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Nella quiete del tempo

Nella quiete del tempo

Autore Olga Tokarczuk

Casa editrice Bompiani, 2020 (pubblicato la prima volta nel 1996)

Pagine 320

La valutazione del Circolo

Che emozione ci ha lasciato il libro?

In collaborazione con Circolo di lettura sezione soci Coop Firenze Sud-Ovest

I Circoli di lettura sono una comunità di lettori che si ritrovano, una volta al mese, per scambiarsi opinioni e sensazioni su un libro la cui lettura, individuale, è stata decisa di comune accordo.

Trama

Nella quiete del tempo è un romanzo scritto nel 1996 e tradotto di recente in italiano, in seguito alla premiazione dell’autrice, Premio Nobel per la Letteratura nel 2018. Le vite dei personaggi di questo romanzo si svolgono in un villaggio immaginario e in un tempo dilatato che va dalla Prima Guerra Mondiale agli anni Ottanta, sono vite semplici, di donne, di uomini, di bambini e di ragazzi, prive di avvenimenti importanti, ma cariche di sentimento e di pathos, dove l’ambiente che li accoglie, la natura, gioca un ruolo importante.

Le storie delle famiglie hanno il sapore delle saghe, e pur essendo raccontate come episodi a sé stanti, hanno un filo conduttore rintracciabile nella presenza di una realtà sovrumana, che guida le vite degli uomini e delle donne.

C’è Dio in queste storie, ci sono i sentimenti primordiali, i momenti salienti della vita, il parto, la nascita, i rituali legati al cibo, la malattia, la disabilità, la morte, la passione, l’amore, i sentimenti familiari. Tutto è presentato come uno spirito universale, fuori dal tempo.

I personaggi femminili, Spighetta, Genowefa, Misia, sono madri prima di tutto, con il potere quasi sovrumano della Madre, un potere che le lega alla Natura e a Dio. O streghe, con la magia che le caratterizza.

Gli uomini, Pawel, Michal, il castellano Popielski sono anch’essi visti nella loro natura delle origini, procacciatori di cibo, affaticati dal lavoro, e nelle vesti di chi offre il seme della vita; oppure con una mente razionale che li porta ad astrarsi dalla realtà come il castellano, che sembra ricostruire la vita come se fosse un gioco.

Molto particolare questo romanzo, in cui l’immaginazione ha le sue basi nella natura, nella Terra, nelle origini primordiali della vita, prima che nella Storia.

Una particolarità che ha fatto scrivere di lei: “Olga Tokarczuk ci ricorda a cosa serve la letteratura: a farci entrare in un mondo immaginario del tutto estraneo e infinitamente familiare al tempo stesso” (The Prague Post)

La citazione degna di nota

La citazione sul Tempo, grande protagonista del libro:

E’ strano come Dio, che è senza tempo, si manifesti nel tempo e nei suoi cambiamenti. Se non si sa dove sia Dio, […] occorre rivolgere lo sguardo a tutto ciò che si modifica e si muove, che non trova posto all’interno di una forma, che fluttua e si dilegua: la superficie del mare, le danze della corona solare, i terremoti, la deriva dei continenti, lo scioglimento delle nevi e gli spostamenti dei ghiacciai, i fiumi che scorrono verso il mare, la germinazione dei semi, il vento che scolpisce le montagne, lo sviluppo del feto nel grembo materno, le rughe attorno agli occhi, la decomposizione del corpo nella tomba, l’invecchiamento del vino, i funghi che spuntano dopo la pioggia

I primi giorni di vita di Izydor, figlio di Genowefa e Michal, fratello minore di Misia:

Anche allattato al seno, Izydor continuava a piangere. Genowefa passava intere notti camminando avanti e indietro per la cucina o per la camera con il figlio in braccio. Provava anche a coricarsi ignorandone il pianto, ma in quel caso era Michal ad alzarsi: piano piano per non disturbare il sonno di Misia, avvolgeva il piccolo in una coperta e lo portava fuori, sotto il cielo stellato: andava sulla Collina dei Maggiolini o sulla strada maestra, in direzione del bosco. Il dondolio e l’odore dei pini calmavano il bambino.

Le nostre riflessioni

Le pagine cariche di poesia e di spunti di riflessione filosofica non si contano e rendono questo romanzo originalissimo.

I partecipanti al circolo hanno reagito in modo ambivalente alla lettura del libro: alcuni lo hanno molto apprezzato, chiedendo di poter leggere anche altre opere della stessa autrice; altri hanno sottolineato che, pur riconoscendo il valore del libro, non sembrava loro all’altezza di un premio Nobel per la Letteratura e sono rimasti un po’ delusi.

Tutti sono stati concordi nell’affermare che la lettura ha richiesto impegno, e che è stato necessario soffermarsi a lungo su tanti passaggi filosofici. Un libro da rileggere per poter approfondire tutti gli aspetti.

I personaggi del libro sono comunque riusciti ad attirare l’attenzione dei lettori e tutti i partecipanti hanno avuto osservazioni su ognuno dei protagonisti. Molte le analogie con libri già letti: ad alcuni ha ricordato il realismo magico della letteratura sudamericana, ad altri la Trilogia della città di K. di Agota Kristof.

Il fulcro di questo romanzo è stato riassunto in due parole: dolore e tempo, intrinsecamente legati. Pur essendoci tanta vita, è stato percepito un profondo senso del dolore, l’assenza di un Dio misericordioso, un Dio che pare aver rinchiuso l’umanità in una scatola. La presenza costante di una religiosità di tipo animista e di una profonda spiritualità degli esseri viventi non offre però una chiave di svolta al dolore e quindi nessun conforto. E’ stata sottolineata e apprezzata la dignità di ogni essere vivente, perfino degli animali: una pagina memorabile sul cane è un esempio di letteratura di altissimo livello.

Tante le chiavi di lettura, molto complesse, espresse in una lingua che è capace di creare un mondo sul quale la Storia passa come un colpo di vento e ripete alcune dimensioni che creano dei confini dentro i quali solo è possibile vivere, perché oltre non c’è che Male e quindi nessuna salvezza.