Artusi e la lingua italiana

Con questa prima "pillola linguistica" dedicata alla lingua della cucina dell'Artusi parte il nuovo blog dell'Informatore online realizzato in collaborazione con gli esperti dell'Accademia della Crusca nell'ambito del progetto "Dentro la Crusca, dentro l'italiano" dell'Associazione Amici dell'Accademia della Crusca

Accademia della Crusca
Accademia della Crusca
Un progetto dell'Associazione Amici dell'Accademia della Crusca, sostenuto da Unicoop Firenze, in collaborazione con gli esperti linguisti dell'Accademia fiorentina, per raccontare e far conoscere il patrimonio storico e culturale della Crusca e la sua attività.

«Dopo l’unità della patria mi sembrava logica conseguenza il pensare all’unità della lingua parlata, che pochi curano e molti osteggiano, forse per un falso amor proprio e forse anche per la lunga e inveterata consuetudine ai propri dialetti» ebbe a dire… Manzoni – direste di primo acchito – e invece no, l’autore di queste righe è Pellegrino Artusi, oggi definito, a ragione, il padre della cultura gastronomica italiana.

Al momento dell’Unità, è noto, l’Italia non aveva ancora un patrimonio culturale e linguistico sufficientemente condiviso. Allo stesso modo, non esisteva ancora un concetto unitario di cucina italiana, la cui lingua, fortemente legata alle tradizioni locali, risentiva (e risente anche oggi) – forse ancor di più di altri settori – di questa disomogeneità. Artusi fu il primo a riconoscere la necessità in Italia di una razionalizzazione del lessico del cibo, e in definitiva di una unità della lingua parlata, anche in cucina.

In effetti, almeno fino al 1891, anno in cui esce la prima edizione dell’opera che lo rese celebre in tutto il mondo, “La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene”, non esisteva un ricettario rivolto alle famiglie, e soprattutto non esisteva un libro di cucina comprensibile ai più. La soluzione che Artusi adotta, sulla scia delle scelte manzoniane, è scrivere il suo libro in fiorentino, nel suo tono più fresco e vivace; lui che era romagnolo di nascita, ma che a Firenze, città d’arte e madre della lingua italiana, aveva scelto di vivere.

Commerciante di professione, si dedica finalmente alle sue più grandi passioni, la scrittura, la letteratura e la gastronomia, solo dopo essersi ritirato, cinquantenne, a vita privata. Nella casa di piazza D’Azeglio, Artusi si circonda di libri: di storia, di letteratura, di scienza, e soprattutto di lingua. Prima del 1891 scrive ben due opere di respiro letterario: la “Vita di Ugo Foscolo” (1878) e le “Osservazioni in appendice a trenta lettere di Giuseppe Giusti” (1881). Nonostante lo scarso successo editoriale, esse tuttavia rappresentano per Artusi una vera palestra linguistica, permettendogli di approdare con maturità alla scrittura dell’opera che finalmente gli riconoscerà il successo.

Dietro la Scienza, dunque, si cela uno studio attento del fiorentino, dell’italiano, appreso attraverso i libri e attraverso l’ascolto diretto delle voci della città. Ed è proprio nella Scienza in cucina che Artusi perfeziona il suo progetto linguistico: egli cerca da un lato di dare un ordine alle numerose denominazioni locali e dall’altro di limitare l’uso delle parole straniere, difendendo, con estremo equilibrio e grande ragionevolezza, la lingua nazionale (si vedano ad esempio gli adattamenti dal francese: maionese, scaloppine; dall’inglese: bistecca e il toscanissimo rosbiffe). Queste operazioni sono accompagnate dal tono narrativo e cordiale con cui Artusi espone le ricette, che ha fatto sì che la Scienza in cucina, piacevole tanto quanto un romanzo, entrasse nelle case di moltissimi italiani, delle signore borghesi e delle giovani spose, diventando uno straordinario mezzo di diffusione della lingua italiana, al pari di opere come Cuore, e soprattutto Pinocchio.

Così Artusi scrive il suo capolavoro, fra libri e pentole, in un «continuo alternarsi fra lo studio e la cucina», come ricorda Marietta Sabatini, la governante e vera voce toscana di casa Artusi. Proprio con questa immagine, così affettuosa e sincera, vogliamo rendere omaggio al padre della letteratura gastronomica italiana, nell’anno del bicentenario dalla sua nascita.

Articolo di Monica Alba

Riferimenti bibliografici

  • M. Alba, G. Frosini, Domestici scrittori. Corrispondenza di Marietta Sabatini, Francesco Ruffilli e altri con Pellegrino Artusi, Firenze, Apice Libri, 2019.
  • G. Frosini, L’italiano in tavola, in Lingua e identità. Una storia sociale dell’italiano, a cura di Pietro Trifone, Roma, Carocci, 2009, pp. 79-103.
  • P. Artusi, La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, Firenze, pei Tipi di Salvadore Landi, 1911.

Con questa prima “pillola linguistica” prende avvio il nuovo blog dell’Informatore online “Dentro la Crusca, dentro l’italiano” in collaborazione con gli esperti linguisti dell’Accademia della Crusca. Questo è il primo di una serie di brevi articoli dedicati alla lingua della cucina, realizzati nella ricorrenza del bicentenario di Pellegrino Artusi, autore de “La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene“, pubblicata per la prima volta nel 1891 e ristampata in 15 edizioni fino al 1911.

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