

Trama
La storia è ambientata tra Sarraca, un paesino inventato dall’autrice e posizionato vicino ad Agrigento e la masseria di San Marco di proprietà della famiglia nobiliare Damelio. La narrazione si svolge con salti temporale tra il 1924 e il 1960 anni in cui la giovane Carlotta inizia a indagare sulle sue origini familiari. Il racconto inizia con la scena del viaggio in corriera per raggiungere il paesino di Sarraca, dove i personaggi sono posizionati a sedere secondo il loro ruolo sociale: l’avvocato Calascibetta è seduto davanti e vicino al giovane adolescente Stefano Damelio, le donne in fondo come la gna Bastiana, una delle protagoniste femminile della storia; invece, Bartolo, mezzadro, si trova a sedere tra i due gruppi. L’autrice sceglie di presentarci fin da subito la figura dell’avvocato Calascibetta, conoscitore e custode dei segreti delle famiglie Cangialosi e Damelio.
Il racconto si alterna in flashback tra la storia della nascita di Carlotta nel 1924, e il 1960 momento in cui Carlotta, brillante e instancabile archivista, capa all’archivio di Agrigento, scopre un atto di denuncia della nonna paterna Rosetta Damelio nei confronti di sua nonna materna Bastiana Aricò e sua madre Nardina, in cui si lascia intendere un atto di compravendita che richiama a un intrigo. Sul piano sociopolitico ci troviamo in una Sicilia ancora dominata dalla nobiltà latifondista in decadenza che non vuole abbandonare il suo ruolo di comando e l’avvento del fascismo colluso con il potere mafioso.
La figura del mafioso è qui evidenziata dal personaggio di Don Calogero Licata, un mafioso sovente interpellato dalla nobiltà, ma anche delle umili persone che chiedono aiuto per sbrigare varie situazioni personali, dove i favori incontrano l’omertà, la sottomissione, e il rispetto, che chiaramente si individua nella costante frase presente nel testo «nenti sacciu». Sarà proprio Don Calogero a mettere d’accordo le due famiglie per la cessione del nascituro dalla casa della madre biologica, Sabedda, di cui poi si innamora, e la madre adottiva Nardina che è succube delle scelte materne di gna Bastiana, a tal punto da non voler mai sapere la verità sulla madre biologica di Carlotta. Ecco, dunque, che la figura femminile di Nardina è centrale nella narrazione; in famiglia Cangialosi ci si aspetta da lei unicamente di comportarsi da moglie e madre devota, di dare un erede a Carlo, qualcuno che potesse continuare a tramandare il titolo.
Come pensa la madre Bastiana, è meglio che sia lei a dare un figlio al marito, e non una serva, così come nei desideri della suocera Rosetta, madre di Carlo, per niente sostenitrice del loro matrimonio. La piccola Carlotta arriva la notte della sua nascita a palazzo Cangialosi, il 23 dicembre 1924, e Nardina fin da subito non sembra rasserenata da questa bugiarda maternità. Con costanti salti temporali si arriva ai pensieri e azioni di Carlotta che da grande, nel 1960, quando ormai non è rimasto più nessuno della sua famiglia, inizia a scavare nel suo passato, sperando nella collaborazione dello zù Pippino, l’avvocato Calascibetta. Ed è da questa costante ricerca che si dirama la storia di quel 1924. La madre biologica, la giovane adolescente Sabedda fu sedotta dal baroneddu Stefano, figlio del padrone della tenuta presso la quale lavorava e viveva con il padre Bartolo. Il signorotto Stefano, padre quindi biologico di Carlotta, è cugino del padre adottivo Carlo, che alla fine dei conti fu padre per poche ore, vista la sua morte la sera stessa della nascita di Carlotta, che in effetti porta il suo nome al femminile. Stefano, il baroneddu, era convinto che tutto ciò che fosse nella tenuta gli appartenesse, anche Sabedda, che da giovane infatuata di lui cade nella sua rete, illusa che quello fosse amore.
C’è in quel momento in Sabedda un’innocenza che la conduce ingenuamente a fidarsi di Stefano; Sabedda dopo questa violenza subita, riprende in mano la sua vita, e decide di dare per sempre Carlotta in adozione alla famiglia Cangialosi per richiesta della gna Bastiana e mediazione di Don Calogero, che sarà per lei il suo vero amore. Sabedda ha una grande crescita personale e femminile, da una fase iniziale di colpevolezza per la sua stupidità, per non aver capito le vere intenzioni di Stefano, Sabedda passa a una rabbia violenta verso il barone che successivamente da adulti la porterà a fare di tutto per tenere Carlotta lontana da lui (che neanche saprà mai della sua paternità).
Il ritorno anni dopo di Stefano da Palermo in un momento di stabilità a casa Cangialosi porta scompiglio nelle loro vite tutte al femminile, dove l’avvocato Calascibetta è l’unico uomo di casa. Stefano è accolto da Nardina con la quale si scatena una buona intesa che li conduce vicini al matrimonio, Carlotta è serena per la figura di padre che poteva ritrovare in questo zio. Solo Sabedda, che si è accontentata di essere una bambinaia per Carlotta, assiste alle ingerenze di Stefano, consapevole del solo male che lui poteva portare alla famiglia. Un male che finisce con la morte di Stefano per mano di Don Calogero, arrivato a Sarraca dopo un periodo di latitanza per regolare i conti e condurre Sabedda con lui in America.
La mattina dopo l’omicidio di Stefano, anche Sabedda scompare, e non si saprà più niente di lei. Carlotta cercherà il suo passato indagando suoi misteri della sua famiglia di cui ormai nel 1960 l’unico custode è zù Pippino, e la sua governante. Don Calogero ritornerà a Sarraca, proprio mentre Carlotta è intenta a ricostruire la sua storia.
Scoperta dopo scoperta, alla fine il mistero si dipana grazie ad una lettera di Sabedda che Carlotta riceve proprio dalle mani di Don Calogero. Il racconto si conclude con Carlotta che straziata dal dolore per la verità nascosta per anni, e per la morte improvvisa dello zù Peppino, che la rende definitivamente orfana, decide di riprendere in mano la sua vita e dedicarsi all’avvocatura e alla lotta alla mafia.


I personaggi
Carlotta – zù Pippino (avvocato Calascibetta) – Cursidda – gna Bastiana Aricò – Nardina – Carlo Cangialosi – Sabedda – Don Calogero – Bartolo – Stefano Damelio e tutta la famiglia di Rosario Damelio –– Rosetta Damelio – Caterina Curreri – Venera


La citazione degna di nota
A Bartolo, che conosceva solo la religione dei maschi, bruciava più lo scorno che qualche disgraziato gli aveva voluto arrecare che il tormento per quell’adolescente gravida, sola e senza mezzi. La rabbia più grande era l’ostinazione di lei che, non rivelandogli chi fosse il padre, lo disonorava per sempre, non potendo lui vendicarsi né costringere alcuno a sposarla.
Lei non capiva. Il suo amore io non l’avevo mai percepito, i miei sensi non lo conobbero: il primo, il più vero degli amori non l’avevo toccato, gustato, visto, sentito, odorato e, non avendo mai appreso quello, non ne avrei potuto riconoscere altri a venire.
La soluzione di un problema va cercata nelle ragioni della sua esistenza.
Giurò a sé stessa che un giorno sarebbe tornata e che Carlotta avrebbe saputo ogni cosa. Dell’arancio amaro, dell’innesto che sempre comporta tagli profondi, del tarocco dolcissimo che ne era cresciuto. Una sola meritava un silenzio più profondo del mare: il ramo spinoso per il quale si era resa necessaria la potatura.
Carlotta mia, figlia mia, non c’è amore di uomo che possa essere più importante di te stessa. Tùppati le orecchie se le campane ti suonano dentro al cuore ma il naso sente puzza di carne bruciata. Quella carne è la tua. Solo questo ti dico e ti lascio che te lo devi ricordare per sempre: non c’è sentimento senza rispetto e se tu per paura ti fai pecora si scancella pure la tua dignità. Abbi coraggio tutta la vita.


Le nostre riflessioni
Dalla narrazione storica compare un popolo di siciliani che si sottomettono al nuovo potere fascista per sopravvivere alla miseria, per tranquillità sociale, e in questo si comprende anche l’appoggio e il continuo ricorso alla mafia per chiedere aiuti concreti di vita reale.
Le figure femminili sono le vere protagoniste di questo libro, ben tratteggiate nei minimi dettagli, ognuna con le sue specifiche caratteristiche. Risalta la gna Bastiana come figura femminile moderna, una donna dedita all’intrallazzo, che perdendo il marito in giovane età, si dedica al proprio arricchimento lavorando costantemente per raggiungere una posizione economica di rilievo con le sue sole forze. Il suo imporsi sulla figlia Nardina, docile con la madre e paziente con il mondo esterno, segna uno stacco netto tra due tipi diversi di femminilità. Pertanto, Nardina risulta la figlia debole di una madre risoluta e determinata a fare della vita della figlia quello che forse interiormente avrebbe voluto per sé stessa, senza la fatica del continuo farsi valere in una società di uomini, anche con i suoi mezzi e sistemi, non sempre nobili.
L’avvocato Calascibetta, lo zù Pippino, sarà per Carlotta, il centro del suo affetto, sostegno nei suoi anni di crescita. Una figura calma, gioviale e paziente, sempre al servizio della famiglia Cangialosi, in ricordo di Caterina il suo eterno amore, nonché vera nonna di Carlotta. L’avvocato si dedica così tanto a Carlotta e alla sua crescita e istruzione probabilmente perché risente della sconfitta di non essere stato in grado di aiutare Stefano a intraprendere la giusta strada, per non essere riuscito a portarlo lontano dai vertici del fascismo che lui, lo zù Pippino, disprezzava. Altra figura maschile di rilievo è il mafioso Don Calogero, un personaggio ben delineato e armonioso nel suo essere pienamente umano; in lui la vita dell’uomo di mafia incontra anche una forma di onore, come il rispetto per le donne, per la famiglia; Calogero non è solo una figura negativa, è un uomo che mostra una sua moralità, con delle regole canoniche, dei valori arcaici da rispettare e con un’etica precisa.
Dal testo si evince il rapporto tra Carlotta e il mancato amore materno da parte di Nardina, la dedizione e sottomissione a Carlotta della madre naturale Sabedda, costretta a non dichiararsi, ma a starle accanto come bambinaia. Carlotta percepisce in Sabedda un affetto che la madre Nardina non riesce a darle. Nardina risulta quasi incattivita da questa situazione in cui la madre Bastiana, e la società, l’hanno costretta, e sembra risentita verso la piccola Carlotta che le ha portato via l’amore del marito Carlo. Nardina è una madre rancorosa per una maternità che le è stata imposta, vorrebbe essere una donna libera di studiare e andare all’università. Per lei Carlotta era il segno di un allontanamento tra lei e Carlo, che fin da subito dimostra la sua gioia nel diventare padre; Nardina percepisce subito che per Carlo la paternità è un desiderio difficile da nascondere, e pur con rancore decide lo stesso di accettare i sotterfugi della madre, pur di essere lei a dargli un figlio. Carlo sarebbe stato un padre affettuoso se avesse avuto tempo. Il primo pensiero di Nardina appena diventata madre è quello di aver assolto al suo compito di donna dando una figlia al marito, ora lei può esigere da lui e dalla sua famiglia la libertà di andare all’università, libertà che le era stata negata per sposarsi. Anche Nardina prova a essere una donna moderna, e il non riuscirci la rende rancorosa. In ultimo dalle parole dell’autrice si comprende il messaggio che vuole inviare alle lettrici e ai lettori: sovente alcune scelte della vita sono dolorose, ma indispensabili per far sì che nasca qualcosa di nuovo e migliore, un riscatto, un arricchimento.
Una riflessione conclusiva dal sentire comune e condivisibile, il richiamo alla circolarità della vita: ogni situazione o scelta non è solo male, anzi quest’ultimo può condurre al bene, un chiaro messaggio di speranza. In questa idea si inserisce il riscatto finale di Carlotta che ha la forza di riprendere in mano la sua vita, di esaudire i suoi desideri, e in qualche modo ristabilire un ordine, un lieto fine nelle vite di entrambe le sue madri attraverso le sue decisioni, la sua forza e le sue iniziative.
Sul piano stilistico attraverso l’uso sapiente della scrittura e del dialetto, l’autrice ci conduce a capire l’animo delle donne protagoniste della storia. Un dialetto che diventa forza espressiva della volontà umana. La scrittura è lineare e pulita. Fluido il passaggio tra il dialetto e l’italiano, utile la presenza in fondo al libro del Glossario. La trama è coinvolgente, ogni personaggio ha un chiaro ruolo in questa storia e ogni donna insegna qualcosa alle lettrici: a mettere in gioco le proprie passioni, capacità e competenze per sfidare la sorte e riprendere in mano il proprio destino.


Lo abbiamo scelto perchè
Il libro non ha deluso le aspettative. La narrazione è stata una piacevole sorpresa, l’intreccio della storia è curato nei minimi dettagli, descrivendo azioni e relazioni che fanno venir fuori il ruolo dei personaggi, ognuno di loro risulta sviluppato a livello psicologico. Il testo piace perché è coinvolgente, perché la storia familiare è percepita come vera, come se i personaggi fossero figure sempre esistite, reali e realistiche.


Lo consigliamo a...
A tutti, senza limite di età.


Le parole chiave del libro
Famiglia
storie di donne
amore
vendetta
mafia
compromesso
omertà
fascismo
intrigo
latifondismo
isolanità
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maschilismo
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destino
relazione
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