I segreti della longevità nel DNA dei pipistrelli

Riescono a vivere fino a 40-50 anni nonostante la loro piccola taglia. Intervista ad Andrea Locatelli, zoologo e biologo evoluzionista

La natura ha sempre tutte le risposte, bisogna saperle cercare. Alla domanda perché e come si invecchia sta lavorando, al San Raffaele di Milano, Andrea Locatelli, zoologo e biologo evoluzionista, con uno studio interessante e di grande attualità.

«Le risposte le sto trovando nei pipistrelli, perché rispetto alla loro taglia vivono molto più tempo di quel che potremmo immaginare – racconta lo studioso -. Mi spiego meglio; nei mammiferi c’è una correlazione tra le dimensioni e la longevità: più sei grosso più vivi a lungo; per esempio, una balena può vivere fino a 200 anni, mentre un topolino solo due».

I pipistrelli possono arrivare fino a 40-50 anni, cioè dieci volte di più rispetto a quanto suggeriscono questi parametri. È come se noi vivessimo 300 anni!

«Questi animaletti, volando molte ore ogni notte, hanno anche uno stress metabolico notevole: è come se noi corressimo due maratone la sera prima di andare a dormire. Sto cercando di trovare una chiave molecolare per traslare queste capacità sull’essere umano, non tanto per allungare la vita, ma per migliorare le disfunzioni correlate alla vecchiaia».

Locatelli si è concentrato sull’autofagia, un processo intracellulare che si occupa di riciclare le proteine che non vengono utilizzate dalla cellula. «Questo meccanismo è presente in tutti gli esseri viventi e, in linea di massima, più invecchi meno funziona – racconta il ricercatore -. Nell’uomo, per esempio, il decadimento dell’autofagia è tra le concause di Alzheimer e Parkinson. I miei studi dimostrano che nei pipistrelli funziona al contrario: più invecchiano, più questo processo è efficiente. Il mio scopo è capire come riescono a farlo da un punto di vista molecolare».

Si può ben immaginare quanto sarebbe importante per la salute umana capire questo meccanismo: «Se noi fossimo in grado di replicare quello che fanno le loro cellule, potremmo mettere a punto dei farmaci in grado di imitare lo stesso processo nell’uomo e contrastare l’invecchiamento e le malattie a esso legate. Sembra strano, ma il nostro organismo è molto simile a quello dei pipistrelli. È come se fossimo due automobili con lo stesso motore, solo che il loro funziona meglio». Pare che, fra l’altro, i pipistrelli non si ammalino di cancro, altra patologia strettamente legata alla vecchiaia.

Perfino da un punto di vista cognitivo sono piuttosto vispi. «Questo probabilmente perché il loro metodo di comunicazione, l’ecolocalizzazione, è molto raffinato e richiede una complessità neurologica notevole. Ad oggi non è chiaro come muoiano, perché non ci sono segni evidenti di vecchiaia».

Eppure sono tutt’altro che invincibili, sono fortemente minacciati e rientrano nella lista degli animali protetti sia a livello nazionale che europeo. Pochi sanno che «una delle principali cause di morte sono le pale eoliche – prosegue Locatelli – perché creano dei coni depressivi nell’atmosfera che li soffocano: essendo creaturine con una struttura molto fragile, cadono a terra morti».

Anche la talpa nuda del Nord America (Heterocephalus glaber) invecchia lentamente, «ma è un’unica specie, mentre l’intero ordine dei chirotteri ne conta 1450 e tutte manifestano gli stessi comportamenti cellulari: questo significa che a livello evolutivo c’è una radice molecolare profonda».

Per reperire il materiale sul quale lavorare, il biologo si appoggia ai Cras (Centri recupero animali selvatici), in particolare a quello del Wwf di Bergamo, che lo chiama quando arriva un soggetto in degenza. Viene prelevato un campione di due millimetri dalla membrana delle ali – che non è irrorata di sangue – poi esaminato in laboratorio: un intervento per nulla invasivo, nel pieno rispetto di queste creaturine, così speciali ma ancora tutte da scoprire.

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