Mezzo secolo di vita per la vite. Con un facile gioco di parole si può riassumere così l’attività de Le Chiantigiane, il più grande Consorzio cooperativo vitivinicolo della Toscana. Il presidente Davide Ancillotti parte subito dalle origini: «La nostra storia comincia con la cantina sociale di Certaldo, fondata nel 1948, che, associandosi con altre cantine, diede vita al Consorzio nel 1967 e iniziò la propria attività produttiva proprio 50 anni fa, nel 1975. In questi anni siamo cresciuti molto, in un percorso che è sempre andato a braccetto con Unicoop Firenze fin dall’inizio, perché il nostro obiettivo è sempre stato quello di offrire vini di qualità a prezzi accessibili».
In Toscana e non solo
I numeri de Le Chiantigiane sono importanti: oggi ci sono oltre 2200 produttori associati che aderiscono alle 5 cantine socie che operano nel territorio toscano, per una produzione annuale di circa 180mila quintali di uve coltivate in oltre 2500 ettari di vigneti, i quali concorrono sicuramente a mantenere vivo e unico il “paesaggio toscano”, quello che da sempre affascina tutto il mondo, facendo la felicità degli amanti del vino e non solo. Le Chiantigiane raggruppano alcune delle principali Docg toscane, come la Vernaccia di San Gimignano, il Chianti, il Chianti Classico, il Morellino di Scansano. Vini prodotti nel cuore della Toscana, dall’empolese-valdelsa fino al grossetano, passando per il senese (Castelnuovo Berardenga) e il pistoiese (Larciano).
Ma Le Chiantigiane non si fermano alla Toscana e, dalla fine degli anni Novanta, hanno deciso di andare oltre confine, instaurando rapporti con produttori locali in Abruzzo, Umbria, Sardegna, Marche e gli ultimi in Piemonte, per uno Spumante Metodo Classico, in modo da rispettare la specificità del territorio e la qualità del prodotto, affinché ogni bottiglia racconti una storia di lavoro e di passione.
«Il nostro obiettivo – prosegue il presidente Ancillotti – è quello di garantire una filiera cortissima e una tracciabilità assicurata. Abbiamo due importanti impianti dove avviene l’affinamento, sia in legno che in acciaio, e l’imbottigliamento o l’infiascamento, perché noi continuiamo a fare anche il fiasco della nostra tradizione. Uno stabilimento è a Barberino Tavarnelle, nel cuore del Chianti, e l’altro a Madonnino di Braccagni, in provincia di Grosseto. Due posizioni strategiche per valorizzare al meglio le diverse vocazioni produttive dei vari territori. Poi, da lì, ci occupiamo anche della commercializzazione».
Un periodo difficile per il vino
L’attività de Le Chiantigiane parla da sola: «Il mondo del vino non sta passando un buon periodo – conclude Ancillotti – la guerra in Ucraina ha aumentato costi e prezzi, e ora ci mancava solo la minaccia dei dazi. Poi, tra i giovani, si stanno rilevando due tendenze opposte: o verso bevande fresche e molto leggere, o verso i superalcolici. Ciò nonostante, noi continuiamo a produrre circa 10-12 milioni di bottiglie all’anno, che vanno per i tre quarti in Italia e per il restante quarto esportate nel mondo, principalmente nel nord Europa, ma anche in Cina e Giappone. La nostra filosofia è fare in grande le cose che fanno i piccoli, perché questo ci consente di curare e salvaguardare il nostro territorio e i nostri vigneti, offrendo un prodotto di qualità, buono, sicuro e giusto. Per ora, credo che ci siamo riusciti».
In effetti, con oltre 10 milioni di bottiglie, il Consorzio Le Chiantigiane mette sul mercato almeno un calice per ogni italiano. Magari per brindare ai suoi primi cinquant’anni. Alla salute!