
Trama
Un padre, e un figlio in ospedale, l’uno specchio della sofferenza dell’altro, alla pari. Una madre e una figlia, il cibo come rifugio del dolore, il trauma della scoperta di un segreto inimmaginabile. Un altro padre, un’altra figlia che attraverso le ferite che si provoca esprime quello che le parole non possono. E ancora la pandemia che ha dimenticato i giovani, la malattia psichiatrica che lascia figli e genitori spiazzati di fronte alla vita.
Queste le storie, dolorosissime, che si intrecciano fra i ragazzi ricoverati e fra i genitori, che trovano l’uno nell’altro un confronto, un conforto, una famiglia alternativa.
L’anoressia, la bulimia, le ferite sul corpo, la depressione e la malattia psichica: di questo e di altro tratta questo libro profondo e delicato, che pone sempre al centro la relazione fra individui, di età diversa ma tutti con la stessa sensazione di sentirsi indifesi di fronte sfide della vita. Delle sfide verso le quali i genitori e le famiglie si ritrovano ad essere piu’ fragili dei figli, dei giovani stessi che hanno trovato uno sfogo alla sofferenza.

La citazione degna di nota
[…] La vita è una gara di resistenza alle deformazioni e agli urti.
Non tutti vi reagiscono allo stesso modo.[…] Ognuno di noi è un impasto unico, […] e ha a che fare principalmente con la propria storia, con il periodo in cui vive, con la maniera in cui si
riesce ad adattarsi oppure a ribellarsi allo sguardo degli altri. L’umano è un materiale che muta le caratteristiche meccaniche nel tempo, attraverso crepe e fenditure spesso difficili da scorgere, a volte addirittura sotterranee. Per vederle servono occhi attenti, desiderio di conoscere, capacità di mettersi in discussione e nessuna soluzione pronto uso.

Le nostre riflessioni
Non può lasciare indifferenti il libro di Bussola, perché, come la neve sotto il mare, è inimmaginabile scoprire che la profondità del dolore di un figlio possa raggiungere tale abisso.
La lettura, non banale, ha lasciato tracce importanti nei lettori, ha posto tanti interrogativi ai quali i partecipanti al circolo hanno cercato di dare risposta, oppure semplicemente hanno posto all’attenzione di tutti, con garbo e delicatezza. Come le questioni educative, le famiglie di una volta e quelle di oggi, i valori e le aspettative nei confronti dei figli.
Soprattutto di aspettative si è discusso, di quanto le aspettative dei genitori (e della società) arrivino a schiacciare la serenità dei figli, a farli sentire inadeguati, a ritirarsi, a non parlare più, a rinchiudersi in stanze di solitudine e dolore.
Tommy aveva smesso di mangiare da molto tempo prima che i suoi genitori se ne accorgessero. E quel corpo ridotto all’osso è la misura della sua protesta e della sua rinuncia nei confronti di ogni sfida. Marika che si taglia le braccia vuole “sentire” il suo corpo così, vuole sentirsi, far vedere che esiste, esiste in quel suo dolore, in quelle sue ferite. E la ragazza obesa, che dietro al bing eating nasconde la violenza ad opera di un familiare.
E altre storie in cui anche i genitori sono protagonisti con le loro caratteristiche: Franco è il tipo di genitore a cui ci si sente di essere più vicini. Più tradizionale, incredulo, riesce a tirare fuori un’umanità che non si sarebbe mai detto. la fragilità degli adulti colpisce nel profondo. Adulti che piangono, che si rimettono in discussione, che cercano ragioni e cause ma che infine provano solo ad accettare che così è, e bisogna andare avanti.
la diversità, accettare la realtà, rassegnarsi anche alla mancanza di una causa, di un’origine di tutta questa sofferenza. Si tratta di famiglie attentissime ai figli, ma con caratteristiche di genitori iperprotettivi, spesso individualisti. Egoisti tanto quanto i figli che vedono come completamento di se stessi.
La fine del romanzo/documento vuole aprire un varco: niente è risolto, ma i piccoli segnali devono essere vissuti come grandi progressi e come motivo di speranza.