Cala il potere d’acquisto – in Toscana secondo i dati della Cgil in media di 1870 euro per un lavoratore dipendente -, sale l’inflazione all’8,7% a settembre su base regionale. Se i conti non tornano in famiglia, che si regola come una normale impresa, si comincia a tagliare. Quello che consideriamo superfluo, prima di tutto, ma anche nel carrello della spesa. Con conseguenze che spesso vanno a incidere sulla salute. «In tempi di crisi cambia anche la composizione della spesa alimentare, in particolare fra i meno abbienti – spiega Francesco Cipriani, direttore dell’Epidemiologia della Usl Toscana Centro -. Si acquistano di più alimenti e bevande a basso costo, come snack, cibi industriali, merendine, con troppi zuccheri e poche fibre, e di meno quelli più cari, come pesce fresco, carne rossa e frutta. Si va dunque in direzione quasi opposta alle raccomandazioni nutrizionali».
Guardando non troppo indietro nel tempo, si osserva che la crisi economica 2008-2013 ha indotto stili alimentari sbagliati soprattutto al Sud, nelle famiglie più numerose e fra gli adulti. Prosegue Cipriani: «A parità di apporto calorico, in quel periodo aumentarono gli acquisti di alimenti essenziali a basso costo, come pasta, pane, uova, carne di pollo e maiale, pesce conservato, e diminuirono quelli più costosi, come olio di oliva, pesce e latte fresco. Su frutta e verdura la crisi ebbe effetti più complessi, con un aumento del consumo di ortaggi e frutti meno costosi, come quelli di stagione, o i legumi. Ma quasi un italiano su quattro dichiarò che avrebbe mangiato più frutta e verdura se fosse costata meno. In questi casi tengono i consumi di salumi, cari, ma evidentemente troppo pratici per rinunciarvi».
Quali sono le conseguenze di queste scelte alimentari? Più obesità e diabete e alla lunga anche più malattie cardiovascolari e alcuni tumori. Ma non tutto il male vien per nuocere: «C’è anche qualche effetto paradossalmente protettivo della crisi economica, come la diminuzione del consumo di carne rossa, dei grassi animali e degli alcolici, e l’aumento del consumo di prodotti locali e di stagione» conclude Cipriani. Proviamo allora a seguire la strada del carrello pieno di alimenti gustosi e salutari.
Consigli per mangiare bene e sano
Qualche consiglio per imparare a mangiare bene lo regala la nutrizionista Lucia Bacciottini. «Una regola base è quella delle sette proteine per sette giorni: alterniamo carne, pesce, uova, legumi, frutta secca, formaggio e salumi o cibi a base di proteine vegetali. In un menù di dieta dissociata, a un pasto proteico ne affianchiamo uno composto con il bianco dei cereali e il verde dell’ortofrutta, da preferire di stagione, non solo per una questione di costo, ma perché il pigmento di ogni vegetale esprime il massimo del suo potere nutrizionale nella stagione di produzione. E, aggiungo, è proprio con il verde che si comincia il pasto: per preparare lo stomaco e placare quei morsi della fame che poi ci fanno mangiare più del necessario».
Se questo è l’abc, per passare dalla teoria alla pratica del carrello può essere utile qualche strumento guida: «Al supermercato andiamo sempre con la lista della spesa, il filo di Arianna che ci aiuta a seguire uno schema settimanale in cui, per ogni categoria di cibo, possiamo anche immaginare molte alternative: cereali significa pane, pasta, gnocchi, farro, orzo e tantissime altre opzioni oggi disponibili. Combinando i legumi con le verdure, possiamo mettere nel menù tante ricette semplici, economiche e nutrizionalmente perfette: zuppe, polpette vegetali, purè – come quello di barbabietole – e salse di legumi, come l’hummus, a base di ceci, e la tahin, con semi di sesamo, ma anche ricette con farine sempre di legumi, dalla cecina alle crespelle, alle torte salate con verdure».
Salute al primo posto, ma anche con gusto e fantasia: «Nel carrello – conclude – lasciamo spazio anche per i cibi emozionali, da consumare con minor frequenza ma con una carica sensoriale importante. Io li indico con la formula “cibi interi, cibi veri”: il cioccolato, i semi e la frutta secca, pane e formaggio, yogurt intero e miele, semplici ma ad alta intensità di energia e gusto».
Il consiglio di Luisanna Messeri
Luisanna Messeri che, in tv come sui social, imperversa con le sue ricette, facili, economiche e gustose – ribattezzate le “genialate” -, riporta l’attenzione sulla tradizione culinaria del nostro Paese, insieme povera ed eccellente. «Per mangiare bene spendendo poco – afferma – non dobbiamo inventare nulla, ma solo recuperare le abitudini e l’economia domestica delle nonne che, avendo poche risorse, aggiungevano alla ricetta l’ingrediente “tempo” e non spreco: da una pasta, per esempio, si può ricavare un primo con le verdure e poi una frittata, per la sera. Dal famoso lesso possiamo tirare fuori almeno quattro o cinque piatti: il brodo che, se avanza, si usa per fare un risotto, la carne per la francesina, la frittata di lesso, uno sformato di carne e verdure, o anche le polpette, quelle che in Toscana chiamiamo “del Pelliccia”, con molte patate e poca ciccia. Insomma, gli italiani a tavola vengono da lontano: la storia è maestra, anche in cucina».
E infatti Luisanna Messeri trova ispirazione nelle intramontabili ricette di carta e penna: «Oltre al grande maestro Artusi, in cucina con me porto una blogger d’altri tempi, Petronilla, che iniziò a pubblicare le sue ricette nel 1927 sulla “Domenica del Corriere”. Lezioni di cucina per le massaie, che dovevano sfamare molte bocche con pochi soldi e molta fantasia». Tra dosi, consigli e ricette, spuntano anche le istruzioni su come cucinare risparmiando: «Fra gli attrezzi del mestiere, a cui tornare per risparmiare energia, compare anche il mortaio di marmo, la mezzaluna e il fornetto di campagna, che negli ultimi anni ha avuto un grande revival, dove si possono cuocere, sul fornello, persino le torte. Una per tutte, la “torta senza”, che è la sintesi di bontà, risparmio e gusto e poco lavoro di impasto: senza uova, zucchero e burro, è un dolcino, come diceva Petronilla, per questi tempi difficili (ricetta nel box, ndr). Risparmiamo sui cibi pronti e inutili, ma non sul tempo, sulla fantasia e sulla qualità di certi buoni alimenti: olio, pane, pasta. E quella sì, cuocetela con il gas e al punto giusto!».
Vietato sprecare
Altra chiave per risparmiare è quella di ridurre gli scarti alimentari, visto che ogni italiano getta in media 674 grammi di cibo pro capite a settimana, cioè 35 chili all’anno, per un valore di circa 140 euro a testa. Qualche consiglio può aiutarci a non spenderli.
Partiamo dalla lista della spesa: se ben organizzata, ci aiuterà a ridurre l’acquisto di prodotti in eccesso che poi siamo costretti a buttare. Prima di uscire di casa controllare la dispensa, mettendo nella lista prodotti da preparare con quello che abbiamo già, eviteremo così di comprare doppioni o di far invecchiare troppo e poi buttare ciò che c’è.
Al supermercato è importante verificare con attenzione la data di scadenza e le modalità di conservazione. Non esagerare con le scorte o le confezioni maxi pensando di risparmiare: il cibo rischia di scadere o rovinarsi, una volta aperta la scatola. Può essere utile, invece, cercare fra i prodotti a brevissima scadenza. Si risparmia e si aiuta a non sprecare.
In cucina si può riscoprire le tante ricette della cucina italiana basate sugli avanzi e gli scarti oppure usare di più il freezer: le cipolle già affettate e altri alimenti freschi possono essere congelati crudi o cotti per prolungare la loro “vita utile”. Vale anche per il pane grattugiato, sughi, salse e molto di ciò che avanza in tavola. La frutta ammaccata si può pulire e trasformare in frullati e macedonie.
Anche gli scarti hanno una seconda vita: il caffè e i gusci d’uovo per concimare le piante, le bucce di arance e agrumi per profumare la casa, il latte scaduto per maschere di bellezza e per pulire oggetti in pelle.
I numero dello spreco
Secondo i dati di Waste Watcher ogni italiano butta in una settimana:
- 30,3 grammi di frutta
- 26,4 grammi di insalata
- 22,8 grammi di pane fresco
- 22,8 grammi di tuberi, aglio e cipolle
( A cura di Sara Barbanera e Cecilia Morandi)