Nella fase dell’emergenza legata al Coronavirus, genitori e figli costretti tutti a casa: una convivenza no stop e faccia a faccia che rinforza i legami ma, al tempo stesso, esaspera i conflitti fino all’inevitabile braccio di ferro su diritti e doveri. Per capire come gestire la vita in tanti fra le quattro mura, Vania Rigoni, pedagogista e mediatrice familiare, fornisce qualche suggerimento utile perchè la casa non diventi un ring e l’emergenza sia l’occasione per godersi qualche momento di ordinaria felicità.
Convivenza forzata: pro e contro?
L’immagine della famiglia riunita a casa è un’immagine d’altri tempi, bellissima ma insolita: la realtà è più complicata, perché l’emergenza costringe tutti a una riduzione della propria sfera individuale. Sarebbe importante che, a turno, ogni membro della famiglia, potesse prendere degli spazi di piccola autonomia personale in cui isolarsi, per prendere respiro rispetto alle dinamiche familiari e ricaricare le proprie energie. Non è sempre così facile ma parlarne aiuta. Del resto il tema è valido sempre, anche prima e dopo l’emergenza: stare a stretto contatto non significa necessariamente sentirsi vicini, quindi occorre far capire che i momenti di assenza o di privacy non significano rifiuto del rapporto. Se ben gestiti, sono sane boccate di ossigeno per ognuno dei membri della famiglia.
Genitori separati e figli: come gestire la situazione?
Anche questo è un tema molto complicato perché i genitori sono alle prese con il problema degli spostamenti e della necessità di minimizzare i contatti. Nel contesto di un’emergenza così grave, il consiglio è quello di aumentare le occasioni di video chiamata, o di audio o video registrati e inviati al cellulare, magari per dare la buonanotte o raccontare una piccola favola. Sono modi per lasciare una traccia, per mantenere viva e attiva la relazione con i figli ai quali spiegare che, per il bene di tutti, occorre fare qualche sacrificio, anche privarsi un po’ più della vicinanza dei più cari.
Affrontare insieme la paura: come?
E’ ovvio che il contesto fa nascere non poche paure anche nei bambini. Non è una vacanza, la famiglia non è tutta a casa per la festa… e non si può fare finta e oscurare la verità. Le informazioni da dare devono essere pulite, semplici, senza sovra-esposizione mediatica o bollettini medici. Le informazioni da passare devono servire a chiarire i contorni dell’emergenza e a mettere in sicurezza la loro emozione.
Stare in casa: cosa ci insegna?
Questo brutto momento ci sta insegnando a vivere diversamente la nostra casa: casa come approdo di sicurezza, rifugio e luogo in cui sentirsi protetti. Ma anche luogo in cui rinascere e far rivivere una parte assopita di noi stessi e delle relazioni che viviamo ogni giorno, a volte un pò frettolosamente. La casa non come quattro mura di un dormitorio, ma come palestra di vita. Questo, sono certa, ce lo ritroveremo una volta passata l’emergenza, quando ci riabbracceremo per la strada e ci daremo di nuovo la mano, cosa che ora manca, a grandi e bambini.