livello tecnico gli insegniamo prima di tutto a prendere la palla.”
Questo è un altro esempio dell’imparare giorno per giorno: la palla è geometricamente è un cerchio e rotola anche. Per prenderla ci vuole un bel coordinamento fisico che non tutti i bambini hanno all’inizio del percorso.
“Per i bambini con autismo sfruttiamo la teoria comportamentale” spiega Cristina. In breve: si rinforza il comportamento positivo dei bambini con un qualcosa condivisa con la famiglia. Potrebbe essere una caramella, ma anche una sedia particolare o l’esultanza di tutto il gruppo. Non è niente di diverso da ciò che viene fatto in qualsiasi altra squadra: solo che qui è strutturato e misurato”.
“Abbiamo sposato questo approccio perché con i bambini con difficoltà motorie aiuta moltissimo” spiega Cristina. Inoltre Un calcio per tutti si avvale di una psicologa e di una psicomotricista che personalizzano gli allenamenti: cioè fanno un allenamento specifico per ognuno dei bambino.
Infine i bambini fanno gli allenamenti integrati: percorsi fatti con le altre squadre di età simile, per mettere in moto i meccanismi di peer education. Cioè i bambini spiegano agli altri bambini, rendendo più semplice e immediato l’apprendimento e l’approccio alla disabilità
“Gli stessi bambini che si allenano insieme poi si ritrovano a scuola. Capita spesso che si aiutino fra di loro per calmare le crisi che possono venire fuori in ambiente scolastico.”
L’inserimento dei bambini è continuativo durante tutto l’anno: si può fare l’iscrizione in qualsiasi momento. “Facciamo un colloquio con la famiglia, prendiamo i contatti con i servizi sociali e facciamo un prova. Se va tutto bene iniziamo un percorso più strutturato.”
Nessuno indietro
Ogni volta che Un calcio per tutti partecipa ad un torneo o a qualche altro evento sportivo vanno tutti, ma proprio tutti. Anche chi è fuori limiti d’età.
“L’importante è vivere l’uscita” continua Cristina “vestirsi, il viaggio insieme, vedere le altre squadre, aspettare il turno per giocare.”
Tutti questi piccoli elementi messi insieme hanno spinto tutti ad una riflessione: questo è un calcio particolare. Non è agonistico ma aiuta ad essere migliori. Quindi dobbiamo integrare il più possibile.
“Se noi siamo i primi a discriminare, anche solo in base alle capacità tecniche, non c’è integrazione.”
Una forte dimostrazione di questo concetto c’è stata durante il torneo di calcio integrato organizzato ad aprile 2018 a Malmantile.
“Hanno partecipato nove squadre: la nostra squadra era mescolata in tre gruppi diversi. Tutti le stesse magliette e tutti le stesse casacche.”
E questo progetto è sostenuto in maniera forte dai genitori.
“Le famiglie che partecipano a Un calcio per tutti sono passate da otto a ventisette in pochi anni” spiega Daniele “la famiglia sposa il progetto e se ne sente parte integrante.”
On the road con il pulmino
E qui arriva la campagna di crowdfunding di Pensati con il Cuore, organizzata dalla Fondazione Il Cuore si scioglie. Con il successo della raccolta fondi, Un calcio per tutti potrà finalmente acquistare un pulmino per gli atleti.
“Abbiamo deciso di prenderlo perché i numeri sono aumentati e non tutti i genitori possono portare i figli” spiega Cristina. E a questo si aggiunge anche un grande motivo d’orgoglio.
“Per la prima volta parteciperemo al campionato adattato di 5° categoria con sede a Pontedera” racconta fiero Daniele “siamo contenti anche se ci stiamo adattando velocemente a questa nuova esperienza. I nostri ragazzi dovranno stare da soli in campo: non è semplice per loro. Ma sono cresciuti tanto e vogliamo provare, sarà un’esperienza nuova e bella.”
“Sarà bellissimo farli partire e scendere dal pulmino come una vera squadra” fantastica con gli occhi luccicanti Cristina.
E il pulmino diventerà una svolta anche nel quotidiano perché i ragazzi vengono da tutta Firenze e provincia: da Montelupo passando da Firenze città fino all’Impruneta. Quindi potranno andare a prenderli a casa senza più dover fare arabeschi logistici.
Una rete pulsante
“Il crowdfunding ci è servito a creare una rete di relazioni enorme” racconta Cristina “e la Sezione Soci Coop Le Signe ci ha dato un aiuto incredibile. Hanno creduto in noi fin dall’inizio di questa avventura, perché sono stati loro a scegliere come progetto territoriale per la campagna Pensati con il Cuore e da allora non ci hanno perso di vista un minuto organizzando tantissime iniziative per sostenere la raccolta fondi.
Adesso l’obiettivo è quello di potenziare sia il lato sportivo ma anche quello sociale: stanno già pensando ad avviare nuovi progetti di teatro per bambini con disabilità e di sostegno economico alle famiglie.
Nel frattempo il campionato è iniziato e in ogni partita i bambini entrano in campo mano nella mano, come una vera squadra. Arriveranno risultati positivi e negativi, ma la vittoria più grande l’hanno già ottenuta.
Ha collaborato all’articolo Francesco Ricceri