Caro carrello tra calo delle materie prime e inflazione

I prezzi dei beni alimentari continuano a crescere nonostante il calo delle materie prime e del gas. Il meccanismo che sta dietro all’inflazione fra necessità dell’industria e speculazione. Intervista a Domenico Brisigotti, direttore generale di Coop Italia

L’inflazione non si ferma: la conferma arriva puntuale dall’Istat alla metà di maggio (ad aprile +8,2% su base annua, +0,4% su base mensile). I consumatori l’avevano già toccato con mano. Eppure le quotazioni del gas al mercato di Amsterdam, che avevano favorito l’impennata dei prezzi un anno fa, sono notevolmente più basse rispetto allo scorso dicembre. Perché, dunque, l’inflazione non scende e neppure i prezzi del carrello della spesa (anche se si registra un’attenuazione della crescita)? Se lo chiedono gli opinionisti sui giornali, se lo chiede soprattutto chi quel carrello lo spinge fra le corsie del supermercato. 

Per spiegare cosa sta accadendo ai prezzi degli alimentari, Domenico Brisigotti – direttore generale di Coop Italia – parte da una distinzione di fondo: «Si sente spesso parlare di inflazione e di prezzi, mescolando i due dati. Sono due cose diverse: il prezzo può salire e scendere, mentre l’inflazione misura un periodo più ampio. In Europa venivamo da moltissimi anni di bassa inflazione, poi la pandemia da Covid ha comportato una crisi internazionale e, subito dopo, si è verificato il fenomeno classico della fase espansiva, positiva, del mercato e di ripresa economica». 

Effetto domino 

Se cresce la domanda, crescono i prezzi delle materie prime a livello internazionale: regola base dell’economia. Così è stato, con i primi rincari dei listini di beni alimentari a fine del 2021 quando, dopo due anni di Covid, tutto sembrava ripartire ed era forte la voglia di tornare a vivere come prima. Lo scoppio del conflitto in Ucraina, la mancanza di materie prime, come grano e olio di semi di cui l’Ucraina è fra i maggiori produttori mondiali, e la decisione di non acquistare più il gas russo hanno fatto il resto. 

In Italia l’effetto domino è stato più forte che altrove perché, oltre a essere un Paese importatore di numerose materie prime, siamo anche un grande trasformatore alimentare. «L’impennata dei costi dell’energia, a partire dal gas, condiziona tutte le trasformazioni industriali – spiega Brisigotti -. Gli aumenti che ne sono derivati sono diventati evidenti per i consumatori nella primavera del 2022, con un ritardo di sei-sette mesi dall’aumento dei costi delle materie prime, e sono proseguiti fino ad oggi. Come Coop abbiamo continuato a ricevere dalle aziende listini in crescita fino a poche settimane fa. Storicamente i prezzi delle merci alimentari variavano una volta l’anno e in maniera molto contenuta; nel corso del 2022 invece molte industrie ci hanno presentato 4-5 listini al rialzo nello stesso anno».

Palla ai consumatori

Se in questi mesi abbiamo scontato il ritardo che abitualmente sta dietro alla filiera che porta la materia prima dal campo al supermercato, attraverso le numerose trasformazioni che un cibo può subire, confezionamento compreso, la speranza è che dalla seconda parte dell’anno si possano cominciare a vedere i benefici dei cali che stanno avvenendo sul fronte delle materie prime e dell’energia.

Ci sono però delle perplessità. «Da parte dell’industria alimentare, sulla quale stiamo facendo pressioni come ci richiede il nostro mestiere per proporre a soci e clienti prezzi più vantaggiosi, stiamo ottenendo risposte differenti – precisa Brisigotti -. Questo significa che alcune aziende mostreranno una discesa o comunque un rientro, anche se parziale, delle quotazioni. Altre no, manterranno prezzi alti, preferendo piuttosto correre il rischio di perdere volumi di vendita». 

La palla passa dunque ai consumatori. Se in un primo tempo, nonostante la crescita dei prezzi, non c’è stata una riduzione negli acquisti, la situazione appare diversa al momento. «Oggi ci sono segnali forti, non solo di riduzione complessiva dei volumi, ma di spostamento verso prodotti più convenienti – prosegue Brisigotti -. La crescita di quelli a marchio Coop certamente dipende dalla loro qualità, ma sono i prezzi, più vantaggiosi rispetto a quelli di altre marche, a renderli ancora più appetibili dalle famiglie, che in questo modo tutelano i propri bilanci. I soci Coop hanno la possibilità di allargare ad ampio raggio il paniere di spesa con un risparmio medio che va dal 25 al 30%, a seconda delle famiglie merceologiche. Le persone faranno i loro calcoli e le loro scelte, di fronte a prezzi così diversi. Continueranno a esserci alcuni acquisti d’impulso (rimane certamente il dualismo fra impulsività e razionalità), ma si capisce chiaramente che la gente è stata pesantemente colpita dall’ondata inflattiva e quindi il prezzo è al centro delle valutazioni nel momento della spesa molto più di quanto accadeva due anni fa».

Chi scende e chi sale

Carni: mentre il comparto avicolo sta mostrando una diminuzione delle quotazioni, i bovini e soprattutto i suini stanno ancora mostrando una crescita dei prezzi elevata, che dipende dall’andamento del mercato internazionale, dove si registra una forte domanda.

Cereali: dopo una fortissima crescita nel 2022, i prezzi stanno mostrando ora una consistente diminuzione, in particolare per la semola. 

Frutta e verdura: a differenza di altre materie prime che hanno quotazioni internazionali legate a dinamiche macroeconomiche, il settore ortofrutticolo è legato alle stagioni e a come vanno le campagne di raccolta, oltre che a situazioni congiunturali e locali. Difficile quindi fare previsioni. 

Igiene personale e della casa: i grandi gruppi internazionali hanno mostrato un’inflazione elevatissima, che a volte è stata poco evidenziata, perché non è avvenuta alzando il prezzo al solito prodotto, ma proponendo prodotti apparentemente diversi (ad esempio per il numero di lavaggi, o cambiando il formato) con un costo più alto a singolo lavaggio. 

Latte e formaggi: il settore lattiero-caseario è in forte flessione. Salita e discesa sono frequenti in questo comparto: ora c’è una fase di discesa della domanda, che comporterà un calo dei prezzi prima di tutti gli altri settori. Ma non per il latte di pecora e i suoi derivati: il mancato ricambio generazionale nella pastorizia e l’accaparramento da parte dei produttori di Pecorino Romano, sempre più richiesto negli Stati Uniti, faranno salire ancora i prezzi.

Olio: quello d’oliva è in fortissima crescita dal punto di vista dei prezzi. Non solo italiano, ma anche europeo in generale e in particolare quello della Spagna, che ne è il maggior produttore. Le quotazioni degli oli di semi, dopo il picco del 2022, si stanno stabilizzando e un’eventuale discesa dipenderà da quanto accadrà sul mercato internazionale. Il conflitto in Ucraina è ancora un elemento condizionante. 

Pesce surgelato: lo sfruttamento eccessivo del mare porta una progressiva riduzione delle quantità di pesce pescato e un aumento dei costi per scarsità di materia prima.

Riso: per le risaie italiane, collocate nel nord ovest, si prevede una produzione in calo per mancanza di piogge e prezzi in rialzo.

Zucchero e cacao: non diminuiranno. Il caffè aveva iniziato a calare pochi mesi fa, ma sta già registrando una ripresa dei prezzi. La crisi climatica a livello globale sta mettendo in difficoltà il mondo agricolo e condiziona pesantemente l’andamento dei prezzi.

In Europa

A marzo 2023 Eurostat registrava un tasso tendenziale, ovvero quello su base annua, dell’inflazione all’8,3% (6,9% area euro). In cima alla classifica dei rincari Ungheria (+25,6%), Lettonia (+17,2%) e Repubblica Ceca (+16,5%). I minori aumenti nei Paesi Bassi (4,5%), Spagna (3,1%) e in Lussemburgo (2,9%). In Italia si assestava all’8,1%. Ovunque a trainare i prezzi verso l’alto sono gli alimentari (fonte Openpolis).

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