Le opere di quello che è considerato uno dei più grandi artisti del mondo arrivano a Firenze con “Anselm Kiefer. Angeli caduti”, a Palazzo Strozzi dal 22 marzo al 21 luglio. A cura di Arturo Galansino, Direttore generale della Fondazione Palazzo Strozzi, la mostra presenta oltre venticinque opere storiche e di recente produzione, tra cui un lavoro immersivo composto da sessanta tele di dimensioni diverse, per un percorso che permette di esplorare la multiforme pratica dell’artista che abbraccia pittura, scultura, installazione e fotografia.
Punto di partenza è la nuova opera per il cortile di Palazzo Strozzi, Engelssturz (Caduta dell’angelo, 2022-2023), che si pone in dialogo con l’architettura rinascimentale. Per questa grande tela (oltre sette i metri di altezza) Kiefer ha tratto spunto da un dipinto seicentesco del pittore napoletano Luca Giordano, il cui soggetto è ripreso dal brano dell’Apocalisse che descrive il combattimento fra l’arcangelo Michele e gli angeli ribelli, metafora della lotta fra Bene e Male: nel contesto dello spazio aperto verso il cielo del cortile, diventa un invito a riconsiderare il nostro rapporto fra cielo e terra, spirituale e materiale.
L’immagine simbolica degli angeli caduti – nella prima sala del Piano Nobile troviamo il monumentale dipinto Luzifer (Lucifero, 2012-2023) -, rappresentazione dell’intera umanità, è così il punto di partenza di un viaggio che accompagna il visitatore attraverso allegorie, figure e forme che riflettono sull’identità, la poesia, le vicende storiche, i diversi pensieri filosofici, in un percorso artistico in cui si uniscono e confondono mito, religione, misticismo, poesia, e che dà vita ad opere caratterizzate da una forte presenza fisica e tattile: Kiefer trasforma materie grezze come piombo, cera, semi, terra, fiori, sabbia e cenere e, ad esempio, con l’elettrolisi o il fuoco sottopone i materiali a reali trasformazioni fisiche.
Provocare per ricordare
Nato «sotto una pioggia di bombe», come ha detto lui stesso, nel 1945 nei sotterranei dell’ospedale di Donaueschingen, in Germania, ha cominciato come artista confrontandosi con l’identità post-bellica del suo Paese e con la storia del Terzo Reich. In mostra si può vedere la sua parodia del saluto nazista con le quattro fotografie della serie Heroische Sinnbilder (Simboli eroici, 2009), opera “seminale” (che costituisce cioè un modello che genera opere successive) dell’artista, che in questa versione ha stampato le fotografie su piombo.
Nel 1969 Kiefer si fece fotografare in varie località europee, anche in luoghi occupati dall’esercito tedesco durante la guerra, mentre, con indosso prevalentemente l’uniforme da ufficiale della Werhmacht del padre, emula il saluto nazista con il braccio alzato. L’intento non è celebrativo ma provocatorio, e l’obiettivo è esplorare l’identità e la cultura proprie e dell’intero popolo tedesco, andando oltre la tendenza a rimuovere i ricordi e le rappresentazioni legate al passato: «La Storia è il soggetto principale del mio lavoro – ha detto -. L’attraverso. La uso come se fosse argilla».
Scrivere per dipingere
Da bambino conosceva a memoria duecento poesie, e quando era adolescente sognava di fare lo scrittore. Ma ben presto, dovendo scegliere fra pittura e letteratura, scelse la prima: «Ancora oggi pratico la scrittura. Da quando avevo sedici anni, tutti i giorni, in un diario, prendo appunti sull’arte, sulla letteratura, sulla poesia, sulla filosofia».
Un amore, quello per i libri e le parole, che si fa arte visiva: a Palazzo Strozzi il rapporto di Kiefer con la letteratura è affrontato in una sala che va intesa come un’installazione, con i quadri che si intravedono attraverso la vetrina centrale dedicata a Locus solus (Il luogo solitario, 2019-2023), con riferimento all’omonimo testo dell’autore francese Raymond Roussel che descrive opere e congegni irrealizzabili, destinati a rimanere solo immaginati: il dipinto Cynara fa riferimento alla mitologia classica e alla ninfa trasformata in carciofo da Zeus, mentre A phantom city, phaked of philim pholk (Una città fantasma, falsata dalla folla dei film) e Archaic zelotypia and the odium teleologicum (La zelotipia arcaica e lo odium teleologicum) sono collegati al romanzo incompiuto di Joyce Finnegans Wake.
Le vetrine sono una tipologia di opere che permette a Kiefer di creare un ambiente specifico per quanto vi è racchiuso e che l’artista utilizza dalla fine degli anni Ottanta: il cristallo funge da membrana che, secondo Kiefer, «è in qualche modo una pelle semipermeabile che collega l’arte con il mondo esterno in una relazione dialettica».
Le ritroviamo – insieme al richiamo alla letteratura, ma anche al misticismo e alla mitologia: altri elementi dell’immaginario di Kiefer – nelle due sale centrali della mostra. Al loro interno, materiali e oggetti collegati a scritte di suo pugno: En Sof (L’Infinito) è dedicata al pensiero cabalistico e alla mistica ebraica, Das Balder Lied (La canzone di Balder) si ispira alla letteratura scandinava, Danaë (Danae) richiama la mitologia classica. Ancora mitologia, ma personale e collettiva, è ciò che Kiefer esplora in Dem unbekannten Maler (Al pittore ignoto), in cui l’artista si identifica con la figura del “pittore sconosciuto” cui viene dedicato un memoriale, onorando anche la memoria degli artisti che hanno subito la repressione e la censura o che sono stati dimenticati dalla storia; e in Der Rhein (Il Reno, 1982-2013), che rimanda alla sua infanzia e al rapporto con il corso d’acqua che è simbolo della Germania:
«Sono cresciuto sulle rive del Reno. La Francia era dall’altro lato. Da bambino, ho visto il fiume come un ostacolo insormontabile, qualcosa che non si poteva attraversare a nuoto. Così ha acquisito uno status mitico per me. È una barriera: può andare a sinistra o a destra, ma non può mai andare dritto. Lo può fare solo nella nostra immaginazione».
Distruggere per creare
Altro tema esplorato dalla mostra è quello del rapporto di Kiefer con l’arte in generale e il suo lavoro in particolare. Una delle sale di Palazzo Strozzi propone l’ambiente immersivo Verstrahlte Bilder (Dipinti irradiati, 2023) in cui sono riunite sessanta opere di diverso formato realizzate in un arco cronologico fra il 1983 e il 2023. L’installazione occupa tutta la sala, soffitto compreso, e tre grandi superfici specchianti ne aiutano la fruizione. «La distruzione – dice Kiefer – è un mezzo per fare arte. Io metto i miei dipinti all’aperto, li metto in una vasca di elettrolisi. La scorsa settimana ho esposto una serie di dipinti che per anni sono stati sottoposti a una sorta di “radiazione nucleare” all’interno di container.
Ora soffrono di malattie da radiazione e sono diventati temporaneamente meravigliosi». E in una intervista specifica che «solo l’iconoclasta è un grande pittore. Ne sono convinto. Ogni maestro, come ha insegnato Balzac, deve distruggere il suo capolavoro. Non mi interessa la meta raggiunta. I miei quadri non sono mai finiti. Li massacro, li brucio, li inumo, li espongo alle intemperie. Tendo a distruggere molto di ciò che dipingo, nella convinzione che un giorno quei quadri risorgeranno. È una battaglia dura. Che avviene nella mia testa e nelle mie opere».
«Non ci sono limiti alla sua immaginazione» ha detto di Kiefer il regista Wim Wenders, che all’artista ha dedicato il docufilm Anselm, presentato al Festival di Cannes dello scorso anno. I visitatori della mostra a Palazzo Strozzi ne avranno un piccolo assaggio.
Ingresso in convenzione per i soci. Grazie al sostegno di Unicoop Firenze, sono previste anche visite guidate gratuite (con biglietto di ingresso ridotto alla mostra), tutte le domeniche alle 15 e i lunedì alle 18. Anche per questa mostra saranno sviluppate iniziative specifiche per i più giovani e per i possessori della tessera Amico Young di Palazzo Strozzi.
Per informazioni e prenotazioni
Prenotazione obbligatoria per le visite guidate: 0552645155, prenotazioni@palazzostrozzi.org, palazzostrozzi.org