Restare positivi in un periodo così sfidante – per non dire nero – si può. Anzi si deve, perché ridere fa bene allo spirito e, prima di tutto, al corpo. Ben oltre la saggezza popolare per cui riso fa buon sangue, lo Yoga della risata è un’attività da esercitare quotidianamente, un po’ come una ginnastica del cuore che produce benefici sull’umore e sulla salute. A spiegarci come funziona è Lara Lucaccioni, maceratese, master trainer di Yoga della risata e principale formatrice italiana della disciplina: «Nella nostra pratica la risata è un esercizio che coinvolge tutto il corpo e produce una reazione biochimica ormai dimostrata da numerose ricerche raccolte anche in “PubMed” (motore di ricerca che raccoglie studi scientifici biomedici dal 1949 ad oggi, ndr)». Infatti esiste una disciplina che studia il fenomeno del ridere, la gelotologia, e che approfondisce i legami fra sistema nervoso, endocrino e immunitario.
«Quando ridiamo compiamo un’espirazione che permette di espellere l’anidride carbonica bloccata nella parte bassa dei polmoni – spiega Lucaccioni -: respirando di pancia, sblocchiamo il diaframma e immettiamo più ossigeno, il che ha molti effetti benefici: fra i tanti, la riduzione del cortisolo – ormone dello stress -, l’innalzamento della serotonina e delle endorfine, gli ormoni considerati antidolorifici naturali, un aumento delle immunoglobuline IgA e IgG che innalzano la nostra risposta immunitaria; un recente studio giapponese ne ha dimostrato gli effetti anche sulla circolazione sanguigna e sul sistema cardiovascolare. Quindi, sì, ridere fa bene prima di tutto al corpo».
Dieci minuti bastano
Può sembrare curioso, ma chi pratica la disciplina si incontra in sessioni di gruppo in cui l’obiettivo è ridere: «Un incontro tipo – spiega Lucaccioni – prevede esercizi di respirazione diaframmatica in cui, nell’espirazione, si ride; si passa poi a una fase di interazione visiva per stimolare neuroni specchio e favorire l’effetto contagio della risata, per arrivare al momento della “meditazione della risata”: dieci minuti è il tempo che occorre perché si produca la biochimica che fa bene».
Pandemia, lockdown, guerra: obiettivamente, i motivi per ridere non sono molti, ma anche se la risata è indotta e non spontaneamente scaturita da un episodio divertente, è comunque efficace: «Porta il tuo corpo a ridere e la tua mente lo seguirà: questo il principio base della disciplina che, naturalmente, deve svolgersi in gruppo, perché la risata è, per definizione, qualcosa di corale. È condivisione, è un ponte che riduce le distanze e cambia anche il nostro modo di rapportarci agli altri e agli eventi. Saper ridere è una competenza che aiuta a reagire attivamente proprio rispetto agli eventi più negativi: durante il lockdown, ad esempio, abbiamo offerto sessioni quotidiane di risata on line che hanno aiutato tanti a rompere la solitudine e ad attraversare quel momento terribile».
Questione di allenamento
Ma se è così facile e naturale – basti pensare a un neonato che a pochi mesi già ride -, perché da adulti ridiamo così poco? «Ridere è un codice naturale con cui i neonati e i bambini esprimono benessere – spiega Lucaccioni -. Poi arrivano le regole e diventa quasi sconveniente, perché fa rumore, crea disordine, è imbarazzante. Nel tempo perdiamo l’allenamento alla risata, per un mix di motivi: l’educazione familiare e scolastica, il peso del proprio ruolo sociale e le vicende personali, che spengono questa capacità istintiva.
Fortunatamente la pratica si sta diffondendo molto, anche come strumento di supporto alle terapie psicologiche, nei centri anziani, nel mondo della disabilità, ma anche nelle scuole, come corso per gli insegnanti riconosciuto dal Miur. Ce n’è molto bisogno, quindi un consiglio per tutti: cominciate e subito!».
Origini indiane
Il medico indiano Madan Kataria, con un piccolo gruppo di persone riunite in un parco pubblico di Mumbai (Bombay), dà il via allo Yoga della risata il 13 marzo 1995. Da allora la disciplina si è diffusa con migliaia di club e 3 milioni di membri in 116 Paesi del mondo.