«Riscaldamento globale, inondazioni, siccità, estinzione di specie animali e vegetali, ghiacciai che si sciolgono sono alcune delle conseguenze della crisi climatica che accompagna il nostro tempo. Un tema urgente che non possiamo rimandare, e che richiede azioni immediate a livello istituzionale, e un ripensamento delle filiere di produzione e dei nostri modelli di consumo» esordisce Irene Ghaleb, 28 anni e una laurea in economia dello sviluppo, vice-presidentessa e co-fondatrice dell’Associazione Change for Planet, nata nel 2020 a seguito della prima Conferenza locale sul clima dei giovani promossa dalle Nazioni Unite.
L’obiettivo dell’associazione, formata da giovani under 30 da tutta Italia, è quello di formare ed educare la popolazione, in particolare le giovani generazioni, alle questioni legate alla sostenibilità ambientale e sociale e all’alfabetizzazione climatica, con il supporto di altre realtà associazionistiche, le municipalità e le aziende che portano avanti gli stessi principi e valori. Quest’anno parteciperanno alla Cop28, la Conferenza internazionale sulla crisi climatica che si terrà a Dubai dal 30 novembre al 12 dicembre.
Dal 1° al 3 settembre, all’Antico Spedale del Bigallo di Firenze, l’associazione Change for Planet, con Cesvi, il co-finaziamento dell’Agenzia nazionale per la Cooperazione allo sviluppo, e il supporto di Unicoop Firenze, darà vita alla prima edizione del “Climate Training Camp” che vedrà la partecipazione di una trentina di giovani dai 18 ai 23 anni, provenienti da tutta Italia.
«Saranno tre giornate di formazione e confronto per discutere come comunicare e sensibilizzare al cambiamento climatico. Tratteremo temi importanti legati alla vulnerabilità sociale generata dalla crisi climatica, che coinvolge soprattutto il Sud del mondo, come quello delle migrazioni climatiche e dell’ecofemminismo, che riguardano il modo in cui i cambiamenti climatici impattano maggiormente sulle persone socialmente marginalizzate. Ma non mancheranno momenti di svago come una camminata sulle colline toscane, un modo divertente per imparare ad amare e rispettare la natura e chi la abita. La nostra speranza è che alla fine di queste tre giornate si crei una comunità di giovani che proseguano nell’impegno e nella sensibilizzazione verso le tematiche ambientali», prosegue Irene Ghaleb.
L’associazione in questi tre anni si è strutturata cercando di coinvolgere sempre più imprese, enti e associazioni, promuovendo incontri ed eventi: «Solo insieme, facendo rete, possiamo portare ad un cambiamento, che è anche culturale, ed una maggiore sensibilizzazione» sottolinea la vicepresidentessa.
Come sensibilizzare i giovani ad un consumo più consapevole e sostenibile?
«Ciò che è realmente necessario è molto meno di ciò che ci si aspetta. Esistono beni primari e beni secondari, a cui possiamo anche rinunciare. Anche tra i beni primari occorre distinguere tra beni primari più sostenibili e meno sostenibili, ovvero con maggior impatto ambientale. Possiamo fare scelte di alimentazione sostenibili, che abbiamo minore impatto sull’ambiente, cercare di acquistare prodotti quanto più sostenibili, sia a livello ambientale che sociale, scegliendo ad esempio quelli con minor packaging o con packaging prodotto con materiale riciclato, e facendo attenzione alla provenienza del prodotto. Prima di acquistare un abito chiediamoci con quale materiale è stato realizzato, dove, come, privilegiando fibre riciclate che possono essere inserite in un circuito di economia circolare. Per ridurre la mobilità privilegiamo l’utilizzo dei mezzi pubblici o l’andare a piedi, e se proprio dobbiamo prendere l’auto magari possiamo condividere il viaggio con altri, quando possibile».
Un altro consiglio di Irene Ghaleb è quello di cercare di ridurre il nostro spreco, far durare di più i nostri oggetti, per esempio non cambiare subito il telefono appena si rallenta un poco se comunque è funzionante, e quando possibile, privilegiare apparecchi ricondizionati come prima opzione all’acquisto. E, alla fine della vita del prodotto, anziché gettarlo nella spazzatura portarlo all’isola ecologica, così sarà molto più probabile che venga in qualche modo recuperato. «Piccoli gesti di attenzione che ciascuno di noi può avere e che insieme possono fare la differenza» conclude Irene.