Un professore chiamato presidente
Lo definisce il suo biglietto da visita, ma in realtà è molto molto di più. L’ultima fatica letteraria di Roberto Zaccaria, Un professore chiamato presidente. Memorie disordinate, è una ricca sintesi di 60 anni di storia del nostro Paese, raccontati attraverso le tante esperienze di vita.
Dall’inizio del percorso universitario, nella prestigiosa facoltà Cesare Alfieri di Firenze, agli anni passati in Rai come membro del Cda e poi come presidente dal 1998 al 2002, fino all’elezione in Parlamento, per la prima volta nel 2004 – e poi ancora nel 2006 e nel 2008 -, le vicende da narrare non mancano.
A Montecitorio, grazie alla sua esperienza come professore di Diritto costituzionale, era diventato «punto di riferimento per molti deputati con minore dimestichezza giuridica, fra i quali una giovanissima Giorgia Meloni», svela lo stesso Zaccaria. Imperdibili gli aneddoti degli incontri con i grandi della politica, anche in chiave ludica, «come la partita in doppio di tennis contro Giuliano Amato e Tony Blair, allora rispettivamente presidente del Consiglio italiano e primo ministro inglese, giocata in una villa di campagna a San Gimignano e che doveva assolutamente concludersi con la vittoria dei due premier. Io e il mio partner abbiamo fatto sì che accadesse» precisa il professore.
Al suo periodo in Rai corrisponde la produzione delle prime fiction, molto amate dal pubblico, come Il Maresciallo Rocca, Il Commissario Montalbano, La meglio gioventù, ma anche la serie record Un posto al sole, ancora in onda sui Rai Tre. Ma non solo.
«I programmi in prima serata con grandi artisti come Morandi, Baglioni, Panariello, furono intuizioni che contribuirono al successo della Rai che in quanto servizio pubblico, a mio parere, avrebbe dovuto proporre almeno uno o due programmi d’eccellenza in tutti i generi televisivi e così facemmo». Infine, trovano spazio nel libro le passioni private, quella per la moglie, l’attrice Monica Guerritore, e per la squadra del cuore, l’Inter. Una lettura adatta a chi in estate vuole tuffarsi nel flusso della storia, ma ama farlo attraverso le vicende personali di un attore-spettatore di primo piano.
Muoio per te
Il 30 maggio del 1924 fu il giorno dell’ultimo discorso in Parlamento di Giacomo Matteotti, quello che segnò la sua condanna a morte per mano fascista, avvenuta il 10 giugno dello stesso anno. Riccardo Nencini, politico di lungo corso e appassionato scrittore, torna a raccontare il coraggio di Matteotti – cui aveva dedicato il romanzo storico Solo – analizzando stavolta le vicende dei mesi che seguirono il rapimento e l’assassinio del politico socialista.
«In muoio per te, protagoniste sono le donne: naturalmente Velia Titta, la moglie amatissima di Matteotti – che rende invulnerabile l’intransigenza morale del marito quando gli scrive: “Non ti è più concessa nessuna viltà, dovesse costarti la vita” -, ma anche le mogli e le compagne di altri uomini politici che hanno fatto la storia d’Italia e che alle loro donne devono molto» spiega lo stesso autore, che è anche presidente del Gabinetto Vieusseux di Firenze.
Le altre grandi donne protagoniste del libro sono Giulia Schucht, moglie di Antonio Gramsci, Margherita Sarfatti, amante di Mussolini, e Anna Kuliscioff, compagna di Filippo Turati.
Nencini ne ricostruisce sentimenti, idee, iniziative e lo fa attraverso lo studio di diari, lettere e documenti inediti che lo stesso autore ha indagato e analizzato con l’aiuto di due psicologi, per ricostruire il più fedelmente possibile «queste figure femminili che hanno contribuito all’agire dei loro uomini e che rispetto agli avvenimenti degli anni Venti del Novecento hanno avuto un ruolo centrale, ma che il racconto della storia ha ingiustamente trascurato: con questo libro le riportiamo al posto che meritano».