Trama
La storia è ambientata in Nigeria, negli stessi luoghi in cui ha vissuto l’autrice e nel periodo in cui si sono verificati gli episodi cruenti legati alla guerra civile e alla lotta per l’indipendenza e il riconoscimento della Repubblica del Biafra, che tanta eco hanno avuto a livello internazionale.
La vicenda narrata è quella della famiglia di Kambili, adolescente nigeriana che, con il fratello e i genitori, vive in maniera agiata e senza problemi economici, ma con un pesantissimo carico di repressione e coercizione, sia psicologica che fisica. Infatti, il padre Eugene, benefattore e autorità locale stimata e indiscussa, porta radicata dentro di sé la dottrina dell’intolleranza religiosa, veicolata dai missionari cattolici, e riversata senza esitazioni su moglie e figli, che diventano oggetto succube del suo fanatismo religioso, che assume rilievi per noi patologici.
La possibilità di vivere un certo periodo con zia Ifeoma e la sua famiglia, porta Kambili e il fratello Jaja a scoprire un mondo diverso, fatto di indipendenza, amore e libertà, al quale la protagonista si avvicinerà con esitazione, timore, ma anche con tanta curiosità e passione. L’ibisco viola è il simbolo di questa nuova vita, nato per ibridazione, attecchito con difficoltà, ma ben radicato. Il suo colore è un simbolo di passione, che dona forza.
La citazione degna di nota
“Amaka e Papa-Nnukwu a volte parlavano, e le loro voci basse si intrecciavano. Si capivano usando pochissime parole. Guardandoli, sentii il desiderio struggente di qualcosa che sapevo che non avrei mai avuto” (pag. 151)
“Avevo la sensazione che quello fosse il mio vero posto, il posto dove avrei dovuto trovarmi da un pezzo” (pag. 164)
“…dentro di me c’erano dei frammenti dolorosamente sparpagliati, che non avrei mai potuto rimettere in ordine perché i posti dove andavano non c’erano più” (pag. 261)
“Certe persone pensano che noi non possiamo autogovernarci perché le rare volte che ci abbiamo provato abbiamo fallito, come se tutti quelli che oggi si autogovernano ci fossero riusciti la prima volta” (pag. 270)
Le nostre riflessioni
Il gruppo di lettura ha ritenuto molto coinvolgente il libro della Adichie, che ha contribuito per molte ad aprire un mondo, uno spaccato sulla vita nigeriana, al di là dei pregiudizi e delle idee scontate sull’Africa, anche se l’autrice non ha un intento documentario.
La storia narrata è senza dubbio avvincente e corre in parallelo con le vicende storiche degli anni Sessanta, dando uno spazio consistente alle conseguenze dell’inserzione forzata del cattolicesimo in Nigeria, in epoca post-colonialista. L’autrice traccia il carattere dei personaggi con una scrittura semplice e allo stesso tempo efficace – anche attraverso l’inserimento di termini idiomatici – suscitando empatia nel lettore, che inorridisce per l’amore morboso e malato del padre, mentre si intenerisce per la dolcezza e lo spaesamento di Kambili.
Anche la famiglia della zia Ifeoma assurge al rango di protagonista del libro, con tutto il suo carico di solidità, onestà intellettuale e ragionevolezza, come pure la figura del padre paterno, che diviene vittima simbolica per eccellenza del colonialismo rapace e livellante. In generale si riconosce che il libro esprime una grande energia e che uno dei suoi punti di forza è l’aver rappresentato un buon numero di personaggi, ben delineati e ben diversificati tra loro.
Lo consigliamo a...
A tutti, in particolar modo a chi vuol farsi un’idea più approfondita della complessità del continente africano.
Le parole chiave del libro
Pagano
tradizionalista
cattolicesimo
desiderio
paura
autogoverno