Cooperazione è democrazia

L'opinione di Stefano Zamagni, economista

Il 2025 è stato proclamato dall’Assemblea delle Nazioni Unite l’anno internazionale delle cooperative e questo ci dà l’occasione per riflettere sul passato, sul presente e, soprattutto, sul futuro di questa forma di impresa. Partendo dal passato, vale la pena ricordare che la cooperazione di consumo nasce nel 1844 a Rochdale, una cittadina a nord di Birmingham, in Gran Bretagna – in Italia la prima cooperativa prende vita a Torino undici anni dopo -, con l’obiettivo di fornire ai lavoratori beni alimentari a prezzi accessibili.

Non è un caso che sin dall’inizio nelle prime cooperative convivessero tre diverse dimensioni: economica, sociale e democratica. Il contesto storico, che coincideva con l’ormai piena realizzazione della prima rivoluzione industriale, richiedeva alle cooperative, che erano nate nelle aree a maggior tasso di sviluppo per l’epoca, di inserire la loro attività in un’economia di mercato, le cui regole dovevano essere rispettate, garantendo la propria sostenibilità grazie alla capacità di innovazione, acquisizione di clientela e così via. Per questo era necessario che l’attività fosse sostenibile economicamente.

D’altro canto però le cooperative svolgevano una funzione sociale perché offrivano una rete di supporto e di aiuto a più ampio raggio per i bisogni della comunità. Ed erano democratiche, perché ciascuno dei suoi membri aveva lo stesso peso sul voto nei consigli e nelle assemblee: nelle cooperative infatti una testa, cioè il socio, vale un voto. 

Queste tre dimensioni, però, nella storia delle cooperative non sono state tenute in bilanciamento armonioso. Se alla nascita prevalse la funzione sociale, nel corso del Novecento questa si è via via ridotta anche in virtù di un welfare sempre più ampio garantito dallo Stato. Nel frattempo, e in particolare dagli anni ‘70 del secolo scorso, la dimensione economica è diventata preminente, l’impresa cooperativa è stata quindi “managerializzata” e ha assunto dimensioni maggiori, attraverso processi di acquisizioni e fusioni per poter competere con le altre forme di impresa ed operare nel mercato. 

Oggi, per la cooperazione di consumo è arrivato il momento di recuperare terreno anche nelle altre due dimensioni che la caratterizzavano agli inizi della sua storia: quella sociale e quella democratica. Per la prima molte sono le vie che possono essere percorse, da quelle in ambito culturale fino ai servizi alla persona: la cooperativa può offrire delle opportunità che facilitino la vita delle persone, favorendone il benessere.

Però, la funzione prioritaria che la cooperazione di consumo deve svolgere è quella della democratizzazione del mercato, deve cioè rappresentare una forma di impresa alternativa a quella capitalistica. È davvero necessario che le cooperative oggi facciano propria questa loro caratteristica, realizzando al proprio interno e delle reti cui fanno capo il principio democratico che produce quella esternalità positiva che ricade a favore di tutti i segmenti dell’economia stessa. La grande missione della cooperazione è quindi la democratizzazione del mercato e su questo fronte non teme rivali.

Per realizzarlo il mio auspicio è che il movimento cooperativo torni a produrre pensiero, chiamando le migliori teste pensanti in progetti di alto profilo culturale che servano a dare senso e a diffondere idee per garantirne un futuro, svolgendo il ruolo che gli compete.

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