Un tempo era più semplice eludere le domande “difficili” dei bambini sul sesso, i genitori potevano cavarsela con la classica risposta: «Sei ancora piccolo per queste cose», e rimandare la questione. Oggi la situazione è radicalmente mutata: il mondo si muove e i bambini con lui, in modo veloce, come racconta Rosanna Martin, responsabile del servizio di psicologia Ospedaliera del Meyer.
Come approcciarsi alle domande “scomode” fatte dai bambini?
Quando un bambino fa una domanda, dobbiamo sentircene onorati, porci in ascolto attento e comprendere da dove possa essere scaturita la curiosità. Essenziale partire dalle conoscenze del bambino: solo così ci si può allineare e stare allo stesso livello. Se i bambini si abituano a comunicare dubbi, pensieri o riflessioni al genitore che sentono aperto e disponibile, è possibile creare quel dialogo così auspicabile in tutte le età della vita, non ultima la più difficile: l’adolescenza. Se l’adulto è in difficoltà, impreparato o insicuro del proprio ruolo o con ansie proprie, e non risponde alle domande del bambino, ci saranno i coetanei e internet, pronti a fornire informazioni che rimarranno fuori dalla portata del rapporto genitori-figli.
Esistono parole “giuste” per rispondere?
Le domande nascono dall’esperienza. Quando un bambino di tre o quattro anni inizia a osservare il mondo con curiosità, potrà chiedere: «Mamma quella signora ha un pancione, cosa c’è dentro?». La domanda è una possibilità affascinante di conoscere i pensieri dei bambini, è bello poter chiedere subito: «Secondo te cosa potrebbe esserci?» e sperare che i pensieri si manifestino in tutta la loro fantasiosa irrealtà. Se pensiamo che una domanda possa permettere di chiarire subito come funziona la riproduzione e toglierci il pensiero una volta per tutte, sbagliamo. I bambini sono curiosi ma la loro attenzione viene velocemente catturata da altri argomenti e molte volte, quando stiamo cercando faticosamente di rispondere, scopriamo che la loro mente è già altrove. Quindi, è meglio attendere le domande, rispondere brevemente e non avere fretta di dire tutto sull’argomento, ma procedere a piccoli passi, in attesa della domanda successiva.
A che età ci dobbiamo aspettare le prime domande sul sesso?
Si può iniziare a parlare delle differenze fra il corpo maschile e femminile intorno ai tre anni, quando i bambini esplorano e si toccano l’apparato genitale, e possiamo rispondere alle domande sulla riproduzione, parlando di semino del babbo e dell’ovulo della mamma fin da subito, lasciando stare cicogne, fiori e altri simbolismi. Man mano che le loro esperienze con il mondo aumentano, torneranno a porre nuove domande e avremo modo di colmare lacune informative. Molte volte dobbiamo riformulare spiegazioni e ribadire concetti anche già detti, ma dimenticati.
E se siamo in difficoltà a rispondere?
I libri per i piccoli, ad esempio, sono un ottimo ausilio per dare concretezza alla parte verbale e astratta dei concetti e i bambini potranno riutilizzare proprio il libretto per “ripassare” e chiarire i concetti interiorizzati. Il genitore dovrebbe approcciarsi alle domande sulla sessualità con estrema serenità, riferendosi sempre al sentimento d’amore alla base dell’atto sessuale e procreativo; e se la domanda è improvvisa e ci coglie impreparati, perché non dire: «Amore, che domanda difficile mi hai fatto, vediamo un po’…». In fondo, la verità parte dal riconoscimento di quello che sentiamo e già questo è un ottimo insegnamento per il nostro bambino.