Click click click. Quanti milioni (o forse miliardi, o bilioni?) di fotografie si scattano ogni giorno? Smartphone alla mano, ci sentiamo tutti un po’ fotografi. Al di là dell’effettivo risultato – immagini inguardabili, così così o, raramente, bellissime -, un tuffo nel passato delle attrezzature e tecniche storiche aiuterebbe ad allontanarci dal tritatutto del web e del digitale per (ri)scoprire una cultura dell’immagine in senso più ampio.
L’occasione ce la danno gli Archivi Alinari con “Fuori dalle scatole!”, due fine settimana – 10, 11, 17 e 18 maggio – alla Limonaia di Villa Bardini a Firenze, fra materiali originali in postazioni tematiche (ciascuna curata da uno specialista della Fondazione Alinari e da esperti, restauratori e storici della fotografia, in collaborazione con l’associazione Fotonomia), laboratori e talk, per approfondire la storia degli Archivi, le tecniche fotografiche storiche e le prime sperimentazioni delle immagini in movimento.
Speciale per Under 30
Tutte attività gratuite, grazie al sostegno di Unicoop Firenze, e con uno sguardo speciale alle giovani generazioni, con due appuntamenti dedicati ai soli under30: la presentazione dei lavori degli studenti di Studio Marangoni, immagini originali che entrano in dialogo con quelle dell’Archivio; e un laboratorio sul precinema con Luca De Crescenzo, in collaborazione con la Fondazione Sistema Toscana, per esplorare le origini delle immagini in movimento e sperimentarne la creazione; e un talk con il presidente della Fondazione Giorgio van Straten dedicato al tema della contemporaneità degli Archivi e della loro capacità di dialogare con il presente.
Un giacimento unico al mondo
In attesa dell’apertura del museo Alinari a Firenze, «un’iniziativa come questa risponde anche a una esigenza di consultazione e di visibilità da parte dei cittadini – spiega Francesca Bongioanni, responsabile degli archivi e delle collezioni -. Perché negli Archivi si trova una eterogeneità di materiale che va ben oltre le stampe ottocentesche».
Gli Archivi Alinari sono infatti uno dei giacimenti fotografici più grandi e antichi al mondo, con un patrimonio che conta oltre 5 milioni di pezzi, numerosi dei quali unici, databili dal 1841 ai nostri giorni: beni fotografici, in prevalenza, ma anche documenti, apparecchiature, strumenti tecnici che testimoniano in vario modo l’uso e la pratica della fotografia nel tempo.
A Villa Bardini arriverà così «una piccola selezione delle primissime tipologie di fotografia – prosegue Bongioanni -, oggetti unici come dagherrotipi, ambrotipi e ferrotipi (i primi sono immagini fotografiche realizzate in un’unica copia positiva, non riproducibile, su supporto in argento o rame argentato; gli altri due consistono in variazioni tecniche del processo di procedimento su materiali diversi, ndr), e quindi le prime fotografie su metallo e poi su vetro. E poi le diapositive, montate su vetro, che a volte venivano colorate a mano».
Fra stampe al carbone e pellicole di diverse tecniche e formati, attività di riconoscimento delle tecniche fotografiche e un talk con il presidente della Fondazione Giorgio Van Straten dedicato al tema della contemporaneità degli Archivi e della loro capacità di dialogare con il presente, l’associazione Fotonomia condurrà i partecipanti alla scoperta delle carte salate: «È stata la prima tecnica di stampa su carta, messa a punto negli anni ‘30 dell’800 – spiega Barbara Cattaneo di Fotonomia -. Un procedimento che si basa sull’unione tra il comune sale da cucina e il nitrato d’argento e che rappresenta il momento in cui, di fatto, è nata la fotografia, con la possibilità di creare dei multipli, a differenza dei dagherrotipi».
Caro vecchio album
Dagli Archivi usciranno anche alcuni album fotografici – in collezione ce ne sono oltre 6000mila -, «un oggetto che – dice Bongioanni -– andava per la maggioreha avuto successo nell’800, che aveva anche una sua cura estetica molto attenta nella rilegatura e nella copertina, e che riguardava le tipologie più disparate: ritratti, ricordi di viaggio, Paesi, diari di guerra. Magari per i più giovani, orientati più verso il digitale, può essere un oggetto da scoprire».
Giovani che riservano delle sorprese: «Sta rinascendo un interesse per l’analogico – conclude infatti Cattaneo -. In ambito soprattutto di applicazione artistica, ci sono tanti ragazzi che si avvicinano di nuovo al lavoro in camera oscura, e alcuni che scoprono anche le tecniche ottocentesche. È naturalmente una comunità molto piccola, però si è manifestato un rinnovato interesse anche da quella parte dell’industria che non ha mai smesso di produrre materiale analogico».
Prenotazione obbligatoria su coopfi.info/under30