“Mi portano in Germania” scrisse su tanti bigliettini in un momento di sosta alla stazione ferroviaria del Brennero, Remo Burlon, mentre lo stavano deportando a Mauthausen per non tornare mai più a casa, a Empoli. Era il suo ultimo ‘abbraccio’, diranno poi gli studenti dell’Istituto superiore Virgilio.
Si è celebrato in suo nome il settantaseiesimo anniversario del ‘Giorno della Memoria’, quando il 27 gennaio del 1945 furono abbattuti i cancelli del campo di sterminio di Auschwitz, con la posa della prima pietra d’inciampo nella sua Via Chiara, al numero civico 87.
La commemorazione è cominciata in piazzetta Madonna della Quiete alla presenza del sindaco Brenda Barnini, del presidente del Consiglio Comunale, Alessio Mantellassi, della figlia di Remo, Roberta, degli studenti del liceo Virgilio, di Raffaele Donati consigliere dell’Aned in rappresentanza del presidente Roberto Bagnoli, ai tanti cittadini, alle Forze dell’Ordine, le associazioni Misericordia, Pubbliche Assistenze Riunite, Auser Filo d’Argento, sezione soci Coop di Empoli, Spi Cgil, Aned, Anpi, rappresentanti della Giunta e del Consiglio Comunale.
«Oggi è il 27 gennaio, Giorno della Memoria. Come sempre è importante dare anche un nuovo significato a questi appuntamenti per fare in modo che soprattutto le nuove generazioni non dimentichino e riescano a focalizzare quello che la Storia ci ha insegnato – ha detto il sindaco di Empoli, Brenda Barnini -. Da oggi a Empoli abbiamo una prima pietra d’inciampo nel centro storico, in Via Chiara, uno dei nostri 47 concittadini deportati e morti nei campi di sterminio nazisti. Si tratta di Remo Burlon e sono molto contenta che la nostra città abbia aderito a questo progetto che è un progetto europeo a tutti gli effetti perché l’Europa di oggi è figlia, purtroppo, di quell’orrore e se lo dimentichiamo saremo condannati a riviverlo. Per comprenderla a fondo la Storia ha bisogno di essere riletta tante, tante volte, in momenti diversi della vita di ciascuno perché di volta, in volta, è capace di raccontarti qualcosa in più e di darti quindi nuovi strumenti di lettura di quello che poi accade intorno a te.».
«È la prima pietra d’inciampo dedicata a Remo Burlon dalla città di Empoli insieme a quella messa a Montelupo. Altre seguiranno nei prossimi mesi dedicate agli altri operai, in tutto 21, della vetreria Taddei che furono deportati. – ha spiegato, Alessio Mantellassi – Nel 2023 ne metteremo altrettante fino ad arrivare a commemorare tutti i deportati che non tornarono in città. I primi 21 che iniziamo a ricordare oggi partendo da Remo Burlon erano coloro che scioperarono alla vetreria Taddei. Fecero una scelta estremamente coraggiosa perché il diritto di sciopero non esisteva in quei giorni e quindi pagarono, con l’arresto e la deportazione. Le pietre d’inciampo sono un ricordo di prossimità che puoi incontrare quando cammini per la strada e ti attira l’attenzione. È un inciampo non fisico ma è un inciampo ideale. Così come nel 1944 quando andarono ad arrestare Remo e gli altri, andarono casa per casa, sapevano chi andare a prendere, oggi vogliamo fare la stessa cosa con la Memoria: estremamente precisa, estremamente prossima, estremamente puntuale».
Prende parola la figlia, Roberta Burlon e l’emozione è tanta. «Mio padre è stato qui fino al bombardamento delle Cascine. Io ero piccola e ho pochi ricordi. Dal bombardamento andammo nel fognone dell’Arno sulle spalle di quest’uomo e lì c’erano tanti empolesi rimpiattati. Da allora poi sfollammo dai nonni. La mattina lui partiva in bicicletta e veniva a lavorare alla Taddei. Se non che quella mattina mia madre gli disse: ‘non andare, non andare, mi sento qualcosa, non andare’. Ma lui non voleva perdere un turno di lavoro e se ne andò. Da allora, non è più tornato».
Prendono parola gli studenti del ‘Virgilio’ che hanno partecipato al progetto Memoria promosso all’interno dei percorsi di cittadinanza consapevole di Unicoop Firenze: «siamo qui per ricordare Remo Burlon, uno dei pochi che riuscì a comunicare lasciando dei bigliettini con su scritto ‘mi portano in Germania’, alla stazione del Brennero quando il treno era in sosta. Non fu l’unico nel tentativo di comunicare qualcosa ma l’unico che ci riuscì. Abbiamo preso coscienza di quanto accadde, di come queste persone furono strappate alle loro famiglie per non aver fatto niente. E quando si rendevano conto quello che stava succedendo, cercavano in tutti i modi di comunicarlo in qualsiasi modo. Era il loro ‘abbraccio’ prima di sparire per sempre. Ricordiamoci di tutti loro e speriamo di non dover mai paragonare esperienze simili in futuro».
Chiude il primo momento celebrativo, Raffaele Donati, consigliere Aned, ringraziando tutti i soggetti coinvolti in questo grande progetto delle pietre d’inciampo che abbraccia e costruisce: «il fatto che in una città come Empoli che ha dato tanto alla Resistenza, insignita anche della Medaglia d’oro al valor civile qualche anno fa, si ricordino le persone che furono prese dalla vetreria Taddei e in generale di tutti i suoi deportati, credo sia molto importante. Chiunque passerà da Via Chiara vedrà questa pietra d’inciampo, un nome scritto, una data di nascita, una data e un luogo di morte e si chiederà chi sia, chi era e cercherà informazioni. Costruire una memoria collettiva basata sulla memoria personale è fondamentale per portare un messaggio per il futuro della comunità in cui viviamo».