Una storia fatta di passione, di abili maestranze, di antiche tecniche di lavorazione ancora oggi praticate dai maestri e dagli artigiani fiorentini. Fino al 24 febbraio, il Museo Stefano Bardini di Firenze ospita la mostra “Officina Bardini: l’arte del legno”, un viaggio affascinante nella tradizione artigianale del legno, cuore pulsante dei laboratori di Stefano Bardini, celebre “principe degli antiquari”, e di suo figlio Ugo. Attivi tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, questi laboratori furono centri d’eccellenza per la lavorazione e il restauro di arredi e manufatti in stile, che affascinarono una committenza internazionale attratta dal sogno del Rinascimento italiano.
Gli attrezzi del mestiere
Un’edizione, questa di “Officina Bardini”, che rappresenta il secondo appuntamento del progetto espositivo avviato nel 2022 per il centenario della morte di Stefano Bardini, e che costituisce un nuovo tassello per «la “ricostruzione” di quel “Sistema Bardini”, che collega idealmente il Museo Stefano Bardini, la Galleria Mozzi Bardini, il giardino e la Villa Bardini», spiega Carlo Francini, che insieme a Valentina Zucchi coordina la mostra, in un progetto che vede la curatela di Giulia Coco e Marco Mozzo, la consulenza scientifica di Simone Chiarugi, e la promozione del Comune di Firenze insieme a Mus.e, alla Direzione regionale Musei nazionali Toscana del Ministero del la CulturaTurismo, al Museo e Galleria Mozzi Bardini con la collaborazione dell’Università di Firenze.
In mostra una selezione di strumenti, disegni e manufatti originali, provenienti dalle collezioni di Palazzo Mozzi Bardini, che entrano in dialogo con le collezioni civiche del Museo Stefano Bardini. Ci sono raffinate tarsie lignee, fronti di cassoni databili fra il XVI e il XVII secolo, cartamodelli, arredi ed elementi singoli destinati a dare forma allo stile rinascimentale, e il banco da lavoro originale dei laboratori, restaurato per l’occasione, insieme a una ricostruzione evocativa della falegnameria Bardini, che permette di immergersi nell’atmosfera degli storici laboratori, dove è esposto anche il corredo di strumenti appartenuti all’ebanista fiorentino Orlando Chiarugi, capostipite di una bottega ancora attiva nel restauro del legno.
Uno strano focolare
La falegnameria Bardini, che originariamente si trovava all’ultimo piano dell’attuale Museo Stefano Bardini, è stata fondamentale per il lavoro dell’antiquario: gli operai che vi lavoravano non si occupavano esclusivamente di recupero dei mobili, ma erano un supporto indispensabile a tutte le altre attività dell’antiquario. Gli ambienti, restaurati intorno al 1975, hanno mantenuto la stessa struttura e sono facilmente riconoscibili in foto d’epoca esposte in mostra risalenti al periodo 1910-1914. È in questi ambienti che si trovava anche il focolare a carbone, dove era preparato e tenuto in caldo il collante: ricavato da ossa e cartilagini animali, e noto anche con il nome di “colla forte”, ha rappresentato, prima dell’avvento delle colle sintetiche, la base della costruzione del mobile; oggi si utilizza solo nel restauro e nell’ebanisteria tradizionale.
La mostra è dunque «una nuova occasione per vivere le atmosfere che hanno caratterizzato i decenni d’oro della cittadella Bardini – dice Valentina Zucchi -, una straordinaria bottega di antiquariato, restauro e artigianato artistico che dal passato traeva la sua ragione e ispirazione acquisendo, preservando, integrando e rinnovando opere e manufatti di ogni genere».
Per i soci Unicoop Firenze ingresso 2×1.
Per informazioni: musefirenze.it