L’aceto è un regalo dai mille usi, da parte di un gentile gruppo di batteri definiti Acetobacter aceti. La sua produzione non ha avuto battute d’arresto nei secoli: è menzionato molte volte nell’Antico Testamento e ne sono state trovate tracce in un vaso egizio di diecimila anni fa.
Gli acetobatteri sono microscopici (mille volte più piccoli di un millimetro), a forma di bastoncino con sottili filamenti che agitandosi ne permettono il movimento. In presenza di ossigeno, trasformano l’alcol etilico in acido acetico e non importa in quale materia prima si trovi l’alcol: si può fare aceto a partire da vino, birra, mele, miele e riso. Per potersi definire aceto, la quantità di acido acetico per legge deve essere compresa fra 5 e 12 grammi per 100 millilitri, mentre il contenuto di alcol etilico residuo non può superare lo 0,5% in volume.
Di madre in aceto
Il classico condimento per verdure crude, cotte e in conserva usato in Italia è l’aceto di vino bianco o rosso (secondo la materia prima di partenza), e in molte famiglie è ancora fatto in casa, utilizzando colture di acetobatteri chiamate “madre”. L’aspetto della “madre” è quello di una massa gelatinosa che galleggia sul vino, in cui vivono i batteri. È molto semplice ottenerla, basta aggiungere al vino un po’ di mollica di pane appallottolata o della pasta secca e aspettare. Quando la massa aumenta troppo e si sposta sul fondo, non funziona più e può prevalere l’azione di altri batteri, che possono peggiorare l’aceto; quindi periodicamente è meglio rimuoverla.
I batteri di queste colonie non vogliono un vino troppo alcolico (10-12° al massimo) e stanno bene al calduccio (28-30°C sarebbe la loro temperatura ideale).
Da mele e miele
Un aceto interessante è quello di mele, del quale si sente spesso esaltare le proprietà, ma in realtà non ne ha più degli altri tipi. Come tutti, può ridurre l’assorbimento dei carboidrati, ma nell’ambito di una dieta normale e non in modo significativo. Non abbassa la pressione del sangue, la colesterolemia e i livelli dei trigliceridi ematici più di frutta, verdura o altri alimenti ricchi di antiossidanti o altri nutrienti. Spesso in internet si leggono dati che possono indurre a fraintendimenti, di fatto nessuno studio scientifico porta a risultati univoci.
Altro aceto molto aromatico, dal sapore delicato e con un bel colore ambrato, è quello di miele. Preparato a partire dall’idromele – bevanda più antica del vino, definita nettare degli dei e presente in molti racconti della mitologia -, si ottiene attraverso la fermentazione del miele. Anche se non è molto conosciuto, non è difficile da reperire, perché un numero sempre maggiore di apicoltori lo produce. È ottimo per preparare salse agrodolci, per insaporire macedonie, verdure e pesce.
Bianco come l’aceto
Nel reparto dei supermercati dedicati all’aceto, si può trovare quello bianco, ottenuto da alcol di frutta e cereali vari, che viene usato per molte operazioni casalinghe. Ottimo come anti-calcare su materiali come plastica, metallo e vetro, ma da non usare assolutamente sul marmo, che è una roccia, composta prevalentemente da carbonato di calcio, nome chimico del calcare, e sul quale ha un notevole effetto corrosivo. È ottimo per rendere brillanti posate e bicchieri ed essendo un buon sgrassatore è spesso usato per togliere cattivi odori; nella lavastoviglie può sostituire il brillantante.
È anche un ammorbidente naturale, da utilizzare per il bucato a mano e in lavatrice in sostituzione di quello industriale: lana e cotone risulteranno morbidi, facili da stirare e con un odore di pulito non artificiale.
In cosmetica è ottimo come balsamo per i capelli, chiude perfettamente le scaglie di cheratina di cui è fatta la loro cuticola togliendo anche il crespo più ostinato. Non è, invece, un disinfettante da usare sulle ferite e la sua azione contro funghi e pidocchi tramandata dalla nonna non ha alcun riscontro scientifico.