Le parole contano

Intervista a Cristina Manetti, autrice del libro "A Penelope che prende la valigia", e capo di Gabinetto della Regione Toscana e promotrice del progetto “La Toscana delle donne”

Le parole contano nel libro di Cristina Manetti, A Penelope che prende la valigia (Giunti editore). Sì contano, perché i 21 sostantivi che ne scandiscono i capitoli – da gentilezza a futuro, da cambiamento a memoria – sono il filo rosso di un viaggio nei diritti al femminile.

«Penelope è un’adolescente a cui dedico il libro, ma è anche il nome di mia figlia, e ho pensato a lei, come a tutte le sue compagne della stessa età che si affacciano a intraprendere il viaggio della crescita, per ripercorrere insieme il viaggio dei diritti delle donne» spiega Manetti che, oltre a essere giornalista e scrittrice, è anche capo di Gabinetto della Regione Toscana e inventrice del progetto “La Toscana delle donne”.

Qualche consiglio per affrontare il viaggio della crescita?

Cosa può fare una madre, o comunque un genitore, per accompagnare la figlia in un viaggio tanto importante? Ho pensato di preparare per Penelope una valigia e metterci dentro delle parole, spiegandone il significato, cercando in qualche maniera di approfondire le emozioni che nascono in relazione a ogni parola, per fare una vera battaglia culturale e combattere tanti stereotipi che ancora condizionano la vita delle donne.

Quale parola vuole ricordare per prima?

Libertà, perché senza libertà le altre parole perderebbero di significato. La libertà è quella condizione senza la quale non si può neppure partire per un viaggio. Ed è il viaggio stesso della crescita a richiamare e ricomprendere tutte le parole.

Qual è la parola indispensabile per il viaggio della vita?

Coraggio perché dobbiamo combattere per i nostri ideali, coraggio perché quando ci capita di cadere dobbiamo rialzarci e imparare dalla caduta. Ci vuole tanto coraggio, non è mai troppo e spesso sembra di non averne, ma è quello che ci rende più tenaci – tenacia è un’altra parola che trova spazio nel libro – e ci aiuta a percorrere un viaggio di conquiste per i diritti e non solo.

Fra le tante c’è anche la parola compassione; perché?

Perché è una parola che mi piace molto per il suo significato. Forse non ce l’aspetteremmo fra le parole che caratterizzano il viaggio e, invece, è importante perché richiama l’empatia: nel viaggio della vita conosciamo tante persone con le quali possiamo entrare in un vero contatto. Da tutti cerchiamo di imparare qualcosa e lo si può fare solo mettendoci nei panni dell’altro, come ci permettono di fare la compassione e l’empatia, avvicinandoci.

Alle parole nella valigia di Penelope vengono associate storie di donne: quali?

Mi è piaciuto ricordare tante storie di donne che possono essere un esempio per le più giovani. Non solo i classici nomi per le battaglie dei diritti, ma anche donne più contemporanee che difficilmente ci si aspetterebbe di trovare in un libro di questo genere. Fra queste ci sono anche Audrey Hepburn e Coco Chanel, icone di un mondo che per raggiungerlo hanno fatto un lungo viaggio di crescita e di conquiste. Ma nel libro sono ricordate anche donne come Alda Merini che con i suoi versi ha saputo cantare tantissime emozioni che dovremmo riscoprire. E poi scrittrici, scienziate, filosofe.

Il viaggio di Penelope prevede anche un ritorno?

Quasi sempre si parte per tornare, ma mi piace pensare che questo non sia definitivo e che ogni viaggio non si concluda mai, come accade per il viaggio dei diritti delle donne che è una sorta di staffetta dove il testimone passa di donna in donna, di madre in figlia. Così il ritorno mi fa sperare che ci sia un’altra partenza. I viaggi non terminano con l’adolescenza, ma cominciano a tutte le età e in ogni momento si può decidere di ripensare la nostra vita.

L’8 marzo, Giornata internazionale della donna, che significato ha nel 2025?

Ci ricorda che il percorso per l’affermazione dei diritti delle donne è ancora lungo. Se ci voltiamo indietro vediamo che in Italia siamo andate a votare per la prima volta 80 anni fa. Vediamo anche che solo negli anni ’70 ci sono state conquiste come il divorzio e l’aborto e che fino all’81 nel Codice penale erano comprese norme che favorivano il delitto d’onore e il matrimonio riparatore. Anche l’accesso ad alcune professioni del pubblico impiego è stato possibile non tantissimo tempo fa. L’8 marzo serve a stimolarci su questa strada e a rammentare che, solo unite, potremo raggiungere gli obiettivi che abbiamo ancora davanti.

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