No, neanche il famigerato Covid 19 ha ucciso la radio e le sue voci, al contrario le ha rafforzate. Il famosissimo brano dei Buggles Video killed the radio stars, di oltre quaranta anni fa, raccontava di un futuro a dir poco problematico per la primogenita della comunicazione: la televisione avrebbe preso sempre più spazio, condannando la radio a un inesorabile declino. Non è andata affatto così e a maggior ragione nei mesi tra marzo e maggio, quando tutte le limitazioni imposte dal virus hanno costretto tantissime persone a rimanere chiuse tra le mura domestiche.
Meno ansiogena della televisione, più empatica della sua pretenziosa sorella minore, la radio ha funzionato benissimo da informazione e intrattenimento a ogni livello, compreso quello locale. Le emittenti sopravvissute alla creazione dei vari network (che negli anni novanta fecero razzia delle frequenze), alle imprevedibili e nefaste alzate di ingegno dei proprietari e alle crisi cicliche dell’economia, hanno dato una grande dimostrazione di vitalità. In alcuni casi si sono inventate un nuovo modo di comunicare, in altri hanno messo sul piatto decenni di esperienza maturata sul campo.
Prendiamo il caso di Lady Radio, da tempo immemore una finestra su Firenze, con i suoi dibattiti e i suoi approfondimenti: Osvaldo Sabato è riuscito a fare il colpo giornalistico del primo mese di quarantena, andando a rintracciare e soprattutto intervistare il “Paziente uno” fiorentino. Una testimonianza sofferta di grande spessore giornalistico che ha impreziosito lo spazio quotidiano delle 12, riservato all’evolversi della situazione.
Il flusso continuo di notizie non era certo una novità per Controradio, da sempre l’emittente regionale più “parlata”. Raffaele Palumbo, raffinato conduttore della mattina, ha messo in fila tutto quello che accadeva, alternando l’informazione alla lettura di brani, monologhi comici e lunghe dirette dal vivo, come in occasione del 25 aprile e del Primo maggio. «Confessiamolo – racconta Palumbo – la quarantena ha rappresentato il sogno proibito di ogni radiofonico: avere tutti gli ascoltatori in casa a non fare niente. Non potevano scappare e sono stati quasi costretti a sentirci».
Chi non aveva certo problemi di audience era ed è Alessandro Masti a Radio Toscana, altro baluardo dell’informazione regionale. Amato e seguito da generazioni di fiorentini, Masti ha raccontato il Coronavirus alla sua maniera, supportato dalla redazione giornalistica, puntuale nei notiziari e negli approfondimenti.
C’è poi chi si è inventato un nuovo modo di fare radio in Toscana, mischiando il sacro col profano, cioè il calcio e la Fiorentina con l’epidemia, dove alla fine non si sa bene cosa sia il sacro e il profano. Il Pentasport di Radio Bruno, la più longeva trasmissione toscana, in onda dal 1979, ha creato una sorta di contaminazione, producendo ogni giorno sei ore di informazione in cui il patron della Fiorentina, Rocco Commisso, si è alternato al sindaco di Firenze Dario Nardella, e senza mai parlare del nuovo stadio. Una formula che ha incontrato un grande successo, grazie anche all’intuizione di riportare in radio Francesco Selvi, che dal Pentasport era partito quasi trent’anni fa per diventare un giornalista noto anche sulla ribalta televisiva nazionale.
Già, la televisione. Quella che avrebbe dovuto uccidere ogni frequenza radiofonica e invece… beh, basta ricordare cosa disse oltre sessanta anni fa Frank Sinatra, uno che di comunicazione un po’ se ne intendeva, quando gli chiesero un giudizio sul nuovo mezzo che stava entrando prepotentemente nella casa degli americani: «È stupenda, davvero. Basta chiudere gli occhi e sembra di sentire la radio».