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La Russia di Putin

La Russia di Putin

Autore Anna Politkovskaja

Casa editrice Adelphi, 2022 (Edizione originale in inglese, 2004)

Pagine 384

La valutazione del Circolo

Che emozione ci ha lasciato il libro?

In collaborazione con Circolo di lettura sezione soci Coop Firenze Sud-Ovest

I Circoli di lettura sono una comunità di lettori che si ritrovano, una volta al mese, per scambiarsi opinioni e sensazioni su un libro la cui lettura, individuale, è stata decisa di comune accordo.

Trama

La lettura del libro della giornalista uccisa nel 2006 a Mosca, suscita una grande commozione alla luce dei fatti attuali. Oggi, nel pieno dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin, leggendo queste pagine si ha la netta percezione che la guerra attuale è solo il proseguimento di una politica di sopruso, di censura, di dominazione, e pertanto non offre speranza per il futuro.

La Russia di Putin non è un libro complesso, come si potrebbe credere. È al contrario molto semplice, perché dietro la prepotenza di tutti i fatti narrati non sembra esserci altro che la pura volontà di imporre un potere assurdo che non porta da nessuna parte.

A partire dai racconti della prima parte che riguardano il potere dell’esercito e della Polizia, o almeno di una parte di questi, non sembrano esserci altri elementi che la semplice brutalità dei più forti sui più deboli, degli ufficiali che annoiati e ubriachi torturano i soldati semplici senza un motivo. Le “madri russe” che partono alla ricerca dei figli scomparsi dopo essere state fiere del fatto che i figli erano stati arruolati nell’esercito, trovano situazioni di caserme disastrate in posti remoti dove tutto è immobile: ma il vuoto totale di valori si traduce in violenza.

Una parte consistente del libro è volta a illustrare i meccanismi falsi del sistema giudiziario. Le vittime di violenza non ricevono giustizia, i processi sono delle farse, le figure preposte a dare un’opinione super partes, come dovrebbero essere i medici, gli psichiatri, sono anch’essi asserviti al regime, a testimonianza di un sistema costruito sulla menzogna e sulla prepotenza.

Dal punto di vista della politica internazionale sono naturalmente i soldi, e i ricchi giacimenti di petrolio e di gas, a spingere Putin a guerre terribili come la prima e la seconda guerra in Cecenia, a cui ha fatto seguito lo straziante massacro di Beslan in Ossezia del Nord, solo apparentemente di responsabilità cecena, o la strage del teatro Dubrovka.

Anna Politkovskaja descrive con chiarezza e con un linguaggio semplice e piano alcuni dei fatti più gravi e sanguinosi degli anni intorno al nuovo millennio, ripercorrendo alcuni aspetti e comportamenti che hanno nella storia le sue cause (il KGB e il suo potere ad esempio) e lasciando nel lettore un profondo senso di angoscia e tanti interrogativi a cui non verrà mai data risposta. Il lettore termina la lettura con la sensazione angosciante di un futuro oscuro.

Le nostre riflessioni

I lettori del Circolo di Ponte a Greve hanno definito profetico questo libro, scritto in modo schietto, così tanto da arrivare diretto al cuore. Qualcuno dei partecipanti ha ricordato che la giornalista veniva chiamata “fotoreporter” perché riusciva a creare con la scrittura delle immagini talmente chiare da sembrare delle fotografie. Si è discusso della propaganda, dell’informazione e dello stato di miseria in cui versava il popolo russo negli anni Novanta.

Tutti si sono detti molto soddisfatti di averlo letto, qualcuno invece ha preferito ascoltare, perché non ha retto emotivamente la trasposizione scritta della prepotenza, del dolore, della violenza. Molti si sono rammaricati di non averlo letto prima.

Il dibattito nel Circolo, dal libro è passato alla politica, alla complessità della situazione, ai rapporti fra Russia e Occidente, alle nostre responsabilità di occidentali, senza dimenticare la tragedia in atto dell’Ucraina. Le domande senza risposta sono state innumerevoli, ma è stata riconosciuta la grande fortuna di poter parlare fra noi, per affrontare questo momento difficile e per potersi dire fortunati di vivere in una democrazia.