A tu per tu con Carlo Conti aspettando il Festival di Sanremo

In attesa della partenza del Festival di Sanremo, al Teatro Ariston dall'11 al 15 febbraio, l'intervista a Carlo Conti, conduttore della 75esima edizione del Festival della canzone italiana

In attesa di capire se uno dei tre toscani in gara – i carrarini Irama e Gabbani assieme al maremmano Lucio Corsi – trionferà sul palco dell’Ariston, la nostra regione si è già assicurata un ruolo da protagonista grazie ad un vero e proprio veterano del piccolo schermo, il fiorentino Carlo Conti, chiamato a condurre nuovamente il Festival canoro più famoso d’Italia.

Si tratta di un ritorno sulla lunga distanza, col popolare presentatore che rimette i piedi nella città ligure – artisticamente parlando – dieci anni dopo l’ultima volta, quando condusse il festival per il triennio 2015/2017. Nel mezzo si registrano due edizioni per Claudio Baglioni e il quinquennio fortunato di Amadeus.

Come stai vivendo questi giorni di avvicinamento al Festival?
«Con grande serenità. Ormai il lavoro più grosso, quello di vera responsabilità, è già stato fatto, perché per me è la scelta delle canzoni. È lì che sento la responsabilità del ruolo di direttore artistico del festival. Per il resto, si tratta di un programma televisivo, è “il mio”, quello che faccio ormai da una vita. Mentre invece quello che sento con grande responsabilità per la discografia, per i cantanti e per gli ascoltatori, per chi dovrà ascoltare queste canzoni – nel tempo, spero – è la scelta dei brani».

Tu torni al Festival dopo il “regno” di Amadeus, che ha visto un Sanremo molto popolare in termini di ascolti e molto vicino – da un punto di vista artistico – a quello che è il mercato musicale odierno. Il tuo Sanremo come sarà?
«Come sono stati i miei tre precedenti, con un occhio al mercato, allo streaming, alle radio ma anche con qualche tocco di cantautorato e di cose un pochino più particolari. Ho cercato di ampliare lo spettro il più possibile. Come abbiamo sempre cercato di fare tutti, sia io, che Baglioni, che Amadeus con le sue cinque straordinarie edizioni».

I giornalisti che hanno ascoltato le canzoni in anteprima hanno parlato di poco rock, non molto rap e un ritorno alla ballata pop. Ti ritrovi in questa descrizione?
«Beh, sì. Che non ci sia il rock mi dispiace un po’ ma è sempre più raro portarlo all’Ariston, come sono rarissimi i casi di gruppi o di proposte rock che sono venute volentieri su questo palco. Devo dire che c’è varietà e che probabilmente anche il mondo del rap si sta spostando verso il pop. Questi ragazzi hanno voglia di raccontare cose più intime. Ma c’è un po’ di tutto, il brano più veloce, quello più lento, quello più riflessivo che parla dei rapporti personali, tormenti d’amore, tormenti familiari, c’è di tutto. E c’è anche tanta leggerezza».

A proposito di portare cose o persone a Sanremo, il tuo amico Pieraccioni non l’ha presa benissimo.
«Abbiamo giocato molto, d’accordo tutti e tre, sul fatto che io avevo annunciato la presenza di questi miei amici e abbiamo fatto credere a tutti per un po’ di giorni che fossero loro due (il riferimento è a Giorgio Panariello e a Leonardo Pieraccioni, autore di uno sketch poi diventato virale sui social). E invece mi riferivo di Gerry Scotti e Antonella Clerici.  E quel genio comico di Leonardo si è divertito a rinfacciarmi quella crema solare che lui e Giorgino mi hanno portato 40 anni fa sulla spiaggia».

Per usare un gergo giovanilistico, visto che abbiam parlato di rap, si potrebbe dire che ti ha dissato.
«Nooo (ride) è semplicemente un genio comico nel miglior stile dell’Amici Miei toscano. Questo stile unico che solo noi possiamo avere».

C’è stata una grande polemica sulla presenza di Toni Effe. Perché l’hai scelto?
«Ho scelto la canzone, non sono un giudice che va a giudicare la vita dei cantanti. Penso non sia mai stato fatto nel Festival e sarebbe un errore a meno che non si tratti di persone giudicate colpevoli dalla legge. Io devo valutare le canzoni e anche il percorso di un artista, che è una crescita in questo caso, che è un ragazzo di 20 anni che sta maturando e che, forse, arriva anche a capire certe cose che può aver sbagliato da ragazzo».

Usciamo dal tema Sanremo. Tu muovi i tuoi primi passi in radio, oggi come se la passa il mondo delle frequenze?
«Nel 1980 i Buggles cantavano Video Killed The Radio Star, ovvero la televisione avrebbe dovuto uccidere le stelle della radio. In realtà la radio è ancora una stella che brilla, in evoluzione, con ascolti che crescono. Oggi puoi sentirla anche a distanza con le varie applicazioni. Mi diverto qui a Sanremo a sentire nelle varie radio libere fiorentine, perché ancora mi piace chiamarle radio libere, i commenti sulla Fiorentina dopo la partita, come mi è capitato di fare domenica sera (il riferimento è alla partita Lazio – Fiorentina, vinta dai Viola per 2 a 1). È un mondo che, grazie ai nuovi mezzi, può ancora ampliarsi e ampliare la propria grande forza».

Visto che l’hai citata, che mi dici della Fiorentina?
«Ormai pare che la Lazio ci faccia risorgere e quindi speriamo in un nuovo corso positivo. Lasciamoli lavorare, i conti si tirano alla fine. Ti puoi immaginare, comunque, il giorno dopo quando sono entrato qui all’Ariston: la squadra di lavoro è romana, divisa fra romanisti e laziali, dovevi vedere i laziali come mi guardavano male. Soprattutto per quel palo all’ultimo minuto».

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