Il termine giapponese bonsai significa “albero in una coppa” e designa quel particolare e raffinato metodo di coltivazione – carico anche di un profondo significato simbolico – tramite il quale è possibile coltivare un albero, miniaturizzandolo. Per prendersi cura di un bonsai, bisogna disporre, se non di un giardino, almeno di un terrazzo. Altri requisiti fondamentali: una spiccata propensione alla cura delle piante e una buona abilità manuale. Per procurarsi un esemplare, possiamo rivolgerci a un centro specializzato, o anche a un fioraio.
Il costo minimo per un bonsai semplice è di circa venticinque euro: si arriva a qualche centinaio per quelli più rari e pregiati. Ogni specie di albero può diventare un bonsai, ma in genere sono le conifere, come pino o ginepro, le più classiche, ma anche gli alberi da frutto si adattano a questo tipo di coltivazione, regalando poi minuscole mele o pere!
Stili e tecniche
Per ogni specie, vi sono regole precise allo scopo di ridurne lo sviluppo, nonostante l’albero mantenga comunque intatte le originali caratteristiche e l’equilibrio vegetativo. È tramite la potatura e il controllo dell’apparato radicale che s’innesca il processo di miniaturizzazione tipico del bonsai. Sono necessarie specifiche forbicine, tronchesi e seghetti: un kit di discreta qualità si aggira sui cento euro. Anche la legatura, che si esegue con speciali fili in rame o alluminio, è una delle operazioni che permettono di donare la forma desiderata al bonsai. Esistono, infatti, diversi “stili” che si differenziano sia per il tipo di albero coltivato, sia per la composizione; lo stile eretto formale, per esempio, si caratterizza per un fusto saldo che svetta in alto; l’eretto informale invece ha un tronco più sinuoso; esiste poi lo stile inclinato, quello a cascata, a boschetto, a dirupo.
Il terriccio e il concime variano sulla base del tipo di pianta, ma in genere un buon substrato universale, unito a ghiaia fine o torba, è adatto nella maggior parte dei casi. Il piccolo albero richiede irrigazioni anche per il fogliame e si usa un nebulizzatore per fornirgli l’acqua necessaria, con dosi a seconda delle condizioni climatiche e alla specie coltivata.
Se si intraprende quest’arte, è bene sapere quanto sia importante la scelta del vaso, detto anche contenitore o vassoio. La dimensione, la forma, i colori di questo fondamentale componente devono essere in armonia con l’aspetto della pianta: un piccolo melo, per esempio, si adatterà benissimo a un vaso bianco o azzurro, poiché si otterrà un bel contrasto cromatico con il rosso dei piccoli frutti.
Un po’ di storia
L’arte di coltivare bonsai affonda le radici nel tempo antico; le prime tracce si riscontrano già nel 1500 a.C. in Cina, dove la coltivazione del bonsai divenne molto popolare tra il 600 e il 900 d.C. Fu grazie a un viaggio in Giappone di alcuni monaci buddisti cinesi che i piccoli alberi arrivarono nel paese del Sol levante, considerato la patria del bonsai, poiché questa forma di coltivazione progredì qui in modo rilevante, anche dal punto di vista filosofico, coinvolgendo intellettuali, samurai e monaci zen. I bonsai, tanto longevi e resistenti, furono considerati specie di divinità, in grado di sconfiggere la morte e raggiungere l’immortalità. In Europa dobbiamo attendere la fine dell’Ottocento per vedere i primi esemplari, esposti in mostre a Londra e Parigi.
Si ringrazia per la collaborazione Fausto Porcelli dell’Associazione Siena Bonsai