Dici Specola ed ecco affiorare polverosi ricordi d’infanzia di pomeriggi al museo in compagnia dei nonni, fra la miriade di animali impagliati che nella vivace fantasia tipica dell’età avrebbero potuto prendere vita da un momento all’altro. Un po’ come nei film della serie Una notte al museo, con Ben Stiller, che hanno portato migliaia di nuovi visitatori nei musei di scienze naturali di New York e Washington.
Chissà se anche nella più piccola ma ben più antica Specola di Firenze, di notte leoni e gazzelle, ma anche vedove nere e altri misteriosi esseri viventi, si animano. Quel che è certo è che dopo oltre quattro anni di chiusura il 21 febbraio, data della sua inaugurazione 250 anni fa, riapre le porte ai visitatori ed è questo anche uno dei primi appuntamenti degli eventi dell’Ateneo fiorentino per celebrare il proprio centenario.
Due ali completamente nuove
Nel periodo di chiusura sono stati realizzati lavori strutturali con l’adeguamento normativo degli impianti della storica sede di Palazzo Bini Torrigiani, in via Romana. Quello che vedremo sarà un museo tirato a lucido, un po’ più grande e con nuovi percorsi di visita, perché nel frattempo alcune opere sono state restaurate, altre semplicemente ripulite, altre ancora – dipinti, modelli anatomici in legno e cartapesta, busti e bassorilievi in gesso – tirate fuori dai magazzini e ora esposte.
«I visitatori potranno ammirare due ali del museo completamente nuove, dedicate alla mineralogia e alla ceroplastica, con opere mai esposte prima, come le straordinarie cere botaniche, in spazi riconfigurati – spiega Marco Benvenuti, presidente del Sistema museale d’Ateneo -. Ma ritroveranno anche l’esposizione storica, perché la Specola costituisce un unicum fra i musei scientifici: non solo perché è stata la prima istituzione in Europa aperta alla cittadinanza, ma anche perché la sua stessa sede espositiva ha un valore storico, intrinseco, e quindi tutelato».
L’eccellenza della scienza
Il Museo della Specola nasce il 21 febbraio 1775, su iniziativa del granduca Pietro Leopoldo, come museo scientifico aperto a tutti. Il nome, che indicava anticamente un luogo sopraelevato per la visione del cielo, deriva dall’Osservatorio astronomico posto nel Torrino.
«L’idea del granduca Pietro Leopoldo di Lorena di presentare la natura nella sua completezza, in un percorso che va dalla Terra al Cielo senza dimenticare l’essere umano, è in largo anticipo sui temi della diffusione della cultura e di una concezione del sapere che sia il più possibile integrale» aggiunge Benvenuti.
Il percorso zoologico si sviluppa in 23 sale dove sono esposti esemplari provenienti da tutto il mondo, alcuni estinti, perciò ancor più preziosi. A camminarci in mezzo sembrano tantissimi, ma sono solo una piccola parte (5000) degli oltre 4 milioni di reperti conservati. Dagli invertebrati ai mammiferi più evoluti, con alcuni esemplari di antica “preparazione” come l’ippopotamo che, donato al granduca Pietro Leopoldo di Lorena nella seconda metà del Settecento, prima di essere impagliato visse per qualche anno nel Giardino di Boboli.
Risale allo stesso periodo ed è un’eccellenza mondiale la collezione di cere anatomiche, prodotta in circa un secolo dal 1771, dall’Officina di Ceroplastica del museo. Clemente Susini, seguito da Francesco Calenzuoli, Luigi Calamai, Egisto Tortori, dettero vita a circa 1400 opere raccolte in 562 urne, accompagnate da disegni e apparati didattici realizzati da esperti disegnatori e calligrafi. Quando non c’era né l’intelligenza artificiale, né la stampa in 3d, né il Metaverso, per studiare il corpo umano si ricorreva a queste riproduzioni perfette e suggestive, che possono essere ammirate anche sotto il profilo artistico.
Nuovi percorsi: cere botaniche e minerali
Dopo oltre un secolo si potrà ammirare la collezione delle cere botaniche fiorentine (nella pagina accanto, una Magnolia grandiflora), costituita da piante, frutti e tavole di anatomia di eccezionale realismo e straordinaria bellezza, insieme a modelli naturalistici e anatomici a partire dal Seicento. Completano il nuovo percorso di visita i teatrini allegorici barocchi di Giulio Gaetano Zumbo, i dipinti di natura morta di Bartolomeo Bimbi, statue anatomiche in legno (nella foto accanto) e in cartapesta.
Nuova per Palazzo Bini Torrigiani, ma già visibile precedentemente negli spazi di via La Pira, la sezione di Mineralogia documenta la genesi dei minerali, partendo dalle loro più antiche tracce nei meteoriti e negli strati formatisi ai tempi remoti del raffreddamento della Terra, mentre la preziosa Collezione medicea di pietre lavorate, in gran parte provenienti dalla Tribuna degli Uffizi, offre alla vista capolavori di arte glittica, come quelli appartenuti a Lorenzo il Magnifico.
Firenze insolita
Particolarmente suggestiva la visita del Salone degli scheletri, al piano terra, con l’impianto espositivo di inizio Ottocento, tutto in legno con ballatoio e 120 vetrine che ospitano 3000 scheletri di numerose specie, soprattutto mammiferi, che ancora oggi vengono studiati da esperti di tutto il mondo. Fra questi, autentiche rarità ed esemplari che nascondono storie curiose, come l’elefante asiatico che fu esposto, vivo, sotto la Loggia dei Lanzi nel 1655 e, poi morto, fu studiato dal naturalista Carlo Linneo per descrivere la specie.
Fra i percorsi di visita anche la Tribuna di Galileo, con la statua scolpita da Aristodemo Costoli che ricorda il genio toscano e il suo ruolo chiave per lo sviluppo della scienza moderna grazie all’applicazione del metodo sperimentale, e il Torrino astronomico progettato alla fine del XVIII secolo.
Nella Sala della meridiana, detta anche Sala delle cicogne, per gli stucchi neoclassici che rappresentano gli uccelli nell’atto del prendere il volo, è ancora presente e funzionante la meridiana in marmo, rame, argento e scagliola realizzata nel 1784. E poi la vista su Firenze a 360° dalle otto finestre della sala ottagonale superiore. Insolita e imperdibile.
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