
Trama
Come si fa a essere felici di avere una figlia femmina a Teheran? Tuttavia un papà stringe al petto la piccola Pegah e le promette che farà di ogni luogo del mondo una casa accogliente per lei perché la sua bambina dovrà essere una bambina felice.
Purtroppo è impossibile in un paese che non rispetta la libertà di donne e ragazze. Per questo, la famiglia decide di trasferirsi in Italia. Pegah però non vuole, non può separarsi dall’amata cugina Setareh. Eppure, è proprio in Italia che, grazie alle storie della sua famiglia e di Setareh, con la quale non ha mai smesso di parlare, inizierà a conoscere meglio la sua patria perduta.
Ma la vita in Iran per le donne diventa di giorno in giorno più pericolosa e quando Pegah perde le tracce di Setareh capisce che deve mettersi in viaggio e andare a cercarla…

Le nostre riflessioni
Il Circolo è rimasto piacevolmente colpito dal romanzo di stampo autobiografico di Pegah Moshir Pour, attivista iraniana.
La notte sopra Teheran ricorda un diario di viaggio ed è allo stesso tempo un resoconto giornalistico. L’autrice conduce il lettore attraverso le pagine più dolorose ma necessarie della sua storia quando insieme alla famiglia si ritrova costretta a lasciare l’Iran perché le libertà stanno cadendo a una a una più e i genitori non tollerano più di vivere a quelle condizioni. Pegah viene quindi catapultata a Potenza, in Basilicata, dove stenta non poco ad ambientarsi. Del resto non è un momento felice per giungere in Italia da un paese arabo, non manca molto all’11 settembre 2001, c’è già molta tensione nell’aria e l’islamofobia dilaga.
Nonostante il dolore del distacco, la fortissima nostalgia di casa e la difficoltà di comprendere un mondo di fatto nuovo ed estraneo, alla fine l’autrice riesce in tutto ciò che in Iran le sarebbe stato precluso: prendere la patente e guidare un’auto da sola, costruirsi un’autonomia e vivere spensieratamente. Riesce, quindi, a sentirsi accolta senza però rinnegare le proprie origini né guardarsi indietro con astio.
Questa è la parte che il circolo ha apprezzato di più, il racconto sincero e accorato della rinuncia ma anche l’amore profondo e irriducibile per il proprio paese. Il lettore non percepisce mai odio tra le
righe del romanzo, bensì comprensione, e il tentativo di valorizzare gli aspetti positivi dell’Iran, a cominciare dalla validissima educazione scolastica.
Pegah torna in patria perché avverte molto forte la necessità di ritrovare l’amata cugina e anche un po’ se stessa. Il personaggio della cugina, infatti, è immaginario ma non per questo meno reale: in esso l’autrice racchiude tutte le donne iraniane che lottano ogni giorno per la loro indipendenza, è il simbolo di quella battaglia portata avanti da una parte della cittadinanza che sceglie di non smettere di lottare, a costo di grandi sacrifici e spesso della vita.
È un romanzo piacevole, drammatico e mai giudicante, perciò adatto a un pubblico ampio. Attraverso una scrittura fresca e immediata, nonostante la tragicità della storia, Pegah Moshir Pour riesce a toccare in modo preciso i limiti della nostra società occidentale, a metterci di fronte ai nostri stessi pregiudizi verso lo straniero.
Il tema delle donne è molto caro all’autrice, da anni attivista impegnata nella difesa dei diritti umani. Attraverso i suoi resoconti apprendiamo che le donne iraniane sono quasi tutte coltissime perché di fatto non possono fare altro: l’Iran vanta il più alto tasso di laureate al mondo! Una donna iraniana non può guidare una macchina da sola – non può di fatto essere quasi mai sola. Prima di arrivare in Italia Pegah racconta il passaggio dall’Afghanistan, la prima cosa che l’aveva affascinata delle donne afgane è che loro sembravano così libere in confronto…
Ciò che questo libro ha suscitato nel circolo è uno straordinario messaggio di speranza: la rivoluzione comincia dalle donne e dai giovani e per il suo paese si intuisce un grande cambiamento all’orizzonte.

Lo consigliamo a...
A chi ha voglia di mettersi in viaggio alla scoperta di un mondo che ci riguarda più da vicino di quanto crediamo.

Le parole chiave del libro
Iran
diritti umani
attivismo
memoir