Paola Fresa, autrice, attrice, e regista insieme agli altri protagonisti dello spettacolo di “Il Problema”, con la collaborazione alla creazione collettiva di Christian Di Domenico, una produzione Fondazione Sipario Toscana e ErreTiTeatro30, per raccontare il dramma della malattia dell’Alzheimer, testo che ha ricevuto la menzione speciale al Premio platea nel 2016. Ma “Il Problema” è una storia d’amore, un inno alla vita. racconta la nudità del dolore quando la morte si affaccia nella vita di una famiglia e come si possa sopravvivere a quel dolore, al presagio di un’assenza.
Ma come raccontare l’Alzheimer a teatro?
“Noi lo raccontiamo attraverso l’esperienza di un famiglia comune nella quale è facile riconoscersi. -commenta Paola Fresa – La nostra ambizione è raccontare la nostra crisi di identità attraverso il paradigma dell’Alzheimer, una crisi che riguarda il malato, che perdendo la memoria della sua esperienza di vita perde anche la consapevolezza di sé, macoinvolge anche tutte le persone che entrano in contatto con lui perchè parte della nostra identità è fatta da quello che gli altri vedono di noi, e nel momento in cui non veniamo più riconosciuti questo provoca una frattura nella nostra identità. Lo raccontiamo attraverso una storia di amore, quella della madre e del padre, due coniugi, che stanno insieme da quasi 40 anni che riscoprono il senso della loro unione di fronte alla tragedia che devono vivere e alla malattia di lui. La moglie che fino ad allora si era trovata nel ruolo dell’accudita, deve assumersi la responsabilità di accudente e accompagnare il compagno di una vita verso la sua fine”.
Quattro attori in scena e una scenografia minimale
“ Sì, in scena siamo quattro: Franco Ferrante che fa il padre, Nunzia Antonino la madre, io la figlia e Michele Cipriani interpreta i ruoli esterni al nucleo familiare, ovvero il dottore l’impiegato inps e il badante, ed è l’unico elemento esterno al nucleo familiare che entra nella casa. Ad evocare gli ambienti sono le relazioni e le azioni che i dei personaggi intrecciano in scena.La ricostruzione degli ambienti nell’interno domestico è un cubo dentro il quale è sempre il padre, e gli altri personaggi entrano escono mettendo in scena le varie azioni. Il cubo rappresenta la materializzazione ingombrante della malattia, la bolla dell’Alzheimer. È di volta in volta gabbia, carillon, una doccia. La scenografia è di Federica Parolini.”.
La battuta diventa allora azione in scena. Michele Cipriani che interpreta i ruoli esterni allo stretto nucleo familiare svolge una sorta di regia interna chiamndo in scena i vari personaggi e annunciando l’azione.
La malattia si può raccontare anche con ironia e con il sorriso?
“La risata è liberatoria- afferma Paola Fresa – In situazioni di stress e stanchezza straordinaria e per i meccanismi che mette in scena l’Alzheimer al di là del prevedibile la risata arriva perché frutto di situazioni paradossali,superando la vergogna e l’imbarazzo che accompagna la malattia. Anche riderne fa parte del vivere questa realtà”.
Il pubblico come reagisce?
“ Il pubblico rimane sempre coinvolto indipendentemente dal fatto che lo spettatore abbia vissuto o meno l’esperienza perché raccontiamo un passaggio esistenzial: il trovarsi ad essere genitori dei propri genitori. Il mio obiettivo era dare spazio e voce a centinaia di persone e ai tanti malati che spesso vivono in situazione di isolamento, che spesso è auto isolamento. Per questo la casa da nido diventa gabbia. Mettiamo in scena anche le difficoltà che si accompagnano alla malattia come il latitare delle istituzioni.Prima dello spettacolo cerchiamo di creare una riflessione intorno allo spettacolo sul tema con un incontro con le associazioni e le isitituzioni che si occuoano di malati di Alzheimer.
E lei Paola che rapporto ha con la Memoria?
“Mi spaventa la tendenza di questo tempo che viviamo a dimenticare l’esperienza di cui invece dovremmo fare tesoro. Un popolo che dimentica la propria storia è un popolo impreparato a vivere il presente. Siamo figli del nostro passato, non viviamo solo il qui e ora e questa è una ricchezza che dobbiamo avere la forza e la tenacia di insegnare alle nuove generazioni”.
Infine un invito… “Venite a Teatro, perché i teatri, i musei, il cinema sono presidi culturali importanti e non dobbiamo dimenticare l’importanza del vivere sociale”.
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