Il lavoro dell’associazione Aima, l’associazione italiana per la malattia di Alzheimer

Ogni giorno a fianco di chi soffre di demenza per offrire supporto formativo e psicologico

Chiunque abbia una persona cara malata di demenza conosce quella sensazione di incredulità e rabbia per le prime dimenticanze («Mamma, eppure te l’avevo detto stamani», «Babbo, ne abbiamo parlato ieri»). Ma conosce anche quel senso di smarrimento e abbandono che ti prende quando la malattia si è ormai impossessata di loro, mamma o babbo, moglie o marito, che sono diventati persone “altre” da quelle che conoscevamo.

Rivolgersi al medico di famiglia, che richiederà una visita al Centro per i disturbi cognitivi e le demenze dell’Asl più vicina, è un primo passo, ma l’attesa è lunga e bisogna prendersi subito cura di loro e di “noi”, perché questo genere di malattie colpisce tutto il nucleo familiare. «Non potete farcela da soli, imparate a chiedere aiuto» lo dice chiaramente Manlio Matera, presidente di Aima, l’associazione italiana per la malattia di Alzheimer, che dal 1994 aiuta gratuitamente i familiari dei malati a “sopravvivere” alla nuova condizione di vita, districandosi fra i tanti problemi pratici, burocratici e affettivi, senza incorrere in condizioni di sconforto o nella depressione – assai diffusa fra chi si prende cura di questi malati. «Ho cominciato a occuparmi delle demenze per aiutare un’amica la cui madre si era ammalata – spiega -, poi ne ho fatto il mio impegno principale per trent’anni. In questo periodo ho visto alcuni progressi nella medicina, ma la sensazione di impotenza che pervade i familiari è rimasta la stessa».

Una malattia sociale

Demenza è la parola che indica un decadimento cognitivo tale da influenzare la vita quotidiana, è quindi una sindrome che si definisce attraverso i suoi sintomi: perdita di memoria, problemi con il linguaggio e lo svolgimento di attività, cambiamenti di personalità, disorientamento e comportamento distruttivo e inadatto. Nel mondo contemporaneo, dove contano l’efficienza e la performance, queste persone diventano “inutili”. A volte persino un intralcio.

In Toscana sono stimati 80mila casi di demenza, di cui 50mila dovuti alla malattia di Alzheimer. La sua incidenza aumenta con l’età e in una società progressivamente più anziana come quella italiana inevitabilmente crescerà anche la demenza. «Per diffusione, complessità, impatto sociale ed economico – spiega Matera – la demenza si presenta come una malattia sociale». Questo significa che non riguarda solo il malato, ma tutti coloro che lo circondano, e comporta costi economici e psicologici.

È importante, infatti, sapere quali sono gli aiuti e i servizi messi a disposizione dalla pubblica amministrazione per i malati e le loro famiglie. Il percorso per richiedere l’invalidità civile, e l’eventuale indennità di accompagnamento, può essere intrapreso dopo che il medico di famiglia ha rilasciato il certificato introduttivo cui seguirà la valutazione di una commissione. La legge 104 prevede per chi si occupa di un familiare affetto da demenza la possibilità di astenersi dal lavoro tre giorni al mese.

Per avviare invece il percorso della non autosufficienza bisogna rivolgersi al Comune di residenza con la scheda di segnalazione del bisogno e la scheda medica. Dopo una prima valutazione degli assistenti sociali, una commissione di esperti suggerirà uno dei percorsi fra l’assistenza domiciliare, il contributo badante, la frequentazione di un centro diurno o il trasferimento in una residenza sanitaria. Ma anche per ricevere le risposte a queste istanze ci vuole diverso tempo. E nell’attesa la convivenza con il malato può farsi davvero pesante. E allora, chiediamo aiuto. Ma facciamolo per davvero.

Una sfida logorante

«Mi sono trovato davanti una persona che non conoscevo – racconta Nicola, la cui moglie è malata di demenza -. Per un certo periodo della sua malattia, se non l’accontentavo mi aggrediva e mi lanciava addosso degli oggetti». «Roberto ha cominciato a ripetere sempre la stessa frase: “Voglio andare a casa mia” – è la storia raccontata da Miriam -. Eppure era già nella sua casa, solo che non la riconosceva». «La mia mamma non trovava pace: voleva uscire anche di notte. Abbiamo dovuto nascondere tutte le chiavi, perché temevamo che uscendo si perdesse» ricorda Annalisa.

La fase della malattia dominata dall’ansia e dall’agitazione è forse la più difficile da gestire per i familiari, ma ogni momento della sua progressione ha caratteristiche che è importante comprendere per attuare le giuste contromosse. «Spesso non c’è una conoscenza approfondita di come si manifesta e si evolve. Questo complica il prendersene cura: per i familiari più stretti – aggiunge Matera – è spesso una sfida logorante, dovuta ai cambiamenti della personalità del malato, che determinano un senso di frustrazione, ansia e depressione tra i familiari».

Cosa fare allora? «Con Aima organizziamo degli incontri aperti e gratuiti, in presenza e on line, nel corso dei quali si danno dei consigli pratici su come reagire nella maniera più adatta ai comportamenti del malato – precisa Matera -, che ci paiono illogici e irrazionali. Spesso però è la paura a determinarli. Non bisogna mai andare allo scontro, ma scegliere strategie alternative. Gli psicologi che prestano servizio da noi sono disponibili anche per incontri singoli per aiutare chi ha bisogni specifici o soltanto di essere ascoltato. Abbiamo chiamato il nostro progetto di aiuto “Casa Alzheimer”, perché qui le persone devono sentirsi accolte come in una casa».

In bagno e in casa

Parlando con gli psicologi dell’associazione, si sciolgono tanti dubbi e si trova la forza per affrontare le difficoltà. Ad esempio, la cura dell’igiene personale, che viene completamente trascurata dal malato di demenza. Fare la doccia diventa un’impresa.

«Il getto d’acqua, la sua temperatura, condizioni ambientali di freddo o caldo, sono percepite dal malato come disturbanti. Anche i tanti oggetti che sono presenti abitualmente in un bagno possono creare disorientamento. Io suggerisco di eliminare dalla vista flaconi, barattoli, saponette e lasciare solo l’indispensabile – spiega Maria Angela Caputo, psicologa e psicoterapeuta di Aima -. E se proprio il malato si rifiuta di fare la doccia, laviamolo a pezzi».

Altri suggerimenti utili arrivano per i momenti di estrema agitazione: «Quando il malato diventa aggressivo perché gli si impedisce di fare qualcosa, ad esempio di uscire di casa in un momento inopportuno, è bene evitare di mettersi a tu per tu, non ingaggiamo una battaglia, ma distraiamo la sua attenzione e manteniamo la calma – suggerisce Caputo -. Si può anche proporre all’anziano di svolgere qualche attività che è sempre risultata gradevole, inutile proporre colori e pennelli se non ha mai dipinto».

Anche se una persona non è più efficiente per attività complesse, la si può coinvolgere in quelle più semplici. «Apparecchiare la tavola, ad esempio. Probabilmente il malato sbaglierà nel disporre piatti, bicchieri e posate, ma lasciamogli portare a termine il suo compito, perché questo lo aiuterà a mantenere in allenamento le poche capacità che gli sono rimaste» raccomanda la psicologa.

I consigli che possono alleggerire il peso della vita quotidiana di chi vive con una persona affetta da demenza sono molti. Basta chiedere aiuto.

Aima ci aiuta

Unicoop Firenze per dieci anni ha sostenuto la ricerca sull’Alzheimer con l’associazione Airalzh, attraverso l’istituzione di borse di ricerca per giovani ricercatori in alcune delle più importanti Università italiane. Numerosi studi sono stati portati avanti contribuendo a compiere passi avanti per conoscere meglio cause e sviluppo della malattia. Ora, comincia la collaborazione con Aima per offrire un supporto alle famiglie che vivono la difficile condizione della demenza, con incontri gratuiti on line o in presenza.

Per informazioni: aima.comunica.it, info@aimafirenze.it, 055433187, whatsapp 3297674316

Iscriviti alla Newsletter

Le notizie della tua Cooperativa, una volta alla settimana. Guarda un esempio

Errore: Modulo di contatto non trovato.

Potrebbe interessarti