Chi si ricorda più di Severn Suzuki? La ragazzina canadese di 12 anni che nel 1992 intervenne alla conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente a Rio de Janeiro, con un discorso di sei minuti che “zittì il mondo”. Diceva in fondo le stesse cose che – ventisette anni dopo – avrebbe detto la svedese Greta Thunberg.
La differenza è stata probabilmente nella disponibilità della comunicazione offerta dalla rete, che nel 1992 non c’era. Severn dopo un paio di servizi televisivi è caduta nel dimenticatoio, Greta fortunatamente è diventata un’icona del web, con i suoi video diffusi in tempo reale fra i suoi coetanei.
Peccato per il buon quarto di secolo perso inutilmente; comunque, meglio tardi che mai.
Ora la presa di coscienza dei giovani è innescata: il grande sciopero mondiale del 15 marzo ha rotto la lunga fase di inerzia e indifferenza sull’ambiente che caratterizzava questa generazione.
Ora c’è consapevolezza che i danni dell’inedita crisi climatica che stiamo vivendo colpiranno con più forza nei prossimi decenni proprio chi oggi è più giovane e che, dunque, l’urgenza dell’azione è necessaria per non consegnare al futuro un mondo più ostile alla vita.
Tutte cose che la scienza sapeva già bene nel 1992 e che Severn Suzuki aveva messo in luce con il suo genuino appello.
Il movimento dei giovani ha almeno tre grandi sfide da affrontare subito: deve continuare a tenere alta la tensione sociale sull’ambiente, deve dimostrare di essere coerente, deve trasformarsi in forza politica.
La coerenza per il momento rappresenta a mio parere uno dei punti deboli: ragazzi e ragazze non hanno ancora ben compreso la portata della transizione ecologica ed energetica, chiedono genericamente un intervento politico, ma non si rendono conto che, se veramente si vogliono ridurre le emissioni in tempi rapidi, ciò implicherà delle rinunce al nostro stile di vita e un aumento delle tasse sull’energia fossile.
Nei vari incontri che ho fatto nelle scuole dopo la marcia per il clima di marzo, chiedo sempre: alzi la mano chi rinuncerebbe a prendere l’aereo, il mezzo di trasporto più inquinante.
E di mani se ne alzano pochissime.
Il fatto è che la sostenibilità ambientale è basata su misure fisiche, non su buone intenzioni: la si valuta con tonnellate di rifiuti, petrolio e CO2 in meno, e con chilowattora da fonti rinnovabili in più.
Solo se i giovani saranno coerenti con il messaggio di cui si fanno portatori saranno credibili, e dunque dovranno essere disposti ad avere uno stile di vita più sobrio e meno consumista. Dopo si pone il tema di raggiungere una rilevanza politica, in modo da condizionare concretamente le scelte di governo. Sapranno i nostri ragazzi mantenere questa unità o si frammenteranno come spesso accade in mille rivoli con mille distinguo su questioni secondarie?
Ovviamente le stesse questioni riguardano pure gli adulti, che finora non sono riusciti a dimostrare di voler prendere sul serio il futuro del pianeta e dei loro figli.
Articolo di Luca Mercalli, divulgatore scientifico e climatologo italiano