Se le notizie sul lavoro diffuse all’inizio di marzo registrano per l’Italia il livello più alto del tasso di occupazione dall’inizio delle serie storiche mensili dell’Istat (gennaio 2004), pari al 60,8% e oltre 23,3 milioni di occupati, il quadro del mondo del lavoro non è però tutto rose e fiori. Il dato più nero resta quello della disoccupazione giovanile – siamo al terzultimo posto in Europa dopo Grecia e Spagna -, insieme a quello dei salari, fra i più bassi in Europa. Secondo Eurostat, infatti, la paga oraria media lorda nel 2021 in Italia è stata di 15,55 euro contro i 16,9 di media, i 19,66 della Germania e i 18,01 della Francia.
«Con l’abolizione della scala mobile gli stipendi italiani hanno perso il potere d’acquisto, mentre l’inflazione è cresciuta – spiega Rossano Rossi, neo-eletto segretario regionale della Cgil. Ci sono poi molti contratti nazionali in attesa da anni di rinnovo per i quali chiediamo un adeguamento in quota parte al costo della vita». Anche la Commissione europea ha chiesto un intervento in tal senso attraverso un meccanismo di indicizzazione dei salari.
In cerca di condizioni migliori
Prima di arrivare a quella regionale, Rossi è stato alla Segreteria della Cgil di Lucca, ma i passi iniziali nel mondo del lavoro li ha percorsi, molto giovane, alla Sammontana di Empoli, come cellista a 30°C sottozero per produrre il gelato da consumare piacevolmente in riva al mare. Sa bene quindi cosa significhi far parte di una grande impresa e quanto sia importante poter contare su un lavoro stabile: «Se a un giovane vengono proposti contratti di quattro mesi e dopo deve andare a cercare un nuovo lavoro altrove, come fa in quei pochi mesi a imparare bene un mestiere e a sentirsi parte di un’azienda? La frammentazione del lavoro, con i contratti precari favoriti dal Job Act, è dannosa per tutti, lavoratori e imprese».
Attualmente, secondo il 6° Rapporto Censis Eudaimon, il 21,3% degli occupati ha contratti precari, diffusi soprattutto fra le donne e nella fascia sotto i 34 anni.
Alla precarietà e ai bassi stipendi si legherebbe anche il fenomeno definito con termine inglese the great resignation (le grandi dimissioni) che, partito dagli Stati Uniti, è arrivato anche in Italia nel periodo post pandemia, ma con caratteristiche diverse: sono stati in media 8500 i lavoratori che ogni giorno, nei primi mesi del 2022, hanno lasciato in Italia un posto di lavoro, probabilmente mal retribuito e troppo precario o con poche prospettive di carriera. A seguire, fra le motivazioni, anche la ricerca di un’occupazione con una maggiore libertà nello svolgimento delle proprie mansioni, attraverso le forme di lavoro agile. Un desiderio, questo, che si riscontra in tutte le fasce di età dei lavoratori per conciliare meglio vita familiare e lavoro.
Lotta agli appalti al ribasso
Con Rossi affrontiamo anche il tema degli appalti pubblici al ribasso e le conseguenze che ne derivano: «Nel settore dell’edilizia, ma anche in altri ambiti, come quello socio-sanitario, la situazione di appalti e subappalti è talmente complessa che risulta difficile ricostruire persino la filiera contrattuale. Per questo chiediamo alle istituzioni di intervenire per ridurne il ricorso, oltre a garantire clausole sociali a sostegno dei lavoratori». Situazioni poco chiare dal punto di vista contrattuale favoriscono le infiltrazioni delle organizzazioni malavitose, «già presenti in Toscana come dimostra la vicenda del Keu (i fanghi tossici smaltiti illecitamente in zone della nostra regione e nascosti durante la realizzazione di alcune strade toscane, ndr)»chiosa Rossi.
Lavoro in Toscana
Anche a livello regionale (dati Irpet) si osserva una riduzione del numero di disoccupati, -36mila, e del tasso di disoccupazione, dal 7,1% del terzo trimestre 2021 al 4,8% dello stesso periodo 2022. Si riduce considerevolmente anche la quota dei cosiddetti “scoraggiati” (gli inattivi tra i 15 e i 64 anni che non cercano lavoro perché ritengono di non riuscire a trovarne uno, ndr) e aumenta la partecipazione delle donne al mercato del lavoro.