Abitava nella piazza centrale di Pelago, proprio davanti alla Casa del popolo, Nada Ciandri, “la Mara” che ha ispirato nel 1960 il famoso romanzo di Carlo Cassola “La ragazza di Bube”, ambientato nel dopoguerra tra la Val d’Elsa e la Valdicecina, e diventato poi nel 1963 anche un film per la regia di Luigi Comencini con protagonista Claudia Cardinale. Al portone non c’era numero civico, ma poco importava perché bastava chiedere in paese, e tutti sapevano dove abitava la “ragazza di Bube”, o meglio del partigiano Baffo, nome di battaglia del marito Renato Ciandri.
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Appuntamento con la memoria
Nella provincia di Siena
Colle di Val d’Elsa – Giovedì 16 gennaio, alle 17.30, nella sala soci del Coop.fi di via Diaz . Il libro scelto: I. Singer, Un giorno di felicità, ed. Bompiani
Poggibonsi – Mercoledì 15 gennaio, alle 17, nella sala soci del Coop.fi di via Trento. Il libro scelto: Friedrich Dürrenmatt, Il sospetto, ed.Feltrinelli
Gli incontri sono aperti a tutti.
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Renato lo conobbe quando aveva quattordici anni e mezzo, e lui diciassette. Era sfollato a Torre a Decima, dove aveva un amico con cui erano stati militari, e poi partigiani insieme. Baffo fu uno dei primi ad “andare alla macchia” perché ricercato dai tedeschi. Fu lei ad accompagnarlo in montagna in un giorno di neve la mattina presto, spazzando via con una bacchetta di legno le pedate per far perdere le tracce. Andava a trovarlo con le altre donne e gli portava tutto, dal pane alle sigarette, sempre con la paura di farsi scoprire.
Finita la guerra Nada e Renato si trasferiscono a Volterra e Renato lavorò come guardia municipale. La loro vita sembrava trascorrere nella normalità, fino a quando nel maggio del 1945 andarono alla festa della Madonna del Sasso a Santa Brigida. Un gruppo di partigiani volle andare in chiesa, ma il prete decise di non farli entrare per via dei calzoni corti e dei fazzoletti rossi al collo. Successe un parapiglia e intervenne il maresciallo. Con lui c’era anche il figlio che, forse per la paura, sparò ad un partigiano e lo uccise. Il Ciandri sparò un colpo un aria, racconta Nada, ma solo per vedere se il ragazzo si fermava. Non si sa bene come, nella confusione, il figlio del maresciallo rimase ucciso. Renato decise, anche su consiglio dei compagni, di allontanarsi e così tornano a Colle di Val d’Elsa e lì aspettano la sita per Volterra. È qui a Colle che Renato compra a Nada quelle belle scarpe con il tacco alto riprese anche nella scena del film di Comencini.
A Colle il Ciandri incontra Cassola, erano stati partigiani insieme e si conoscevano bene anche perché il padre di Cassola, che era di Volterra, aveva fatto scuola a Renato. Trascorrono il giorno insieme, il Ciandri racconta a Cassola del fatto di Santa Brigida, e probabilmente questo è l’episodio che poi in seguito lo ispirò nello scrivere il romanzo. Tornati a Volterra, riprendono la loro quotidianità fino a quando una sera si presentò alla porta un carabiniere e disse a Renato di presentarsi in caserma per essere interrogato.
Il Ciandri, sempre su consiglio dei compagni di partito, non si presenta e fugge prima a Pisa, poi Milano, poi clandestino in Francia dove trova un posto da tappezziere. Per sei anni Nada e Renato continuano la loro storia di amore a distanza scrivendosi lettere. Per cercare di prendere la cittadinanza francese Baffo andrà anche nella legione straniera, dove starà qualche mese, poi Olanda, Tunisi e di nuovo in Francia. Nel frattempo c’era stato il processo a Torino e il Ciandri viene condannato a 19 anni. Rimpatriato in Italia finisce in carcere, prima a Torino, poi Alessandria. Nada andrà a trovarlo insieme alla famiglia. Lui le disse che era ancora giovane e bella e in tempo per farsi una famiglia, ma lei rispose che voleva aspettarlo e stare con lui. Si sposeranno in carcere il 26 agosto 1951.
Così Nada racconta il giorno del suo matrimonio: “Mandai tutto in valigia dal prete, avevo un tailleur bianco e un mazzo di fiori bianchi. C’erano tutte le autorità del carcere, mi ricordo aprirono il cancello, tutti i detenuti mi facevano gli auguri. Mi vidi scendere Renato dalla scalinata vestito da sposo. Mi disse che sembravo un angelo, ma anche lui era bello. Quando entrammo in chiesa c’era l’organo che suonava la marcia nuziale. Avevamo portato con noi sei valige con tutto l’occorrente per la festa. Quando fu il momento di andare via mi vidi apparire tutto in valigia: il vestito da sposo, la fede, perché lì non gliela facevano tenere”. Nessun viaggio di nozze, ma un viaggio di ritorno da sola nel corridoio del treno, perché era estate e non c’era posto.
Nada continuerà ad andare a trovarlo in carcere, gli manda i soldi che riesce a mettere da parte facendo i fiaschi, poi lavorando nella fabbrica di tappeti, con il contributo anche della pensione della zia, gli manda bei pigiami e cerca di non fargli mancare niente. Renato viene mandato poi a Porto Azzurro, ed in seguito a San Gimignano dove farà gli ultimi sette anni di carcere. Nada va a trovarlo tutte le settimane. Nel 1960 esce il libro di Cassola “La ragazza di Bube” e anche grazie al successo del libro e l’interessamento del Cassola, il Ciandri viene scarcerato e torna a Pontassieve.
Trovare lavoro una volta uscito dal carcere è dura, poi arriva il posto al Centro Carni. Nada ha 33 anni, a 35 nasce il loro figlio. Nel 1963 esce il film di Comencini che sarà contestato dai veri protagonisti. Il Ciandri chiese di tagliarlo anche perché lui diceva di non aver ucciso nessuno e non voleva che il figlio da adulto pensasse al padre come ad un assassino. E questo episodio sarà anche motivo di rottura con l’amico Cassola.
Staranno insieme altri 20 anni fino a quando nel 1981 Renato muore. Nada continuerà per tutta la vita a portare avanti la memoria del marito, affinché non venga ricordato come un violento, orgogliosa di “essere la ragazza di Bube”, fino alla sua morte nel maggio del 2012.
La memoria di Nada è tratta dall’intervista gentilmente concessa e rilasciata all’autrice nel 2002 dalla stessa Nada Ciandri