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Coppa o culatello?

Caratteristiche, curiosità e consigli di cucina per gustare la meglio questi due ottimi salumi

Coppa

Provenienza: tipica delle zone di Parma e Piacenza, è preparata anche altrove in Italia e conosciuta sotto diversi nomi; il sud spesso la chiama capocollo: anche se è ottenuto con procedimenti un po’ diversi, è il medesimo prodotto. La coppa piacentina e il capocollo di Calabria hanno il riconoscimento Dop, la coppa di Parma è una Igp.

Caratteristiche: si usano i muscoli del collo, la cui carne è salata, pepata, speziata, massaggiata, insaccata nel budello del maiale e stagionata per 3-6 mesi in ambienti freschi e ventilati. Di forma cilindrica, appuntita alle estremità, ha consistenza soda e compatta, e un color rosso inframmezzato di bianco rosato. Nutriente, di profumo dolce e caratteristico, ha un gusto delicato che si affina con la maturazione.

In cucina: consumato come antipasto o in un panino, ma anche in rotolini ripieni di formaggio brie e prezzemolo tritato, passati al microonde per un minuto o in forno a 200°C per non oltre 5 minuti. Oppure tagliata fine e aggiunta a finocchi affettati sottili, arancia a tocchetti e olive ascolane. Il vino? Moscato, Prosecco, Spumante, Barbera del Monferrato.

Un consiglio: dato che è piuttosto calorica, è bene consumarla con moderazione.

Curiosità: qualche altro nome: ossocollo (Veneto e Friuli), finocchiata (Siena), corpolongo (Lazio settentrionale), finocchiella (Lombardia).

Culatello is the name of a fine raw ham produced in the Zibello area near Parma and Modena in Emilia Romagna

Culatello

Provenienza: è una carne salata molto pregiata, tipica della bassa parmense, in particolare della zona compresa tra Zibello (qua si produce l’omonimo Culatello, Dop e Presidio Slow Food) e Langhirano, dove il particolare microclima e la tradizionale abilità dei produttori garantiscono una qualità e una tipicità difficilmente riproducibili altrove.

Caratteristiche: estratto dalla coscia posteriore del maiale e rifilato del grasso, è salato, speziato e massaggiato. Poi si insacca nella vescica del maiale, ben cucita, perché aderisca alla carne, con una legatura che gli conferisce la forma a pera. È stagionato per un anno, prima in luoghi tiepidi e secchi (così perde liquidi) e poi in luoghi umidi, bui e freschi, perché assuma i suoi inconfondibili profumi e gusti.

In cucina: già sublime da solo, si sposa a verdure sottaceto (ma delicate) o con poco aceto balsamico. Si accompagna a Grana o Parmigiano o a robiola ed erba cipollina. Si abbina a fichi e noci o melone. Particolare il consumo con zucca cotta nel burro e funghi trifolati senz’aglio e salsa al nocino. Vino: Franciacorta, Trebbiano, Verdicchio o Riesling.

Un consiglio: conservare al fresco in un telo di lino con la parte tagliata unta di olio.

Curiosità: esisteva già nel XIV secolo, ma era chiamato prosciutto senz’osso, perché la Chiesa di allora non avrebbe apprezzato il suo nome attuale.

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