«I primi a impedirci di essere felici siamo proprio noi stessi, che deleghiamo la felicità a fattori esterni dicendo: “Sarò felice quando passerà il Covid, quando troverò l’amore, quando avrò un lavoro”, oppure pensiamo di non meritarlo, o ancora temiamo che la nostra felicità vada a discapito di quella altrui. Invece, non dobbiamo chiedere il permesso a nessuno, se non a noi stessi» ed è per questo che Lucia Giovannini ha intitolato il suo ultimo libro “Il permesso di essere felice”. Autrice di best seller a livello internazionale e fondatrice del metodo “Tutta un’altra vita”, in questo periodo oscuro dà consigli per raggiungere il benessere della mente, cambiando l’attitudine atavica al pensiero negativo.
Ecco le parole chiave della felicità.
Autenticità: siamo noi stessi e non quelli che ci impongono di essere le convenzioni sociali. La pace del cuore nasce dalla coscienza di fare ciò che riteniamo giusto, non quello che gli altri dicono e fanno.
Cambiamento: la felicità e il benessere sono atti volitivi e possiamo condurre il nostro cervello alla positività, il primo passo è superare i vecchi schemi mentali.
Dopamina: è l’ormone del desiderio e della motivazione, ci ricompensa quando realizziamo qualcosa. «Facciamo l’elenco dei nostri obiettivi e cancelliamoli via via che li raggiungiamo, soffermiamoci e rompiamo la spirale del “non è mai abbastanza”. La tendenza a porsi obiettivi sempre più alti ha permesso alla nostra specie di evolversi, ma oggi proviamo a godere dei nostri piccoli successi».
Endorfine: le produciamo quando facciamo uno sforzo fisico, quindi non dimentichiamo di correre, andare in bicicletta, o esercitarsi a saltare con la corda in casa se non possiamo uscire. «Quando facciamo fatica, cogliamo l’opportunità per crescere e facciamo che i pesi che sopportiamo ogni giorno alimentino non solo i muscoli, ma anche il pensiero positivo».
Gentilezza: «Cominciamo a compiere atti di generosità, senza pretendere niente in cambio: possiamo aiutare il vicino anziano con la spesa o lasciare un biglietto al collega di lavoro in cui si augura una buona giornata; questi gesti ci daranno un senso di soddisfazione e produrremo l’ormone dell’ossitocina che ci farà sentire appagati».
Lista della gioia: ogni sera, prima di andare a letto, scriviamo le cinque cose belle della giornata. «Cose positive, a partire dal fatto di essere vivi – che non è scontato -, o l’aver passato del tempo con i figli, l’aver portato a termine un progetto, cose che non valorizziamo abbastanza. In questo modo rafforziamo la nostra positività e favoriamo la produzione di serotonina».
Ossitocina: è un neurotrasmettitore che si attiva quando siamo in contatto con gli altri, ci abbracciamo e ci stringiamo la mano. «L’emergenza Covid ci ha costretto al distanziamento e ha impedito gesti naturali, portandoci in deficit di ossitocina. Proviamo a recuperarla abbracciando intanto i familiari conviventi e con gli altri guardiamoci negli occhi».
Regola di platino: superiamo il detto: “Fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te” e proviamo a trattare il prossimo nel modo in cui desidera essere trattato. «Chiediamoci: “Cosa vuole una persona da me?”. La risposta a questa domanda metterà al centro l’altro, rendendo la relazione gratificante ed empatica».
Serotonina: è l’ormone dell’apprezzamento e del buonumore, ha a che fare con le nostre emozioni. Per natura siamo portati a concentrarci solo sugli aspetti negativi della nostra esistenza, perché questi si imprimono maggiormente nel nostro cervello. Se prestiamo la giusta attenzione ai fatti positivi che ci accadono, ci rendiamo conto che sono molti di più di quel che siamo abituati a pensare.
Tribù: in questo momento è importante ritrovare la propria tribù, le persone che ci vogliono bene e che ci fanno star bene. Se non possiamo abbracciarle, guardiamole negli occhi, anche attraverso lo schermo di un telefonino o di un computer.