In fuga dall’Ucraina e da altre parti del mondo, grazie ai corridoi umanitari

Intervista a Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant'Egidio

Il termine blitzkrieg, per indicare una guerra lampo che concentra il massimo sforzo nel minimo lasso temporale per raggiungere l’obiettivo, fu usato per l’invasione della Polonia da parte dell’esercito tedesco di Hitler nel 1939. Lo scorso febbraio molti ipotizzarono una breve durata anche per la guerra in Ucraina, al massimo poche settimane. Invece è stata scritta tutta un’altra storia.

«Migliaia di morti, anche fra i civili, milioni di profughi, distruzione e povertà, dopo un anno non dobbiamo far mancare il nostro sostegno a una popolazione in grande difficoltà» dichiara Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, che sin dall’inizio del conflitto ha svolto la sua azione aiutando chi fuggiva dalle bombe – donne, bambini, anziani, perché gli uomini maggiorenni erano stati chiamati a combattere -, insieme a Medici senza frontiere e Unhcr, destinatari dei fondi raccolti e donati dalle Coop subito dopo l’invasione russa.

Quanti sono oggi gli ucraini rifugiati in Italia?
Circa 140mila, pochi in confronto a quelli ospitati in altri Paesi, come la Polonia, ad esempio, mentre sono tremila le persone ospitate dalla nostra Comunità.

Come vivono la lontananza dal loro Paese, che si è prolungata così tanto?
Desiderano tornare nelle loro città, nelle loro case, se sono rimaste in piedi, dai propri cari rimasti in Ucraina, spesso a combattere sul fronte. I bambini sono stati iscritti nelle scuole italiane, mentre alcuni continuano a seguire a distanza le lezioni dall’Ucraina per essere pronti quando potranno rientrare. Le donne giovani hanno trovato lavoro, spesso come badante ma non solo, in generale vediamo una grande volontà di entrare nel tessuto lavorativo italiano. Per favorire l’inserimento e l’integrazione, invitiamo a seguire i corsi di lingua italiana. Il pensiero resta comunque rivolto all’Ucraina.

La fuga da zone di guerra non riguarda soltanto il popolo ucraino …
Gli ucraini sono potuti fuggire grazie a progetti europei di protezione umanitaria, ma è certamente più difficile per chi scappa dalle altre guerre in corso nel mondo. La condizione dei siriani che ancora affollano i campi profughi in Libano, Turchia e Giordania, e che il governo di Assad non vuole far rientrare in Siria perché li vede come possibili oppositori, è sempre molto grave.

Altri esempi di guerre dimenticate?
A milioni fuggono dal Corno d’Africa e dalla guerra dimenticata del Tigrai; molti, nel tentativo di raggiungere l’Occidente, finiscono nei campi di concentramento in Libia e diventano preda dei trafficanti di uomini nel Mediterraneo. E ancora, non dimentichiamo gli afghani: chi non è riuscito a scappare con gli aerei due anni fa, quando i Talebani tornarono al potere, si trova a vivere oggi in un luogo dove la guerra non è militare, ma per i più elementari diritti civili. A queste persone cerchiamo di dare un aiuto con i corridoi umanitari.

Come funzionano questi corridoi?
Per motivi umanitari è possibile anche in Europa concedere visti a territorialità limitata, derogando dal Trattato di Schengen, per cui chi ne beneficia può trattenersi in un Paese dell’Unione per due anni, tempo necessario per veder riconoscere lo status di rifugiato. Come Comunità di Sant’Egidio richiediamo questi visti per chi è in condizione di vulnerabilità nei campi profughi e provvediamo al loro trasferimento in aereo. Una volta in Italia, ma siamo attivi anche in Belgio e in Francia, queste persone vengono ospitate dalle parrocchie o nelle famiglie, dove muovono i primi passi verso l’integrazione nell’attesa di essere riconosciuti ufficialmente come rifugiati.

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