Il cuore è il motore della nostra vita. Batte incessantemente, senza sosta, pompando sangue e ossigeno a ogni cellula del corpo. Ma anche il cuore, come ogni macchina complessa, può andare incontro a “guasti”. Uno dei più temibili è la malattia coronarica, conosciuta anche come cardiopatia ischemica: una patologia silenziosa e subdola, che può colpire all’improvviso e cambiare per sempre la vita di una persona.
Nonostante i progressi della medicina, le malattie cardiovascolari rappresentano ancora la prima causa di morte in Italia (e in molti Paesi del mondo industrializzato), e causano oltre il 45-50% di tutte le morti. La sola cardiopatia ischemica è responsabile del 35% dei decessi cardiovascolari. Ogni anno si stimano tra 70.000 e 80.000 morti dovute a infarto, angina o morte cardiaca improvvisa.
Eppure, prevenire e curare questa malattia è possibile. Serve consapevolezza, attenzione ai segnali del corpo, e uno stile di vita sano.
Che cos’è la cardiopatia ischemica?
La cardiopatia ischemica è una condizione patologica nella quale il flusso di sangue verso il muscolo cardiaco (miocardio) si riduce in modo critico a causa di un’ostruzione parziale o totale delle arterie coronarie (i primi rami dell’aorta responsabili – appunto – della perfusione del cuore stesso).
Il risultato è una carenza di ossigeno e nutrienti che, se protratta, può causare danni al tessuto cardiaco. Tale carenza prende il nome di ischemia, e può manifestarsi in diverse forme. Se è transitoria, si parla di angina pectoris, un dolore al petto che compare spesso sotto sforzo e regredisce con il riposo. Se invece l’ischemia è prolungata, può portare alla morte di cellule del tessuto muscolare cardiaco: è quello che accade nell’infarto miocardico acuto, un’emergenza medica da trattare con la massima urgenza. In casi estremi, può verificarsi arresto cardiaco improvviso, spesso causato da una fibrillazione ventricolare. In queste situazioni, senza un intervento tempestivo, la sopravvivenza è molto difficile.

I sintomi: non solo dolore al petto
Il sintomo più noto della cardiopatia ischemica è il dolore toracico, generalmente centrale a livello dello sterno: oppressivo, costrittivo, simile a una morsa. Può irradiarsi al braccio sinistro, alla mandibola, al dorso o all’addome.
Tuttavia, i sintomi non sono sempre classici. In alcune persone – soprattutto donne, anziani e pazienti diabetici – la malattia può manifestarsi in maniera atipica, con affaticamento improvviso, sudorazione, nausea, mancanza di respiro o vertigini.
Alcuni infarti sono addirittura “silenti”, cioè privi di sintomi evidenti, e vengono scoperti solo con controlli strumentali. Per questo è essenziale non sottovalutare alcun segnale, e mantenere alta l’attenzione, soprattutto in presenza di fattori di rischio (v. sotto).
L’aterosclerosi: il nemico invisibile
Alla base della cardiopatia ischemica c’è quasi sempre l’aterosclerosi: una patologia cronica in cui le pareti delle arterie si induriscono e si ispessiscono a causa della formazione di placche di colesterolo, cellule infiammatorie e tessuto fibroso. Quando una placca si rompe, può innescare la formazione di un trombo che blocca completamente il vaso, provocando l’infarto.
La gravità della riduzione del flusso dipende dalla percentuale di stenosi: quando supera il 70% del diametro del vaso si parla di stenosi “critica”, ad alto rischio di complicanze. Ma anche ostruzioni meno marcate possono essere pericolose, soprattutto se associate a instabilità della placca.
I fattori di rischio di aterosclerosi: cosa possiamo controllare
Esistono fattori di rischio non modificabili, come:
- Età (uomini >45 anni, donne >50)
- Sesso maschile
- Storia familiare di malattie cardiache precoci.
Ma i più importanti sono quelli su cui possiamo intervenire (fattori di rischio modificabili):
- Fumo di sigaretta
- Ipertensione arteriosa (pressione arteriosa >140/90 mmHg)
- Colesterolo alto (LDL > 115, HDL < 35 mg/dl)
- Diabete mellito
- Obesità e sedentarietà
- Dieta ricca di grassi saturi e povera di frutta e verdura
- Stress cronico, depressione, ansia
- Consumo eccessivo di alcol.
La presenza di più fattori contemporaneamente aumenta notevolmente il rischio. Per questo, la prevenzione cardiovascolare deve essere completa, personalizzata e continuativa.

Diagnosi e trattamento: cosa può fare la medicina moderna
In presenza di sintomi o fattori di rischio, il medico può prescrivere esami di vario livello e con crescenti sensibilità e specificità come ECG, ecocardiogramma, test da sforzo, TAC coronarica e, in caso di necessità, coronarografia, che consente di visualizzare direttamente le arterie coronarie in modo invasivo.
Se si scopre un’ostruzione critica, oggi è possibile intervenire tempestivamente con l’angioplastica coronarica (PTCA), una tecnica salvavita che prevede l’inserimento di uno stent per riaprire l’arteria.
La gestione farmacologica include antiaggreganti (il più noto: aspirina a basso dosaggio), statine, beta-bloccanti e ACE-inibitori, che riducono nettamente il rischio di recidive. Ogni terapia deve essere personalizzata. In molti casi, l’approccio integrato permette ai pazienti di tornare a una vita attiva e soddisfacente.

Prevenzione primaria: cosa fare nella vita quotidiana
La prevenzione primaria è diretta a ridurre il rischio di eventi cardiovascolari nella popolazione ancora sana, e in questo lo stile di vita ha importanza preminente. Uno stile di vita sano non si costruisce in un giorno ma attraverso piccoli gesti che devono diventare abitudini.
Un’alimentazione bilanciata, basata sulla dieta mediterranea, ricca di frutta, verdura, cereali integrali, pesce e olio extravergine di oliva, aiuta a mantenere le arterie pulite ed elastiche. Ridurre il consumo di carne rossa, cibi ultra-processati e zuccheri raffinati è altrettanto importante.
Anche l’attività fisica gioca un ruolo chiave: non servono allenamenti da atleta, basta camminare a passo sostenuto almeno 30 minuti al giorno per ottenere benefici misurabili sulla pressione, sul metabolismo e sull’umore.
Parlando di stress, ricordiamo che lo stress cronico, se non gestito, può avere effetti negativi sul cuore. Tecniche di rilassamento come respirazione profonda, meditazione o yoga, aiutano a mantenere la mente serena e il cuore più sano.
Prevenzione secondaria e aderenza terapeutica
La prevenzione secondaria consiste nell’insieme di misure terapeutiche dirette a ridurre il rischio di recidive in soggetti che hanno già avuto un evento coronarico (es.: infarto miocardico). Chi ha già una diagnosi di cardiopatia deve seguire scrupolosamente le indicazioni del medico, assumere i farmaci con regolarità e sottoporsi ai controlli periodici. L’aderenza terapeutica è di fondamentale importanza per evitare ricadute. In questo ambito, un ruolo centrale è svolto dalla riabilitazione cardiologica, che include esercizio fisico monitorato, educazione sanitaria e supporto psicologico. Questo approccio riduce il rischio di nuovi eventi e migliora la qualità della vita.
Investire sulla salute del cuore significa anche partecipare attivamente ai programmi di screening e informazione. Sempre più ospedali, associazioni e farmacie offrono controlli gratuiti della pressione, del colesterolo e della glicemia: semplici gesti che possono fare una grande differenza. Anche la tecnologia può aiutare: app per il monitoraggio dei parametri vitali, promemoria per l’assunzione dei farmaci, dispositivi indossabili che monitorizzano il movimento e aiutano a rafforzare la motivazione prendersi cura di sé in modo più costante e intuitivo.
Infine, è importante superare il timore o il senso di colpa spesso legato alle malattie del cuore. Chiedere aiuto, parlarne con il proprio medico, coinvolgere familiari e caregiver nei percorsi di cura e prevenzione non è un segno di debolezza, ma un atto di consapevolezza. Nessuno è solo nella sfida contro le malattie cardiovascolari: ogni passo avanti, anche piccolo, può contribuire a migliorare il benessere personale e collettivo.