Fra le tante virtù delle piante, c’è anche quella di regalare colori. Alcune essenze infatti possiedono, nelle foglie, nei fiori, nella corteccia e nelle radici, particolari pigmenti in grado di tingere tessuti, pellami, capelli. Le piante tintorie sono moltissime, sparse ovunque sul pianeta. Utilizzate dall’uomo fin dai tempi arcaici, nel tempo i colori naturali sono stati sostituiti quasi del tutto da quelli chimici. Attualmente però si assiste a una riscoperta delle tinte naturali in molti settori, dall’edilizia alla cosmetica, al tessile.
L’oro blu
Il guado (Isatis tinctoria) è una pianta erbacea biennale, di origine asiatica, dalle cui foglie si estrae il colore blu. Ha una storia lunghissima e, fra le tante curiosità, ricordiamo i Britanni che si tingevano il volto di blu per apparire più temibili. Egizi e Romani già lo conoscevano, così come i Celti.
Dopo l’anno Mille, in Europa iniziò la coltivazione intensiva del guado, in Italia specialmente nelle Marche, e si creò un giro di affari tale che fu detto anche “oro blu”. I toni di colore che se ne ricavavano erano molto adatti alla tintura di filati e tessuti: li troviamo, ad esempio, nei velluti rinascimentali come negli antichi arazzi.
Giallo zafferano e non solo
La robbia, pianta erbacea di origine euro-asiatica alta circa un metro, che porta alle sommità molti fiorellini gialli, è forse una delle più importanti specie tintorie: possiede nelle radici un pigmento rosso, utilizzato da secoli sia per dipingere sia come colorante per stoffe. Con la polvere che si ottiene dalle radici essiccate, si possono anche donare riflessi rosso ciliegia ai capelli.
Il colore giallo si ricava da molte specie diverse, fra cui lo zafferano, il cartamo e la curcuma. La radice della curcuma, essiccata e polverizzata, dona il tipico tono giallo acceso a tessuti e filati.
Il giallo di un tono più dorato si ricava invece dalla nostrana Anthemis tinctoria, pianta erbacea biennale, di circa quaranta centimetri, diffusa in tutta Europa, dove è stata utilizzata per secoli per tingere più che altro tessuti. Infatti è nota come “camomilla dei tintori”: i suoi fiori, margheritine completamente gialle, sono ricchi di pigmenti.
L’arcobaleno dalle piante
L’ortica, oltre che potente pianta medicinale, è una specie tintoria: le sue foglie sono perfette per ottenere un verde tendente al grigio, mentre la diffusissima edera regala lo stesso colore ma con toni brillanti. Anche da alcuni alberi si ricavano colori, il più noto forse è il noce, dal cui mallo si può estrarre il marrone, adatto anche per tingere i capelli.
Lo scotano (Rhus cotinus), chiamato anche “albero della nebbia” per le infiorescenze rosate di cui si adorna, simili a palle di bambagia, è meno conosciuto, ma ha una vera tradizione nel campo dei colori vegetali. Dalle foglie macerate, dalla corteccia e dai rami si estrae un colore purpureo molto particolare. Un tempo era vastamente coltivato anche in Italia, e nelle zone di produzione rappresentava una grande risorsa economica.
Infine ricordiamo un albero di origine centro americana, l’Haematoxylum campechianum, detto campeggio. Già noto agli Aztechi, giunse in Europa con gli Spagnoli, nel XVI secolo; dal suo legno triturato, bollito e fermentato si estraggono toni scuri, che vanno dal nero al blu.
C’è anche un splendido museo
A Lamoli, nelle Marche, 25 chilometri da Sansepolcro, ha sede il Museo dei Colori Naturali, che propone ai visitatori un erbario, reperti archeologici, strumenti per l’estrazione dei pigmenti colorati, ma anche coltivazioni sperimentali di piante tintorie. Visitabile su prenotazione dalle 9 alle 20, chiuso il martedì.