Alcuni lo definiscono il primo ambientalista della storia. San Francesco da Assisi, agli inizi del Milleduecento, non solo scelse la via alternativa della povertà, ma riportò nel Cantico delle creature una concezione della natura come un tutt’uno strettamente interdipendente e necessario alla sopravvivenza umana. Al suo pensiero, e al tema del dono, è dedicato il “Festival dei Cammini”, arrivato all’ottava edizione.
Oltre ai consueti appuntamenti nei luoghi del Santo, nella Valtiberina umbra e toscana, il 18 maggio alle 11 ci sarà una trasferta fiorentina, nella basilica di Santa Croce: padre Giancarlo Corsini e il filosofo dell’Università di Padova Telmo Pievani a confronto sul tema “Il dono del creato”.
«La specie umana è emersa nell’evoluzione solo recentemente, non più di 200 millenni fa, al termine di una sequenza di svolte imprevedibili che avrebbero potuto condurre in tutt’altra direzione – spiega Pievani in una speciale anteprima per la nostra rivista -. Questo per me è il dono del Creato: la contingenza evolutiva, il fatto di non essere stati previsti e di avere avuto il privilegio inaspettato di essere qui, adesso, come specie e come individui coscienti. Molti pensano che la contingenza tolga senso alla presenza umana: avremmo potuto non esserci. Per me è il contrario. Proprio perché siamo improbabili, è un privilegio essere qui, un dono, una grande occasione da non sprecare. Da questo dono io traggo un insegnamento di umiltà: non siamo i padroni del pianeta, siamo gli ultimi arrivati, nostro dovere è lasciare la casa terrestre in ordine per chi verrà dopo».
Eppure stiamo facendo di tutto per distruggere la nostra casa.
Lo facciamo da molto tempo, in modo crescente. Quando i primi antenati degli aborigeni entrarono in Australia 60 millenni fa, estinsero tutti i mammiferi di grossa taglia e gli uccelli inetti al volo. Lo stesso accadde nelle Americhe. Dove passa Homo sapiens (Homo sedicente sapiens), il mondo cambia, si impoverisce, da sempre. Noi siamo quelli che plasmano il paesaggio e le nicchie ecologiche per adattarle alle nostre esigenze. Poi venne la transizione neolitica, un’altra grande forzatura della natura, perché gli ecosistemi furono trasformati in modo tale da produrre un surplus di risorse del tutto anomalo.
Poche specie furono avvantaggiate rispetto a tutte le altre, la biodiversità si dimezzò. Noi siamo così: creativi e invasivi, è l’ambivalenza umana. Ma il fatto che lo facciamo da sempre non è un’attenuante, come se fosse scritto “nella nostra natura” e dunque inevitabile (un altro falso argomento che continuiamo a usare nel dibattito pubblico: la natura non è un oracolo interno, è cambiamento, è diversità). Quindi possiamo cambiare il corso degli eventi, se lo vogliamo, grazie alla cultura, all’educazione e all’etica.
Perché la contemplazione della bellezza della natura non è sufficiente per farci invertire la rotta?
La natura attorno a noi ha un valore economico (importante, ma non decisivo), un valore relazionale (che prima o poi dovremo aggiungere ai parametri economici) e un valore estetico, il più rilevante. Edward O. Wilson la chiamava “biofilia”. Purtroppo non è sufficiente, in primo luogo perché la contemplazione della bellezza della natura è una fortuna che al momento solo una minoranza ricca dell’umanità può permettersi. Il resto dell’umanità ha il problema di sopravvivere dignitosamente.
In Africa ci sono tantissimi bambini che vivono nelle periferie delle metropoli e non hanno mai visto una giraffa. Davanti alle loro case però passano i torpedoni dei turisti ammassati che fanno il safari nei parchi e dormono nei lodge delle riserve pagando migliaia di euro. In secondo luogo, non basta perché anche se ogni tanto facciamo una passeggiata nei boschi (dopo aver fatto qualche ora di coda in macchina) poi le nostre vite sono impostate come se ci fossimo emancipati dalla natura. Più del 70% degli europei vive in città.
Secondo alcuni la questione ambientale è “cosa da ricchi”; lei è d’accordo?
Decisamente no, questo è uno dei più grandi fraintendimenti del presente. La questione ambientale riguarda principalmente gli ultimi della Terra, come ha scritto più volte papa Francesco. Saranno loro a pagare il prezzo più alto. Giustizia climatica, giustizia ambientale e giustizia sociale sono strettamente connesse e si rinforzano a vicenda. Vivremo tempi turbolenti. Oggi le maggiori riviste scientifiche internazionali parlano della necessità di una grande redistribuzione delle ricchezze, di tassare subito i più ricchi della Terra. Argomenti tabù in Italia. Fingiamo di finanziare il fondo “lost and damage” per i Paesi del Sud del mondo e pensiamo che sia l’ennesimo fondo di “aiuti”, quando in realtà è un fondo di “risarcimento”, che è cosa ben diversa. Dobbiamo restituire il mal tolto dopo secoli di colonialismi e imperialismi. La vera ideologia non è la transizione ecologica, ma negare che esista il riscaldamento climatico e pensare che l’ambientalismo sia materia per radical chic. La vera domanda non è: chi paga la transizione ecologica? Ma: chi pagherà se non la facciamo?
Lei ha scritto che “la natura è più grande di noi”: significa che ci sopravvivrà, nonostante tutto?
Certo, e questo è importante da ricordare, perché significa che non siamo indispensabili. Durante la pandemia, già dopo poche settimane di chiusura, la fauna selvatica si stava riprendendo i suoi spazi. Quando non ci saremo più, la biodiversità tornerà a fiorire e questo per me è motivo di sollievo e di speranza. E poi la natura è più grande di noi perché ci mette in scacco attraverso un organismo di pochi micron, è assai più antica di noi, ci schiaccia quando vuole. E il tutto senza che essa abbia alcuna intenzione di farlo, dato che è del tutto indifferente alle nostre sorti, anche se a noi piace etichettarla come se fosse una persona, che elargisce premi e punizioni.
Le catastrofi come grandi occasioni di rinnovamento: cosa può rinascere dalle guerre in corso?
Dalle guerre niente. Le guerre sono dolore inutile e basta, sono l’oscenità di Homo sedicente sapiens. Con le armi esistenti oggi, nessuno può dichiarare e vincere una guerra. Quando saranno finite, nessuno riporterà indietro le moltitudini di assassinati, in gran parte civili. Qualche mascalzone diventa ancora più ricco e basta. Invece dalle catastrofi ambientali impareremo, spero, a smetterla prima o poi di pensare che siano emergenze, calamità, tragedie di cui stupirsi.
L’approccio emergenziale piace ai politici, perché così elargiscono aiuti, piangono lacrime di coccodrillo ai funerali, gestiscono i fondi. Ma il vero investimento politico ed economico è la prevenzione, cioè ridurre il rischio futuro, la probabilità di eventi avversi e i loro danni su persone e cose.
Il cammino di San Francesco dove può portarci?
A comprendere che siamo parte di una trama di relazioni più grande di noi, che non dominiamo e non controlliamo. E ad essere più generosi verso il Creato e verso le generazioni future, come adesso prevede anche la Costituzione italiana all’articolo nove. Chi oggi non agisce, minimizza, nega la realtà o inventa diversivi, un giorno sarà ritenuto responsabile. Il cammino di Francesco per me è un tassello di una nuova grande alleanza che dobbiamo costruire insieme.
Oggi parlano lo stesso linguaggio la comunità scientifica, Papa Bergoglio, i movimenti giovanili, le associazioni ambientaliste. Mondi diversi, che un tempo si parlavano poco e che adesso convergono nel dirci che abbiamo un problema e che dobbiamo avere la creatività e l’immaginazione per trasformarlo in un’opportunità.
Un festival in movimento
Dal 2017 Progetto Valtiberina organizza fra maggio e giugno il “Festival dei Cammini di Francesco” che accompagna a incontri, presentazioni di libri e spettacoli, anche passeggiate nella natura e trekking sulle vie di San Francesco.
Fra gli appuntamenti di maggio, dopo la conferenza del 18 alla Basilica di Santa Croce “Il dono del creato” con Giancarlo Corsini e Telmo Pievani, il 30 a Monterchi (AR) incontro con l’antropologo Marino Niola, e il 31 a Pieve Santo Stefano e Anghiari (AR), lo psicologo Vittorio Lingiardi. Il 1° giugno a Citerna (PG) Stefano Zamagni parlerà di “Il dono della fiducia: moneta dell’economia civile”. Per i soci di Unicoop Firenze sconto del 20% sugli eventi a pagamento.
Tutto il programma sul sito festivaldeicamminidifrancesco.it