Appendere un rametto di vischio alla porta di casa, durante le feste, è una delle tante tradizioni popolari legate al periodo di fine anno. Si ritiene il vischio portatore di pace e prosperità, e molte sono le leggende e gli aspetti storico-culturali ad esso legati. È una pianta che possiede molte caratteristiche particolari, purtroppo ormai rara allo stato spontaneo, a causa di una raccolta indiscriminata e di una progressiva distruzione di molte zone boschive.
In natura
Si tratta di una specie parassita che vive solo nella parte aerea di alcuni alberi come il melo, il pioppo, l’olmo, il tiglio o il noce, oppure su alcune conifere. Il vischio (Viscum album) è un sempreverde con un fusto corto e ramificato; ha un portamento tondeggiante ben riconoscibile ed è diffuso in quasi tutte le aree temperate del pianeta. S’insinua sotto la corteccia degli alberi ospiti, nutrendosi della loro linfa ma fortunatamente senza danneggiarli troppo; da essi ricava azoto, che è incapace di produrre in modo autonomo.
Infatti, è una specie epifita, emiparassita, le cui foglie compiono la fotosintesi, ma senza ottenerne azoto. In primavera il vischio produce infiorescenze bianco-giallastre e in autunno sulle piante femminili nascono piccoli frutti: bacche bianche e appiccicose, che contengono i semi – uno soltanto in ciascuna – i quali, ingeriti dagli uccelli, si disperdono poi nell’ambiente, alcuni cadendo sui rami degli alberi, su cui in seguito si svilupperanno.
Esiste anche un’altra varietà, più rara, che cresce unicamente sulle querce: il Loranthus europaeus, noto come vischio quercino, con le sue caratteristiche bacche giallastre. Questa specie perde le foglie durante l’inverno; se si ha la fortuna di vederne uno, godremo della bellezza delle piccole sfere lucide e dorate che brillano tra i rami spogli della pianta che lo ospita. Il vischio coltivato a uso ornamentale è quello bianco; una volta acquistato, per meglio conservarlo si appende capovolto, con la chioma verso il basso, per mantenerlo turgido. Attenzione a mobili e tappeti, perché la sostanza contenuta nelle bacche è molto appiccicosa e quindi difficile da rimuovere. Le bacche possiedono anche una lieve tossicità, se ingerite, per cui è bene tenerne lontani bimbi e animali domestici.
Tradizioni dal nord
I Celti ritenevano il vischio una pianta sacra, un dono degli dei, e ne avevano una venerazione profonda. La caratteristica di crescere in cima alla pianta ospitante, senza mai toccare il terreno, ha favorito nella cultura celtica la credenza che il vischio rappresentasse un’emanazione della divinità sulla Terra. Utilizzato moltissimo nella tradizione quale rimedio erboristico, si riteneva che fosse panacea per tutti i mali. La raccolta della pianta sacra presso questi antichi popoli seguiva rituali molto precisi condotti dai sacerdoti, i famosi druidi.
Tra le numerose informazioni emerse dagli studi, risulta l’usanza dei Celti di raccogliere il vischio il sesto giorno della luna crescente, quando si credeva che l’energia dell’astro aumentasse di forza.
Un’usanza piuttosto nota, che pare abbia origini norvegesi, e ancora oggi in auge, è quella di baciarsi sotto il vischio: si dice che ciò garantisca agli amanti un amore eterno e fortunato.
Appenderlo alla porta di casa a Natale, oppure portarlo al collo, quale amuleto per allontanare disgrazie e influssi negativi, è abitudine che si afferma intorno alla fine del diciottesimo secolo in Gran Bretagna, diffondendosi poi in altre parti del mondo.