Servizi Codice Rosa e 1522: in aiuto alle persone vittime di violenza

Attivo anche in tempo di Coronavirus il servizio dei pronto soccorso della Toscana. Così come il supporto del 1522, il numero antiviolenza e stalking nazionale, e quello dei Centri antiviolenza.

Un’emergenza nell’emergenza, quella delle donne maltrattate, in questi giorni obbligate a una convivenza forzata che rende molto complicato avere contatti con l’esterno e fare anche solo una telefonata per chiedere aiuto. Per questo è importante fare rete tra i Centri antiviolenza e le istituzioni per non lasciare sole le donne costrette, in questo periodo di emergenza, al forzato isolamento fra le pareti domestiche.

Una delibera approvata il 14 aprile dalla giunta regionale toscana, su proposta dalla vice presidente e assessora alle pari opportunità Monica Barni e dall’assessora alla salute e al welfare Stefania Saccardi, fornisce alle reti locali antiviolenza indicazioni per la gestione delle problematiche connesse alla violenza di genere durante l’emergenza coronavirus, con un percorso costruito attraverso una sempre più stretta collaborazione tra gli Assessorati regionali interessati, Prefettura, Forze dell’ordine, Magistratura, ANCI ed una rappresentanza dei centri antiviolenza della Toscana.

Il Codice Rosa

Codice Rosa, il servizio presente in tutti i pronto soccorso della Toscana dedicato alle persone (nella stragrande maggioranza donne) vittime di violenza, continua a funzionare anche in tempi di Coronavirus, se pur con alcune modifiche dettate dall’emergenza Covid 19.

La Rete regionale di Codice Rosa è attiva e opera in pieno regime attuando ogni possibile accorgimento per continuare a garantire le adeguate misure di tutela, sicurezza e privacy in ogni singolo caso di accesso in pronto soccorso di donne vittime di violenza. E anziché nelle Case rifugio, le donne potranno essere ospitate negli alberghi che la Regione mette a disposizione sia per il personale sanitario che per i pazienti Covid-19 che devono stare in isolamento.

“Le nostre procedure, coerentemente con quanto disposto dalle linee guida nazionali” chiarisce Vittoria Doretti, responsabile della Rete regionale Codice rosa ” sollecitano una relazione stretta tra le reti aziendali di Codice rosa e quelle territoriali dei Cav, i Centri antiviolenza. Come Rete Codice rosa prevedendo le possibili difficoltà che l’attuale situazione avrebbe comportato e per ampliare la risposta a esigenze abitative e di supporto in emergenza, abbiamo previsto di inserire anche i Codici rosa, e in particolare le donne vittime di violenza, tra coloro che potranno usufruire degli alloggi previsti dall’ordinanza numero 15 del presidente, secondo le modalità in corso di definizione a cura di un gruppo di lavoro dedicato”.

I Centri AntiViolenza in Toscana: la testimonianza del Centro La Nara di Prato e del Centro Artemisia di Firenze

L’emergenza sanitaria, il lock down, l’incertezza sul futuro, la crisi economica sono elementi destabilizzanti che incidono su tutte le situazioni di violenza di genere e rendono ancora più complicato anche il lavoro dei Centri AntiViolenza che però proseguono nella loro attività, perchè chi è vittima di violenza deve avere la certezza di poter contare su un aiuto professionale anche in situazioni di emergenza come questa.

Il Centro La Nara di Prato

“Possiamo dire che i dati di questo ultimo mese sono in linea con l’anno scorso. Dopo una prima fase in cui lo shock dell’emergenza aveva rarefatto le chiamate delle donne, le richieste di aiuto sono tornate a salire e sono stazionarie. Segno che il messaggio che i Centri sono attivi anche nell’emergenza è passato, però oggi come oggi il percorso di uscita dalle situazioni di violenza è sicuramente più difficile”. Parole di Francesca Ranaldi, responsabile del Centro Antiviolenza La Nara di Prato, una lunga esperienza alle spalle, due strutture di prima e seconda accoglienza da coordinare e l’incognita Coronavirus.

“La nostra attività si è trasformata per seguire le indicazioni dei DPCM, operiamo molto con il monitoraggio telefonico, noi ci siamo, ma vediamo molte situazioni rese più brutte dalla convivenza forzata, che esaspera problematiche già presenti”. Anche i dati diffusi da D.i.Re – Donne in rete contro la violenza raccontano la stessa storia, con un maggiore incremento delle richieste di aiuto nei territori dove il virus ha colpito più forte: “Ho notato una corrispondenza fra le regioni più colpite dall’emergenza sanitaria e l’aumento delle richieste di aiuto – continua Francesca – come se le restrizioni e le paure pesassero anche sul manifestarsi delle situazioni di violenza. Se non altro, vediamo però che ci sono anche molti casi di contatto da parte di donne che avevano già fatto l’accesso ai servizi antiviolenza, a conferma del fatto che si torna a chiedere un supporto laddove si è instaurato un rapporto di fiducia”.

Francesca Ranaldi

Oltre alla convivenza forzata, i problemi maggiori durante l’emergenza Coronavirus sono legati alla perdita del lavoro: “Le donne sono molto più soggette ad aver lavori precari o irregolari, che comunque in tempi normali danno una minima autonomia, anche dal punto di vista economico. Con la crisi, salta anche questa piccola certezza e i percorsi di uscita dalla violenza si fanno sempre più complicati. Pensiamo ad una donna che volesse lasciare una situazione di maltrattamento: in questo momento non sa dove andare, magari ha perso un impiego, ha paura di ammalarsi, si chiede a chi lascerebbe i figli in caso di ricovero…”.

Due gli auspici per il futuro, le “magre consolazioni” che l’emergenza Coronavirus potrebbe lasciare: “Come rete dei Centri Antiviolenza di tutta Italia chiediamo in questo momento più che mai che venga data alla donna la possibilità di restare a casa e sia l’uomo presunto maltrattante ad andarsene. Non sapete quante volte mi sono ritrovata, dopo una denuncia di violenza e l’allontanamento dalla casa, a sentirmi chiedere perché era la vittima a trovarsi in una casa rifugio, quasi una prigione, mentre il compagno violento restava libero. Oggi queste misure sono fondamentali perché ad una donna a rischio non deve mai essere preclusa la possibilità di uscire dalla violenza. In secondo luogo speriamo che quando arriverà la fase due venga dato spazio anche ad un ripensamento della politiche per l’autonomia delle donne vittime di violenza, perché vengano predisposti percorsi più stabili e strutturati”.

Le operatrici del Centro La Nara

Il Centro La Nara lo scorso anno ha partecipato ad una campagna di crowdunding della Fondazione Il Cuore si scioglie per finanziare attività educative e ludiche per i bambini vittime di violenza assistita. Questi bambini come vivono l’eccezionalità dell’emergenza Coronavirus? “Per i bambini ospitati nelle nostra strutture abbiamo predisposto tutto il necessario per la didattica a distanza, ma quello che mi preoccupa di più sono i bambini che si ritrovano isolati, senza altro contesto che quello familiare, senza il contatto con un amico o una maestra che spesso rappresentano il tramite per uscire dalla violenza”.

Intanto, per chi è già riuscito ad uscire dalla violenza, le attività nelle strutture proseguono, con tutte le misure e i dispositivi di sicurezza: “Le nostre case vengono sanificate, le ospiti hanno a disposizione guanti, mascherine, tutte le istruzioni in lingua su come gestirle. Poi all’interno delle case si vive come in famiglia” spiega Francesca.

Il Centro La Nara è aperto, con gli orari di sempre ma, anziché in modalità faccia a faccia, il servizio di supporto è svolto per telefono, attraverso il numero nazionale 1522 o il numero dello stesso Centro (057434472).

Teresa Bruno

Il Centro Antiviolenza Artemisia

Lo stesso messaggio arriva dal Centro Antiviolenza Artemisia. “Abbiamo riorganizzato tutte le nostre attività tenendo conto delle misure di protezione sanitaria” spiega Teresa Bruno, psicoterapeuta e presidente dell’associazione Artemisia “il centralino rimane attivo e stiamo utilizzando nuovi strumenti per il contatto a distanza come tablet, telefoni e videochiamate.”

Foto di gruppo presentazione iniziativa Unicoop Firenze per il 25 novembre 2019

Purtroppo i numeri non si fermano, infatti dopo una flessione iniziale delle richieste di aiuto, i contatti sono tornati nella media delle due richieste al giorno.
“È comprensibile” spiega la dottoressa Bruno “tutti stanno facendo i conti con una situazione completamente nuova e c’è bisogno di un periodo per ammortizzare il colpo. Ma dopo il disorientamento iniziale questa nuova situazione porta nuove paure.”
Infatti al centro Artemisia si aspettano un picco di richieste alla fine dell’emergenza Covid-19, perché quando una donna fa una richiesta di aiuto, immagina di affrontare una serie di impegni come trovare un’altra casa, un altro lavoro ma adesso tutto è bloccato quindi quasi impossibile farlo. “Nel momento in cui ci sarà uno sblocco allora le donne potranno immaginare di affrontare tutti i problemi legati alla violenza e sarà più facile chiedere aiuto” conclude la Bruno.

Nel frattempo rimane attivo il numero nazionale 1522 e del Centro antiviolenza Artemisia 055601375.

1522

Il numero nazionale antiviolenza e stalking 1522 è attivo 24 ore su 24, tutti i giorni dell’anno, ed è accessibile gratuitamente, sia da rete fissa che mobile, con un’accoglienza disponibile nelle lingue italiano, inglese, francese, spagnolo e arabo. Si può anche scaricare la app gratuita del 1522 per chattare in modo silenzioso ( un consiglio, quello di eliminare poi la cronologia).

(Serena Wiedenstritt e Sara Barbanera)

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