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Passito o Vin Santo?

A fine pasto, per accompagnare il dessert o tanto per gradire

Passito

Provenienza e storia. Ovunque nel mondo: fuori dall’Italia, i più celebri vengono da Francia, Germania e Ungheria. Ogni nostra regione ha il suo: senza far torto agli altri, citiamo il Passito di Pantelleria, il Picolit del Friuli, lo Sciacchetrà delle Cinque Terre, i Muffati Orvietani, il calabrese Greco di Bianco e il Moscato di Trani. Vino antico, le origini si perdono nella notte dei tempi: ne parla Omero, e già Greci, Egizi e Romani appassivano le uve al sole, sulla pianta o in locali dedicati.

Caratteristiche. Sono vini morbidi e dolci (senza aggiunta di zucchero), dal profumo di frutta matura, miele, caramello, spezie e frutta secca. I colori sono complessi: i bianchi variano dal dorato brillante all’ambrato, mentre i rossi hanno tonalità che vanno dal rubino intenso al granato.

In cucina. Solitamente si abbina al dessert, quindi biscotti o torte, ma anche alle castagne arrostite si può accostare un passito. Da provare con i formaggi, ma anche con le carni, per esempio il piccione, dal sapore deciso, o la più dolce anatra.

Un consiglio. Una volta aperto, va in frigo nella parte meno fredda. Prima di servirlo, lasciamolo fuori per un po’.

Curiosità. Al di là del comune credere, i passiti non sono solo dolci. Esistono anche i passiti secchi, come l’Amarone della Valpolicella, secco e corposo, fra 16 e 17 di gradazione alcolica, e lo Sforzato di Valtellina, di circa 15 gradi.

Vin Santo

Provenienza e storia. Vien voglia di dire: «Solo in Toscana!», ma lo si produce anche in altre regioni dell’Italia centrale e nei Colli Piacentini. Le Doc più celebri, comunque, sono toscane: del Chianti, del Chianti Classico, di Montepulciano, di Carmignano. Fra le ipotesi sul nome, la più celebre è quella legata al metropolita greco Giovanni Bessarione che, durante il Concilio di Firenze del 1439, bevutone un sorso, esclamò: «Questo è il vino Xantos!», forse riferendosi a un vino di Santorini.

Caratteristiche. È una varietà di vino passito, che deriva da uve – Trebbiano toscano e Malvasia – e tecniche di lavorazione specifiche: il vino riposa almeno per tre anni nei caratelli, piccole botti da 15 a 50 litri, che non vengono mai lavati dalla spillatura del Vin Santo precedente.

In cucina. Vino da fine pasto, si abbina di solito ai dolci, in Toscana ai cantucci di Prato. Da provare con formaggi stagionati o erborinati, come il gorgonzola. La temperatura di servizio non sia troppo bassa, altrimenti si perdono certi aromi.

Un consiglio. Prima di inzupparci i cantucci, assaggiamo il Vin Santo da solo, per goderne profumi e sapori.

Curiosità. Simbolo di amicizia e ospitalità, veniva offerto a chi era di passaggio, come i pastori che durante la transumanza sostavano nei poderi i cui terreni erano concimati dalle pecore in sosta. Dolce modo di ringraziare.

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