Fotografe! Dagli Archivi Alinari a oggi

Fino al 2 ottobre a Forte Belvedere e a Villa Bardini, a Firenze, lo sguardo femminile attraverso l’obiettivo dall’Ottocento a oggi. 2x1 per i soci Unicoop Firenze

Pioniere, anticipatrici, sperimentatrici di nuove tecniche, vincitrici di premi, ritrattiste o documentariste: “Fotografe! Dagli Archivi Alinari a oggi”, fino al 2 ottobre a Firenze nelle due sedi di Forte Belvedere e Villa Bardini, è un lungo viaggio nell’arte fotografica declinata al femminile, dalle protagoniste di ieri alle autrici contemporanee, presenti con opere che interagiscono con il patrimonio storico Alinari. Con quel segno di interpunzione nel titolo che, spiegano i curatori Emanuela Sesti e Walter Guadagnini, «vale come affermazione e ammirazione per le fotografe che dalle origini e per tutto il Novecento hanno operato e lottato all’interno di un mondo che le vedeva e le voleva in posizione inferiore, marginale». Un mondo essenzialmente maschile, nel quale però le donne sono riuscite a farsi largo fin dagli esordi della tecnica fotografica.

Promossa dalla Fondazione Alinari per la Fotografia e dalla Fondazione CR Firenze, in collaborazione con il Comune di Firenze e Muse.e, la mostra affianca opere originali degli Archivi Alinari a produzioni contemporanee, in un percorso che non segue un andamento cronologico quanto piuttosto uno sviluppo fra temi e generi, primo fra tutti il ritratto fotografico.

I primi scatti

Ritratti come quelli di Bernardine Caroline Théodora Hirza Lejeune, che scelse di firmarsi con l’acronimo “Leba”, che unisce le prime due lettere del suo cognome con le prime due del cognome del marito Jean Louis Bargignac; o quelli della prima fotografa professionista conosciuta in Europa, Bertha Beckmann, che però si è sempre firmata “Wehnert-Beckmann” anteponendo il nome del marito Eduard Wehnert: in entrambi i casi siamo intorno a metà ‘800 e, nonostante successi e riconoscimenti, non doveva essere certamente facile affrancarsi dalla cultura patriarcale. Basti pensare alle due fotografe francesi (Vedova di Andrè Debureau e M. e M.me Leroux) rimaste anonime poiché si sono limitate a porre gli appellativi “vedova” e “signora” accanto al nome dei rispettivi mariti. Accanto alle pioniere, in questa prima sala della mostra a Villa Bardini, le immagini contemporanee di Giulia Parlato, in un dialogo con i protagonisti dei ritratti ottocenteschi conservati negli archivi, che così riprendono vita.

Le sale successive esplorano fra l’altro il mondo del ritratto in studio, da Marie Chambefort, prima donna dagherrotipista itinerante (la dagherrotipia è uno dei primi processi di cattura dell’immagine nella storia della fotografia) in Francia e una delle prime fotografe francesi in assoluto; ad Adele Perlmutter, fondatrice nel 1862 di un ricercatissimo studio a Vienna e forse l’unica donna a essere fotografa di corte nell’Impero austro-ungarico, prima della Grande guerra.

Non solo professioniste. Dilettante d’eccellenza è stata Julia Margaret Cameron, ritrattista dell’età vittoriana; così come Alessandra di Danimarca, moglie di Edoardo VII e nuora della regina Vittoria, che amava sperimentare la fotografia e della quale ci restano le immagini di viaggi e momenti familiari. A dialogare con le loro immagini, gli autoritratti di Sofia Uslenghi, secondo un processo creativo che l’artista utilizza come forma di esplorazione di sé.

Foto S. Uslenghi

Le più celebri

In mostra ci sono anche nomi celeberrimi sul piano internazionale. Come Margaret Bourke White, fra l’altro, prima fotografa di guerra degli Stati Uniti, autrice dell’immagine che campeggia sulla prima copertina di “Life Magazine”. O come Diane Arbus, artista non convenzionale, che negli anni ‘50 iniziò a fotografare estranei per le strade di New York mentre sperimentava luci e tecniche. Stanley Kubrick, del quale è stata amica quando il regista era ancora un giovane aspirante fotografo, le rese poi omaggio, secondo alcuni critici, in Shining, attraverso i personaggi delle gemelle Grady, citazione di una sua famosa foto.

E ancora Dorothea Lange, prima vera esponente femminile della “straight photography”, ossia una fotografia pura, senza ritocchi e orientata al giornalismo: eccezionale la sua opera di documentazione della grande depressione americana. E Inge Morath, prima donna fotografa dell’agenzia Magnum, ritrattista di gente comune come di celebrità: in mostra il risultato di una delle collaborazioni artistiche più curiose e affascinanti della storia fra una fotografa e un disegnatore, Saul Steinberg, creatore di maschere con sacchetti di carta su cui disegnò una serie di facce stilizzate che divennero famose proprio grazie alle foto scattate da Inge Morath, e che ritraevano lo stesso Steinberg e non solo.

Nipoti d’arte

“Fotografe!” dedica poi un approfondimento a tre figure, le sorelle Wanda e Marion Wulz ed Edith Arnaldi: dai fondi degli Archivi Alinari sono tratte opere inedite, alcune stampate direttamente dai negativi originali, che restituiscono al pubblico i risultati di una prima ricerca su materiali finora meno esplorati di questi nuclei archivistici.

Figlie – o meglio, nipoti – d’arte, le due sorelle Wulz ereditarono e gestirono con abilità l’attività iniziata dal nonno a Trieste, della quale diverranno titolari nel 1928. Sul finire di quel decennio, Wanda Wulz si interessa al fotodinamismo dei fratelli Bragaglia e al movimento futurista, e nel 1932 presenta le sue opere alla mostra futurista di Trieste, guadagnandosi la stima del fondatore del movimento, Filippo Tommaso Marinetti, e divenendo l’unica donna in Italia protagonista della fotografia futurista. Wanda e Marion sono due protagoniste dell’avanguardia artistica del tempo, sia per la scelta del linguaggio fotografico, sia per la predilezione di soggetti femminili: i loro ritratti – molti gli esemplari in mostra – sono un’affermazione di un nuovo modello di donna, determinata a portare avanti le proprie passioni e il proprio talento, esattamente come loro.

E poi Edith Arnaldi, nota soprattutto come scrittrice e artista di area futurista con lo pseudonimo di Rosa Rosà, che per circa un ventennio, a cavallo fra gli anni ‘30 e ‘50, ha fotografato soggetti molto diversi, sperimentando vari formati e pellicole a colori, infrarossi e riprese notturne, conquistandosi la partecipazione a mostre e la pubblicazione delle sue fotografie nei cataloghi in un’epoca e un Paese, l’Italia degli anni ‘30, in cui le opere di donne fotografe venivano raramente incluse nelle esposizioni, a predominanza maschile.

Per i soci formula 2X1. In programma anche approfondimenti e “dialoghi” su alcune delle artiste presenti in mostra, visite guidate e laboratori per bambini e famiglie.

Info

www.alinari.it

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