Trama
Questa storia inizia durante l’estate del 1949, un anno dopo la guerra che i palestinesi chiamano Nakba, la catastrofe che ebbe come conseguenza l’esodo e all’espulsione di oltre 700.000 persone e che gli israeliani celebrano come la Guerra d’indipendenza. Alcuni soldati israeliani attaccano un gruppo di beduini nel deserto del Negev, uccidendo tutti tranne un’adolescente. La ragazza viene catturata, stuprata, uccisa e sepolta nella sabbia.
Molti anni dopo, ai giorni nostri, una donna di Ramallah prova a decifrare alcuni dettagli attorno a quell’omicidio. È colpita da quel delitto a tal punto da farne un’ossessione, non solo a causa dell’efferatezza del crimine, ma perché è stato commesso esattamente venticinque anni prima il giorno in cui è nata.
La citazione degna di nota
Così, da quando mi sono imbattuta in questo incidente, ogni giorno cerco di convincermi che dovrei lasciar perdere, per non rischiare di fare nulla di avventato. La data in cui si è verificato non può essere più di una semplice coincidenza. Come se non bastasse, a volte è necessario dimenticare il passato, soprattutto se il presente è altrettanto orribile.
Non vincerà il cannone, ma l’uomo.
Le nostre riflessioni
Tutto il gruppo è rimasto molto colpito dall’intensità di questo libro, così breve ma incredibilmente denso. La struttura già ne sottolinea le intenzioni: due parti, due stili diversi, due protagonisti, due storie lontane dal tempo ma inevitabilmente unite.
La prima parte è composta da frasi brevi e ossessive, tanti paragrafi e sottoparagrafi che sembrano sottolineare lo stato d’animo del soldato israeliano, la maniacalità delle ripetizioni dei suoi gesti; per alcune lettrici il modo in cui il plotone disprezza la ragazza prigioniera – tanto da pulirla prima di abusare di lei – ricorda la brutalità nazista. Al contrario la seconda parte ha periodi lunghissimi, sembra un unico flusso di coscienza di questa protagonista che racconta quasi con freddezza la sua quotidianità. Leggendo capiamo che non è distacco, ma la paura del vivere in quella normalità: l’occupazione, i posti di blocco, i documenti falsi, le tre zone della città, l’assurdità delle regole di una vera e propria prigione a cielo aperto. Dalle parole della ragazza si ha una lucida quanto crudele descrizione di quella realtà.
Più si va avanti con la lettura più si capisce che, per quanto siano lontane nel tempo, le due storie sembrano quasi andare in parallelo: è subito evidente, infatti, l’ossessione dei due protagonisti, la ripetizione dei loro comportamenti, entrambi mossi dalla stessa paura del nemico, entrambi con i sensi stimolati dagli odori e i suoni che li circondano negli stessi paesaggi che, per motivi differenti, per entrambi risultano estranei. Altrettanto d’impatto la scelta di lasciare i personaggi senza nome e senza volto, come a sottolineare che non si sta parlando solo di due persone, ma che siano il simbolo di due popoli.
Per tutte le lettrici Un dettaglio minore è un libro da cui traspare una forte emozione su tutte: l’angoscia. E Adania Shibli la descrive perfettamente, la fa provare al lettore e lo tiene attaccato alle pagine perché vuole leggerne ogni parola
Lo consigliamo a...
A tutti, andrebbe letto alle scuole superiori.
Le parole chiave del libro
Ossessione
ansia
guerra
acqua
umanità
angoscia